Capitolo 3°

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view post Posted on 13/2/2009, 17:32
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*Gryffindor* nel cuore, ma il mio sguardo è di ghiaccio, nel mio sangue il veleno scorre irriverente

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Alla Devils & Desmond Hayes Association quel sabato tre giugno era stata recapitata nelle mani della socia onoraria del Signor Hayes una bella grana, formato bimbo di otto anni con due occhi gialli da far paura e due canini degni di un piranha. Semplice caso di Diurno abbandonato.
- L'abbiamo trovato in periferia, mia cara.- disse la Judy Foster, una volontaria dell'Associazione che lavorava lì da oltre cinque anni. Sfogliava un blocco di pergamena con la bacchetta e con una penna PrendiAppunti ciondolante a pochi centimetri dal delicato naso di Degona Lumia Mckay.
Chi conosceva Lucilla dei Lancaster, da lontano avrebbe potuto scambiare sua figlia per lei, ma a ben guardare Degona non aveva nulla del demone.
La pelle colorita e abbronzata faceva risaltare gli splendidi occhi verdi dei Mckay e i capelli, leggermente meno bruni di quelli di Lucilla, le arrivano poco sotto le spalle a differenza di quelli della Lancaster che le arrivavano in vita.
Degona ascoltava le parole della Foster senza però mai staccare lo sguardo caloroso dal bambino che invece sembrava voler incenerire l'intero edificio.
Costruito grazie all'immenso patrimonio di Hayes e all'aiuto politico del preside Silente, la Devils & Desmond Hayes Association era una palazzina bianca piuttosto imponente, però più simile a una grossa casa coloniale che a un istituto.
Alle finestre di tutti e quattro i piani erano appesi disegni che ai babbani sembravano comuni, ma appena calava la notte i disegni si animavano, facendo schizzare farfalle e uccelli colorati ovunque.
Ma non erano i piani alti ad essere le vere radici dell'associazione.
Bensì i sotterranei. Ampie stanze e corridoi separati da vetrate infrangibili, dove ogni insegnante, Auror o Medimago poteva occuparsi dei suoi piccoli Protetti.
Degona era stata uno dei migliori investimenti negli ultimi anni, questo avrebbero potuto dirlo tutti.
Sia i bambini che i colleghi.
Essendo un'empatica era adorata da tutti i Protetti dell'associazione che avevano imparato a non temerla più e ad affidarsi a lei per ogni minima evenienza. E anche quel giorno l'aspettava la sua battaglia personale.
S'inginocchiò in un paio di jeans strappati, ormai conscia che la buona educazione era del tutto inutile in un luogo come quello, anche quando si trattava di abiti, e sorridendo al bimbo gli porse la mano.
- Ciao. Io mi chiamo Degona.-
Il piccolo la guardò truce, facendosi indietro.
- Tesoro non te lo consiglio. Non gli abbiamo ancora portato il pranzo.- le disse Judy - Ho qua alcuni suoi dati. Otto anni a luglio, ha vissuto in strada fino ad oggi, rifiutato da ben tre orfanotrofi. Genitori spariti.-
- E il tuo nome?- chiese la ragazza, senza smettere di sorridere.
Il bimbo continuò a guardarla male.
E il sorriso di quella bellissima strega diciannovenne si triplicò.
- Alex. È un nome magnifico. Anche mio cugino si chiama così, sai?-
Per tutta risposta il Diurno allargò la bocca.
- Ma...ehi!- sbottò - Come cavolo hai fatto?-
- Giovanotto.- lo redaguardì la Foster, sistemandosi gli occhialetti sul naso - Educazione, mi raccomando.-
Degona scoppiò a ridere, rimettendosi in piedi - Tutto a posto Judy. Potresti andare a prendergli il pranzo per favore? Ora io e Alex ci facciamo una chiacchierata.-
- Va bene, tesoro.- le disse riprendendosi la penna svolazzante - Ti mando il plasma in un lampo.-
- Oh, Judy...hai visto Harry?-
- Il signor Potter?- la volontaria s'illuminò come una lampadina e divenne più rossa di un pomodoro - Certo, era nella sala dei murales con i Protetti della settima classe. Stanno disegnando dei draghi sul muro e non credo tornerà a casa pulito.-
- Quando mai.- rise la strega, sedendosi allegramente su un puf mentre il Diurno si lasciò andare solo quando la porta fu chiusa. Lungi dall'essere tranquillo, guardò Degona con un'occhiata storta.
- Senti...- l'apostrofò, incrociando le braccia - Non so che razza di svitata tu sia e neanche cosa abbiate idea di farmi qua dentro...ma se mi date il pranzo me ne vado senza fare storie.-
- Hn, idea interessante.- annuì Degona - Certo, potresti berti il pranzo e andartene di nuovo in periferia. Oppure...puoi affidarti a me, che ti accompagnerei a fare un giro per la scuola...-
- Che razza di scuola è questa, scusa?- replicò saccente.
- Noi ci prendiamo cura di chi non ha una casa.- gli spiegò semplicemente - Ma non è un orfanotrofio. Ci prendiamo cura dei bambini senza genitori finché non sono maggiorenni.-
- Io non sono un bambino normale.-
- Lo so.- sorrise Degona, senza staccargli gli occhi di dosso - Neanche gli altri.-
- Certo, come no.-
- E neanche io.-
Il Diurno si fece automaticamente indietro.
Leggendogli dentro, la strega capì che era abituato ad incontrare pazzi che cercano di uccidere i vampiri per farsi un nome. Per fama. Dio. Ne aveva passate così tante.
- Non sono un'ammazza vampiri.- gli disse e prima che allargasse di nuovo la bocca a palla, lei continuò - Io insegno qui. In un posto per persone speciali.-
- Diverse.-
- No.- il sorriso di Degona divenne più profondo, quasi misterioso - Speciali. Ho due amici come te, sai?-
- Frequenti gente strana.-
- Sono strana anche io.-
- Non vedo la coda...o corna...- il bimbo la scrutò ai lati - Niente ali. Niente squame.-
Degona scoppiò a ridere, alzandosi a raggiungendo la sua borsa. Frugò un po' ed estrasse il portafoglio firmato, sempre compratole da Liz che da Cedar House proprio non si scollava e mostrò una foto al Diurno.
- Ecco, guarda Alex.-
Il piccolo prese la fotografia fra le dita, sempre diffidente.
Ritraeva Degona con Tristan e Lucilla, appena qualche mese prima.
- Sono i miei genitori.-
- Giovani i ragazzi.- sentenziò il Diurno, facendola ridere di nuovo -...ehi ma che...- poi strabuzzò le palpebre - Ma che colore strano gli occhi di tua madre.-
- Ci credo. E' un demone.-
Mancò poco che gli si slogasse la mascella, quando Degona gli arrivò di nuovo a un passo, inginocchiata di fronte al suo delicato nasino di Diurno.
- Senti. Facciamo così...tu oggi stai qui al centro. Ti faccio vedere cosa facciamo e se non ti piace, domani ti riportiamo dove vuoi. Ti ci porto io personalmente. Te lo giuro.-
- Davvero?- sibilò cupo - Non cerchi di fregarmi?-
- Perché dovrei? Comunque sappi che vorrai restare a tutti i costi.-
- Ah si? Il motivo?-
- Harry Potter insegna qui, sai?-
Ok, ora la mascella se l'era slogata davvero. Ma fare il nome del bambino sopravvissuto era una tecnica collaudata che Degona aveva imparato ad usare molto presto. Non c'era nanerottolo che non scalpitasse per conoscerlo e...quando portò Alex nei sotterranei, il Diurno rimase praticamente incantato di fronte alla vetrata della sala murales.
Era una stanza tutta Trasfigurata di mattoni, con una trentina di ragazzini dai sette ai dieci anni che scorrazzano con pennelli e barattoli di vernice, per non parlare delle bombolette spray.
Il fatto era che i piccoli avevano alcune doti particolari...alcuni avevano delle squame sul viso. Altri pennellavano i loro disegni con una telecinesi già molto avanzata. Altri invece aveva la pelle di colori molto intensi, dal verde petrolio fino al nero inchiostro. Bambini che non potevano permettersi di vivere fuori dall'associazione.
Ma fra di loro, un bambino più grande di tutti.
Harry Potter teneva una piccola di sette anni sulle spalle, che disegnava con le mani un grosso girasole, senza bisogno dei pennelli visto che le linee prendevano forma sotto i suoi polpastrelli, senza bisogno di niente altro.
- Cavolo...ha davvero la cicatrice!- disse il Diurno estasiato.
- Visto?- fece orgogliosamente Degona - Dicevo bugie?- e gli strizzò l'occhio - Se resti, potrai vederlo quasi sempre.-
- Ma...e tu? Stai qua perché non hai una casa?-
- No, io ce l'ho.-
- Tua madre è un demone cattivo?-
- No, ma...- la Mckay fece una buffa espressione - Diciamo che mia madre ama la tranquillità. Cosa che con me in giro per casa e la mia governante...lei non riesce ad ottenere. Roba da grandi, te lo spiegherò lunedì.-
Quando finì il loro turno di sabato, Degona poteva dire di aver convinto l'ennesimo Protetto ad unirsi a loro.
Sorrideva radiosa, contenta di aver tolto quel piccolo Diurno dalla strada e dalle mani di chissà che folli, quando Harry Potter la raggiunse all'uscita dell'associazione, con uno sbuffo di vernice rossa in faccia.
- Le pesti ti hanno fatto sudare eh?- gli chiese, pulendogli la guancia.
- Ah, lascia perdere.-
Harry James Potter si passò la manica della camicia per finire il lavoro della strega, carezzandole la testa riccia in ringraziamento. Sollevò il viso al cielo terso ed inspirò forte, sentendo un piacevole tepore.
Era una buona giornata.
Ringraziava per questo.
Il senso di colpa quel giorno non era ancora arrivato.
Neanche la rabbia si era fatta viva. Neanche l'abbandono.
- Abbiamo poco tempo per arrivare a Kensington Gardens.- mugugnò, guardando l'orologio e contemporaneamente infilandosi un capellino con la visiera sulla testa, per nascondere tutto ciò che poteva essere visto e riconosciuto - Se ci sbrighiamo non dovrò sentire Lucas lamentarsi per tutto il week end.-
- Io te l'ho detto qual è il problema.- ridacchiò Degona, tirandolo dietro un angolo dell'associazione - E' curioso.- e gli diede la mano, che lui strinse forte - Vuole sapere tutto del suo famosissimo e onoratissimo paparino.-
La famigliare sensazione di nausea e risucchio della Smaterializzazione furono veloce a venire e andarsene perché il profumo di Kensington Gardens era intenso e appena palpabile al tempo stesso.
Per Harry, quello era profumo di casa.
I giardini immensi di Kensington ogni giorno accoglievano centinaia e centinaia di persone, babbani e maghi.
Ma forse i maghi sapevano bene dove appostarsi perché quando Degona e Harry arrivarono verso il Serpentine Bridge, tutte le teste presenti automaticamente si voltarono verso di loro.
- Su la maschera.- sussurrò Potter paziente, vedendo Ron alzare il braccio da una panchina lontana. Bagnato fradicio.
Harry e Degona stavano già asciugandosi le lacrime agli occhi ancora prima di averlo raggiunto.
- Non fa ridere, bastardi!- abbaiò Weasley - Steve e Step mi hanno fatto finire in acqua!-
Peccato che i due non fossero gli unici a sbellicarsi dalle risate.
In piedi, accanto a Ron, c'era J.J. Baley che faceva di tutto pur di non farsi vedere.
E a metri di distanza, intento a controllare Lucas, Jeremy, i gemelli e Marcus giocare, Sirius Black non si sprecava neanche a far finta di essere dispiaciuto. Rideva sguaiatamente, come un perfetto sadico della serie di Stephen King.
- Oh, è arrivato, Jemy.- Lucas Potter si fermò sui rollerblade, la mazza in mano e la palla stregata nelle mani protette dai guanti di sicurezza di Jeremy - Nevicherà viola.-
Jeremy Weasley, undici anni e una saggezza presa forse da Charlie Weasley, sorrise vagamente, dondolandosi la palla di gomma stregata fra le dita. Più la stringeva più quella si dimenava, emettendo strani ed equivoci rumori.
A differenza dei fratelli minori però, Jemy aveva gli occhi scuri della madre che contrastavano con un bell'effetto sui capelli rossi della famiglia paterna.
- Sei fissato.- considerò, rimettendo la palla a terra e ponendovi accanto la mazza da gioco.
- Già che c'è può mettersi anche un passamontagna.- continuò Lucas, ignorando l'amico e schioccando la gomma da masticare che aveva in bocca.
- Sono lontano, ma ti leggo le labbra!- urlò Harry di colpo, guardandolo storto - Hai finito di tagliarmi il mantello?-
- E tu hai finito di fare il recluso...- iniziò suo figlio, per poi alzare ulteriormente la voce - HARRY POTTER???-
Tempo un nano secondo e si era di nuovo girato verso di loro tutto Kensington Gardens. E Sirius Black rideva ancora di più, letteralmente piegato in due a terra tanto da farsi cadere i molari.
- Si bruciasse quella lingua da serpente.- masticò Harry fra i denti, sedendosi sulla panchina - Ciao J.J.-
- Ciao Harry.- replicò Baley, abbracciando intanto Degona con affetto, visto che uscivano spesso in compagnia degli amici del ragazzo - Tutto bene a lavoro?-
- Si, benissimo. E qua come va?-
- Una favola.- disse, trattenendo a fatica l'ennesimo gemito piega stomaco, facendosi fulminare da Ron.
- Faith e Glory dove sono?-
- E' arrivata quella cretina di Gwen Pickens.- J.J. con la sua erre moscia appena accennata fece capire esattamente quanto fosse schifato - C'era anche sua figlia Tiffany e una decina di mocciosette. Sono andate a giocare insieme, la Pickens invece quando ha capito che Draco non c'era ancora se n'è andata.-
- Mi sa che non ha capito che è sposato.- sospirò Degona.
Prima che i tre uomini, quattro con Sirius che era tornato con Marcus in braccio perché era finito per terra spaccandosi il faccino, chiarissero cosa capiva quella donna a chiare lettere, arrivò Glory da dietro un cespuglio con la stessa espressione che aveva assunto Narcissa Black Malfoy quando le avevano detto che Bellatrix Lestrange era uscita di prigione - Ciao a tutti.- salutò funerea.
- Ciao principessa.- Harry la prese in braccio, baciandole la guancia - Noia?-
- Tiffany Pickens e le sue amiche sono solo delle...- il contegno della bimba le impose di alzare le spalle - Ho il mio libro, finisco di leggerlo. Faith arriva subito, è andata a vedere i cigni.-
- Ma si può sapere tuo padre dov'è?- replicò Potter - Dio, abitiamo dall'altra parte della strada.-
- Magari sa che la Pickens è in giro.- abbozzò Ron.
- E come fa, ha il radar?- brontolò il bambino sopravvissuto. Si chinò quando la palla stregata dei ragazzi gli arrivò ai piedi. Lucas pattinò veloce fin sotto il suo naso, per riprendersela.
- Ciao pa'.- sibilò sarcastico - I desperados come stanno?-
- Meglio di te se non chiudi quella bocca.- rispose Harry con vocetta stucchevole, alzando il braccio affinché il suo primogenito dovesse arrampicarsi su di lui per cercare di prendergliela - Dato fuoco a niente oggi?-
- Draco non era disponibile.- mugugnò Lucas, mancando la mano del padre per un soffio - E poi bruciare i capelli di quella stupida di Tiffany Pickens non è più divertente come una volta! ...Dai papà, dammi la palla!-
- Guarda che finisci al San Mungo per ustioni di terzo grado se continui, Harry.- ghignò Sirius, carezzando la testolina nera di Lucas - E' da un po' comunque che non arrivano lettere dall'Ufficio di Controllo Magie Accidentali, no?-
- Per quello che serve.- disse Degona spazientita - E' come mandare lettere a Glory ogni volta che ha visioni. Certo, il potere del fuoco può essere controllato ma se non gli lasciano fare pratica non imparerà mai.-
- In quella scuola di matti io non ci vengo.- mise subito in chiaro Lucas.
- Ma dai!- ghignò Harry, facendogli rimbalzare la pallina sul naso - Saresti il migliore di tutti.-
- Vanne fiero. Mi hai fatto tu così.-
Ridendo e scherzando, andarono avanti a prendersi in giro fino a tardi, tanto Malfoy aveva deciso di non farsi vedere, troppo impegnato nel suo studio degli orrori off limits per bambini, maghi, gagia, Phyro, Veggenti, babbani e pure draghi che altro non era che il suo laboratorio d'alchimista.
I bambini giocarono tutto il pomeriggio sui pattini e rischiando di gambizzare i passanti con le mazze, arrivò anche Edward con Chris e Linnie che si unì al festino dei minorenni aiutando Steve e Step ad accoppare un'anatra del laghetto con un sasso (volevano solo attirare l'attenzione del pennuto, ma Glory fu l'unica a starsene buona, come sempre del resto. Non si mosse dalla sua panchina, da cui godeva una visuale perfetta. Tiffany Pickens e le sue amiche avevano di nuovo ridacchiato tutto il giorno. Faith invece era stata sull'altalena, da sola, fino a quando Harry non era andato a prenderla.
Solo allora il sorriso più sincero mai visto aveva fatto capolino sul volto della piccola.
Ma per tutto il tempo Faith non aveva fatto che toccarsi la schiena. E Glory sapeva bene cos'aveva tatuato sulla pelle.
E quel qualcosa, oltre al sangue di Faith, era il vero e reale problema.
Il potere di Lucas, il potere di Lucas.
Cos'avrebbe dato per averne anche solo un pochino.
Cos'avrebbe dato per poter agire, senza essere costretta solo a vedere passivamente gli eventi.


Quello stesso sabato sera, in un locale di Notting Hill che di magico aveva solo l'atmosfera tranquilla e rilassante, Damon Howthorne si godeva la cena senza cadaveri o fratellini attorno ed era veramente consolante perché da una settimana si ritrovava sempre la stessa coppia di vecchietti cadaveri fermi oltre il bordo del letto, al suo risveglio, a fissarlo come se lui potesse fare miracoli e avvertire la loro figlia che l'uomo che stava per sposare gli aveva avvelenato i genitori.
Beatrix stava seduta di fronte a lui e naturalmente non aveva toccato cibo, ma la sua sola presenza rendeva tutti gli uomini più affamati.
- State per diventare un duo di sfascia famiglie.- sentenziò un giovane di ventun'anni, che sorseggiava del dolcetto a fine dessert seduto a fianco della Diurna - Trix, la moglie dell'uomo alla tua sinistra sta per strappargli i pochi capelli rimasti se non la pianta di guardarti le gambe.-
- Il vostro problema è che avete il sangue caldo.- replicò lei, girando la tazzina del caffè sul piatto di porcellana.
- Il tuo sono i canini.- sibilò la voce roca e quasi selvaggia dell'ultima parte del quartetto. Un giovane di ventotto anni, aspetto duro e mascolino, occhi di brace, tre cicatrici simili a graffi su uno zigomo.
- Vogliamo parlare della tua dentatura Greyback?-
- Vogliamo parlare di qualcosa che non centra con denti e sangue?- replicò Damon, che si fece portare il conto - Datemi tregua, non vedo morti da quando siamo arrivati qui. E' un record.-
Asher Greyback scosse il capo, guardandolo di traverso.
- Chi te l'ho fa fare?-
- L'emicrania che mi viene se non li ascolto.- spiegò il Legimors - Sanno essere dannatamente insistenti, te l'assicuro.-
- Come mio padre.- sospirò con fare melodrammatico il più giovane di loro, che posava gli occhi verdeacqua qua e là, con aria irrequieta di chi pensa ad altro - C'è poca gente in giro. È insolito con questo caldo.-
- Già, le ultime parole famoso. Scoppierà un casino quando meno te lo aspetti e dovremo fare l'ennesimo favore agli Auror, William.- sibilò Asher - Vero Beatrix, tesoro?-
- Che altro avevi da fare a casa?-
- Caccia grossa con Jeager.-
- E la volpe?- ironizzò lei perfida - Tu?-
- No, William.- ghignò il mannaro.
Il giovane William Crenshaw non lo stette neanche a sentire. Ormai erano anni che si trovava in minoranza a Crenshaw Hill e la cosa non gli dava più neanche così sui nervi come si poteva immaginare. Erano stati otto anni fantastici a dire il vero, anche se la consapevolezza era giunta da poco. Appena raggiunta la maggiore età la prima cosa che lui e suo padre avevano fatto era stata venire allo scoperto così in un colpo si erano sbarazzati di Henry Mitchell, dei suoi bavosi avvocati e non solo...aveva anche avuto l'eredità di Lara, sua madre, che Henry gli aveva negato fino a quel momento con cavilli legali riguardo alla sua minore età. Ora invece, a ventun'anni compiuti, si ritrovava con un M.A.G.O. più che eccellente, una specie di fratello maggiore principe e signore non ancora riconosciuto dei mannari del nord, una casa di famiglia piena di parenti morti e non, un bisnonno paterno che aveva conosciuto da poco che se ne andava in giro per casa con le sembianze vicine a quelle di un neonato, Jeager sempre più fuori di testa di recente visto che sembrava nascondergli qualcosa, un bel po' di amici di Serpeverde dei tempi di Hogwarts e...un sacco di grane di natura amorosa. La peggiore di tutte.
- Hai deciso cosa fare o no William?- lo incalzò Trix, riportandolo alla realtà.
- Eh? Con cosa? Chi?-
- Si, buona notte.- sbuffò la ragazza - Sei più riuscito a parlare con Ginger?-
- No, non ancora.-
- Fesso.- disse Asher a bassa voce, prima di attaccarsi al vino dolce e leggero.
- Ma tu che vuoi, te ne ripassi tre per volta!- lo rintuzzò William.
- Io ero fermo a due.- celiò Damon - Licantrope?-
Greyback si limitò ad emettere un grugnito, continuando a bere fino a finire il calice.
Rimesso sul tavolo, incrociò le dita con aria saccente.
- Resta il fatto, cocco, che la tua amica coi capelli rossi è buona per fare il ghiaccio.-
- Perché hai guardato me scusa?- sibilò Trix inferocita.
- Codina di paglia.- frecciò William.
- Zitto tu. Greyback vuoi finire salassato?- minacciò la Diurna - Ghiaccio un corno, dovresti saperlo.-
- Già, però me ne ricordo solo in presenza del Leoninus, sai com'è.- l'espressione diabolica di Asher dava bene a intendere che stuzzicare Milos Morrigan era quanto di più divertente mai provato.
- Dio.- soffiò il Legimors, guardando la gente alla sua tavola.
Un mannaro, una Diurna e un mezzo demone.
C'era da uscirci pazzi completamente.
- Così adesso esci con la figlia di Winsort.- continuò, osservando l'espressione eterea di William, che oltre alla regalità dei Crenshaw aveva ereditato da Lara Crowford il sorriso e lo sguardo buono, molto diverso da quello di Jeager.
- Non esco con Ginger. Siamo rimasti amici.-
- Amici.- frecciò Asher, guardando altrove - Così si dice adesso.-
- Si siamo amici, essere dalla coda pelosa.-
- E l'altra notte che facevate eh?- continuò il lupo visto il suo udito finissimo.
William quasi si strozzò col vino - Giocavamo a carte.- masticò fra i denti.
- Si e hai anche fatto poker.-
Damon e Trix scoppiarono a ridere in maniera abbastanza contenuta, ma ci mancava poco che Crenshaw mettesse le mani al collo del mannaro, pronto a lasciare la sua dinastia senza principe. Eppure si bloccò in tempo, sbuffando di nuovo. Ginger Winsort era solo un'amica, una delle tante della scuola.
Il problema non erano loro. Le amiche.
Ma...lei.
L'unica lei. La maledetta lei.
L'onnisciente lei.
- La duchessa dov'è?- chiese intanto Asher - Trust ha intenzione di tenerla in campagna ancora per molto?-
- Oddio.- Damon alzò le mani, già stanco - Non mi ci voglio neanche infilare in questo discorso.-
- Che palla il Suffolk d'estate.- disse anche William, stiracchiandosi - Ma che fanno tutto il tempo?-
- Mah, secondo te?- ironizzò Beatrix - Comunque siamo quattro, contando Aidan, contro uno Damon. Tu, tesoro. Visto? Oliver non piace neanche a loro. Anzi, non piace neanche a Cloe.-
- Allora perché si sono fidanzati?- chiese retoricamente il Legimors.
- Quello mi sa di spostato.- commentò il mannaro - A te no?-
- Non so. Ha sempre qualche parolina di troppo con duplice significato in mezzo alle frasi.- ammise la Diurna - Ma è pieno di soldi, case ovunque e conoscenze. Inoltre è purosangue.-
- Come se a Cloe fosse mai interessato.- s'intromise William pacato.
- Con gli anni si cambia.- disse Damon a bassa voce, con tono incolore.
- L'ho sempre detto che è meglio il sesso.- bofonchiò Trix, capendo che il discorso aveva preso la piega più terribile di tutte. Così se ne uscì con quella sparata, facendosi guardare in maniera strana da tutti e tre - Bhè? Che avete? Non è vero? Quando si passa la soglia diventa tutto complicato ed evapora anche la voglia di divertirsi. Anzi no, a me non passa. A voi Sanguecaldo invece si.- celiò sadica - Alla vostra salute perdenti.-
- Ah, all'inferno.- ringhiò Asher, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia - Ne riparliamo quando il Leoninus torna a casa eh? Chissà che combina in quel cesso di Corte.-
- Le corna non me le può mettere.- Trix non perse assolutamente il ghigno - O sa cosa lo aspetta.-
- Tu si che li sai proteggere bene gl'investimenti.- sentenziò William - A differenza di altri a cui piace sfasciarli, vero Damon?- e il Legimors si passò una mano sugli occhi, mentre gli altri ridacchiavano - A proposito, il poveretto a cui hai distrutto la vita e il matrimonio come sta? È vivo o viene a trovarti per passare all'inferno che gli hai aperto?-
- Oh, andate a quel paese, mi sembra di sentire Dorothy.- si lamentò Howthorne.
- Anche se quella è proprio strana, ha sempre ragione.- esclamò la Vaughn, che parlava di Dorothy Turlow. Era una donnina che Damon aveva conosciuto più di sette anni prima, durante il periodo nero dopo la Sigillazione di Tom. Era una babbana, solo una babbana, ma di Legimors e Veggenti di Non-Vivi sapeva ogni cosa.
Era stata come un mentore per Damon e spesso si vedevano, quando lei gli procurava dei mandati, lavorando in un ospedale. Infatti era infermiera.
- Hai fatto delle ricerche su quella babbana?- gli chiese William per l'ennesima volta.
- Ve l'ho detto. Non ha poteri.-
- E allora come fa a sapere tutto di Legimors e cadaveri svalvolati pieni di problemi e turbe psichiche?-
- I suoi nonni erano maghi. E un loro antenato era Legimors.-
- Altri morti.- si schifò Asher, disgustato - Meglio che fai lo sfasciamatrimoni a vita Howthorne.-
- Poche palle, la colpa non è mia.-
- No?- la Diurna fece mente locale, coi canini che brillavano alla luce delle candele - Quei due stavano per sposarsi e tu, a una settimana dalle nozze, ti presenti da lei e le fai mandare tutto all'aria. Dopo quanto tempo che non vi vedevate? Due anni?-
- Tre anni, un mese e diciotto giorni.- la corresse il Legimors piccato.
- Magari quel poveraccio s'impiccherà.- tubò Asher maligno.
- Già, gli hai rubato la moglie e la vita.- rincarò William.
- Sono meglio i cadaveri.- disse allora Damon, versandosi un altro bicchiere - Non seccatemi. Mi sono solo ripreso quello che avevo perso e lasciato andare. Punto e basta.-
- Così te la sposi.- sorrise William di punto in bianco, dopo un istante solo di silenzio.
- Davvero? Gliel'hai chiesto?- sogghignò Greyback, levando le sopracciglia, stupito - Però. Non hai le mezze misure, devo ammetterlo.-
Già, proprio non le aveva, ma era più felice che mai.
Trix da sotto il tavolo gli strinse la mano e sorrisero entrambi, almeno fino a quando Asher non scattò impercettibilmente sulla sedia. Sembrava avesse sentito qualcosa.
Fece segno di tacere e fare finta di nulla, indicando oltre il tavolo vuoto dietro di loro.
Erano appena entrati due tizi che William riconobbe all'istante.
- Funzionari della Gringott.- mormorò a bassa voce - Cosa fanno qua?-
- Zitti.- ordinò Asher - Basto io.-
E come avevano immaginato tutti e quattro, vista la situazione totalmente assurda, ciò che il principe dei Greyback sentì non era niente di buono.
Perché mai due azionisti e funzionari d'alto grado della Banca dei Maghi si sarebbero dovuti trovare in un ristorante babbano a Notting Hill? Bastò un nome e Asher lo ricollegò subito a quello che aveva letto di recente.
Craig Badomen. Un assassino che sembrava comparso dal nulla e che nell'ultimo mese aveva massacrato due famiglie di babbani con la sua magia. Continuava a sfuggire agli Auror senza motivo, Trix lo sapeva bene. Una notte l'aveva intravisto, durante la ronda. E poi, dopo averlo rincorso in lungo e in largo...di lui era svanito anche l'odore.
Una cosa però era certa. Come aveva detto Edward al Quartier Generale degli Auror con la solita schiettezza, l'amico Badomen, cattivo presagio, aveva dei buoni agganci per essere perso anche da Sensimaghi e Veggenti.
Asher sentì altro. Era stato visto nel Surrey la settimana prima, dov'era fuggito dagli Auror della capitale, e lì per poco non aveva ucciso tre maghi in una taverna.
E ora stava tornando di nuovo a Londra, nella tana del leone.
O questo assassino era uno stupido...o incredibilmente sicuro di sé e dei suoi mezzi.
Per non parlare delle sue propensioni all'uccisione di babbani e mezzosangue.
Cose che, nel mondo magico, aveva cominciato a scatenare non poche paure. C'erano i primi sussurri nell'aria.
Sussurri che chi sapeva fiutare sotto vento, sentì più densi che mai.
Harry Potter per primo.


La domenica mattina era un giorno sacro per i cattolici come lo era per i proprietari della Lucky House.
Infatti, fino a mezzogiorno nessuno si azzardava mai neanche ad aprire un occhio, in nessun'ala della casa.
Gli elfi domestici entrati di straforo sapevano di rischiare la fucilazione se solo facevano scricchiolare il linoleum eppure Glorya Artemisia Malfoy dovette aprire delicatamente le palpebre, come non avesse neanche dormito, quando un tonfo strano dai piani bassi la destò dai suoi sogni vorticosi.
Si rigirò nel letto a baldacchino, immersa in una nuvola bianca di lenzuola pregiate e lisce come seta quando si ricordò all'improvviso del pericolo.
Balzò in piedi e in una camicia da notte che le arrivava sopra le ginocchia, di un rosa acceso, si precipitò giù dalle scale dell'ala ovest senza fare il minimo rumore. Ma era tardi.
Sospirò depressa sull'ultimo gradino di marmo alla vista di una scia di grosse uova dorate sparse per tutto il salone che collegava casa Malfoy a casa Potter.
Le uova erano state disseminate come briciole. E tutto per quelle due stupide oche dalle uova d'oro.
Regalo di Jocelyn Black, la sua bisnonna.
Quando le aveva mandate una settimana prima, come regalo alla bambina, Draco aveva subito proposto di tirare il collo alle oche e poi a sua nonna, senza tante cerimonie, ma Glory era riuscita a tenerle in vita a forza di prediche animaliste...ma ora, di fronte a quell'ultimo disastro, non era sicura di poterne garantire la sopravvivenza.
Contò otto uova d'oro e...poi inclinò il capo, sgomenta, quando una delle sue oche, quella col fiocco blu al collo, fece capolino con la coda spiumata da dietro un divano.
Un suono metallico misto a quello della pietra che si spacca fece tremare la piccola strega e gli elfi, che si rompevano la schiena per sollevare quattro chili di uovo d'oro a testa.
Già. L'ultimo uovo, il nono, era tanto pesante da rompere il pavimento di cotto del piano terra, mentre le altre l'avevano solo graffiato.
Con le mani in faccia Glory si sporse dal divano, ma ciò che trovò non fu un uovo d'oro.
Bensì un uovo tutto grigio, come piombo sporco.
- E questa roba cos'è?- borbottò, cercando di prenderlo fra le braccia.
Ce la fece a fatica e rigirandolo, sentì che era molto caldo. Le altre invece erano tutte fredde. Stranita, fece per metterla sul divano di fronte al camino, però il verso di un gufo riuscì a spaventarla. L'uovo le cadde di mano e le finì sul dorso del piedino sinistro.
Cacciò un gridolino abbastanza alto da svegliare subito Draco e Lucas, che aveva il sonno leggero come un marine in trincea. E così la domenica mattina andò a farsi benedire. Più tardi, nella cucina dell'ala Malfoy, Glory stava seduta sul bancone col ghiaccio sul piede gonfio.
Gli occhi ancora vitrei per il dolore, bevve a fatica la pozione che il padre le propinò, peccato che Draco Lucius Malfoy stesse trafiggendo letteralmente con gli occhi argentei i colpevoli dell'azzoppamento della sua adorata erede.
Le uova messe in un cestino per muffin.
E le oche che, diciamocelo pure, avevano i minuti contati.
- Come si possono cucinare?- chiese Lucas, seduto accanto a Glory e poggiato sui gomiti.
- Arrosto.- sibilò Draco - Te lo lascio fare con piacere.-
- Riempiremo la casa di piume.- replicò il piccolo Potter - E' poco igienico.-
- Pennuti.- continuò a borbottare Malfoy come una teiera - Come va principessa?-
Glory finì coraggiosamente tutta la disgustosa pozione, per annuire testarda.
- Bene, va meglio. C'era un gufo prima, papà.-
- Si, pazienza.- suo padre agitò la mano, incurante - E' molto gonfio.- disse, tastandole il dorso del piedino di fata veramente minuscolo - La pozione ci metterà poco ma dovrai tenere il ghiaccio. E stare a riposo oggi.-
- Ma io ho del lavoro da finire nella serra.-
- Non puoi innaffiare quei cosi da seduta?-
- Cosi.- bofonchiò Lucas - Sono fiori, mica coccodrilli.-
- Coccodrilli? Che coccodrilli?-
Harry apparve tutto scarmigliato sulla soglia, coi pantaloni del pigiama e una maglietta. In braccio Faith, più assonnata e scarmigliata di lui, in una maglietta di sua madre che le fungeva da camicia da notte.
- I coccodrilli che vengono fuori dalla doccia.- canticchiò Lucas sarcastico - Lascia perdere. Glory s'è fatta male. Le è finito un uovo d'oro sul piede.-
- Sai, le oche della bisnonna Harry.- spiegò la piccola Malfoy.
- Certi Black si ostinano a vivere per dispetto, ha ragione Sirius.- sindacò il bambino sopravvissuto, guardando apprensivo il piede della bambina, mentre Draco e Lucas in sottofondo disquisivano di oca arrosto annaffiata o affogata, dipendeva dalle preferenze, nel cognac.
Comunque l'incidente delle oche passò in secondo piano dopo il brunch, visto che era presto per pranzo e tardi per colazione. Le uova vennero messe in un cestino, le oche spedite con gli elfi domestici chissà dove e poi si dispersero.
Draco mollò Glory nella serra con mille prediche, poi si chiuse nel suo studio quando arrivò Caleb più assonnato di tutti loro messi insieme. Isabella e Joe erano andati a trovare i signori Maitland e Caleb aveva previsto restare con i cugini e lo zio Harry. Nessuno a Hogwarts credeva mai che Harry Potter fosse suo zio, ma ormai la storia aveva fatto il giro anche se Caleb ci godeva sempre molto a raccontare di quella sua parentela emozionante.
A sentire quelle storie, Lucas quasi non ci credeva.
Erano fuori in giardino, davanti alla fontana, quando non resse più.
Si avvicinò a Caleb, mentre Harry e Faith si tiravano dietro dell'acqua, visto il caldo, e studiò il cugino con aria critica.
- Mi stai davvero dicendo che Hogwarts è piena zeppa di stemmi col suo nome?-
- Anche della zia Elettra, per il quidditch.- rispose suo cugino, infilandosi i guanti di protezione per lo skate-board volante - Tutti lì sanno tutto di lui. I miei amici ci andavano pazzi, specialmente i primini. Pensa che quando i compagni di Jeremy hanno saputo che è il tuo migliore amico hanno dato i numeri.-
Lucas assunse la tipica espressione alla Sirius...mezza basita e mezza disgustata.
- Hai sentito altre storie su di lui?-
Caleb sogghignò - Oh si. Ha ucciso un gigantesco serpente al secondo anno, lui e Draco sono caduti dalla Torre di Astronomia senza farsi niente e pensa che ha persino ucciso Tu-Sai-Chi nella Camera dei Segreti, quando aveva sedici anni! Grande lo zio Harry!-
Grande lo zio Harry un fantastico par di balle.
Il nervoso stava cominciando a trasudare da lui simile al vapore, tanto che si ghermì la sua adorata mazza da hockey su rotelle. Imprecando, attese che cinque minuti più tardi gli arrivasse il gufo dall'Ufficio di Controllo Magie Accidentali.
- Ma che hai fatto?- gli chiese Faith stranita.
- Niente. Che ha fatto papà piuttosto.- sibilò Lucas, imbronciato.
La bimba alzò il sopracciglio proprio come lui.
- Pensi ancora a cercare di fargli usare la magia? Lucas, non può fare magie, lo capisci o sei sordo? L'ultima volta quasi l'hai fatto ammazzare per le scale.-
- Ce l'hai messo tu il grasso.-
- Ma tu mi avevi detto che era cera!- replicò Faith con gli occhioni azzurri che cominciavano a fiammeggiare.
Eh si, c'erano diversi tipi di teste calde alla Lucky House. I piromani...e le piccole gagia.
- Che succede?- bofonchiò Harry stanco, sedendosi sul bordo della fontana.
- Niente, dicevo a Lucas della Camera dei Segreti, zio.- celiò Caleb ma come sempre, Harry Potter fece finta di nulla.
- Hn. Oggi non dovete andare da nessuna parte?-
- Ci stai buttando fuori di casa?- riecheggiò Lucas.
- Oh, no. Ti sto chiedendo di prendere il volo tesoro.- rispose il bambino sopravvissuto con vocetta stucchevole e melensa - Non ti butterei mai fuori di casa dopo tutta la fatica che ho fatto per farti nascere e tenerti vivo.-
- Questa mi mancava.-
- E ti mancherà anche la spiegazione.-
- Oh dai pa'...perché non...- Lucas e Harry tacquero di botto.
Una leggera vibrazione delle vetrate est della Lucky House fece muovere l'ex Auror velocemente. Afferrò suo figlio e se lo strinse addosso, per poi girarsi col busto di scatto per evitare l'esplosione che infranse l'angolo del primo piano nella parte ovest di Draco.
Ovvero la parete del suo studio.
Faith e Caleb di fronte a quelle fiamme non sembrarono molto stupiti.
- Sarà morto?- tubò Lucas rialzando il viso verso il padre, luminoso come il sole.
- Non credo.- sospirò Harry tetramente - Non posso essere così fortunato.-
- Ma cosa succede?- chiese intanto Glory, che zoppicando sul piede sano aveva fatto il giro dal retro della serra.
- Lo zio Draco ha fatto scoppiare di nuovo la casa.- le spiegò Faith pacatamente.
Anche Glory, senza fare una piega, scosse la testina bionda.
- Forse dovremmo andare a vedere se ha bisogno di qualcosa.- propose Caleb - Cosa dici zio Harry?-
- Si, una vanga per sotterrarlo.- ghignò diabolicamente Lucas.
E invece quando iniziarono a sentire le prime imprecazioni Harry dette subito ordine ai piccoli di mettersi le mani sulle orecchie. Caleb ne ascoltò un paio, poi arrossendo infilò il cappuccio sulla testa, mentre la voce di Draco Malfoy, un vero gentiluomo, si allargava per strada con un repertorio da far sembrare gli scaricatori di porto delle educande.
All'ultima, anche Harry avrebbe preferito chiudersi le orecchie.
- Sei vivo?- lo chiamò.
Draco, tutto sporco di nero sulle braccia e uno sbuffo di cenere sul naso, saltò fuori dal buco nella parete.
- Porca di quella gran miseria!- abbaiò, raggiungendoli - Tutta colpa di quella maledetta radice di Hoya Carnosa!-
- L'albero di cera?- allibì Potter - Ma non è...-
- Illegale?- sibilò una voce burbera dietro di loro.
Una voce assolutamente inconfondibile. Che procurò a Harry un brivido fastidioso.
Duncan Gillespie, il Capo degli Auror della Gran Bretagna in stanza a Londra era di fronte a loro.
- Salve signori.- disse Gillespie, osservando i resti della parete - Vedo che come sempre vi divertite insieme.-
- Non si bussa più Duncan?- replicò Draco serafico - Ragazzi, il Capo degli Auror. Il signor Duncan.-
- Piacere.- dissero i quattro piccoli in coro.
- Vi ho mandato un gufo.- disse subito Gillespie, sorridendo ai mocciosetti - Vedo che sono cresciuti.-
- Già.- sibilò Harry di punto in bianco - L'aria aperta fa crescere tutti, signor Gillespie.-
- Risparmiami quel signore, bambino sopravvissuto.- replicò Duncan, sorridendo infastidito - Non mi hai mai chiamato così quando eri Auror, non prendere buone abitudini per nulla.-
- Cosa fai qui?- s'informò Draco - Devo venire a lavorare domani. Non potevi aspettare?-
- Al Ministero anche i muri hanno le orecchie.-
Addio domenica tranquilla, sibilò la voce in Serpentese di Harry nella testa di Malfoy.
E dal tono, non doveva essere per nulla contento di quella visita.
Mezz'ora più tardi, dopo che Malfoy si fu rimesso in sesto, raggiunse il salone centrale della Lucky House per trovare il suo capo che chiacchierava amabilmente coi bambini. E di una cosa che faceva drizzare a Potter senior tutti i capelli.
- ...dopo si è rialzato come nulla fosse.- terminò Duncan, alla faccia strabiliata di Lucas - Non te l'ha mai detto?-
Il ragazzino si volse inferocito verso il padre.
- Che non può morire? No.-
- Non è vero che non posso morire.- replicò Harry con tono secco - Duncan limita le favole all'ora notturna.-
- Non sono favole, però.- continuò Lucas - Altrimenti perché sei famoso?-
- Già Harry.- incalzò Gillespie - Perché saresti famoso se non per essere a prova di Avada Kedavra?-
- E' stato tanto tempo fa.- lo zittì Potter, roteando gli occhi quando anche il suo Bracciale del Destino emise una sonora pernacchia, come per fargli capire che erano tutte stronzate - Perché sei venuto?-
- Per vedere come stavi.- Duncan sorseggiò il caffè che portò uno degli elfi domestici - So che lavori con Hayes adesso. Come ti trovi col vecchio Desmond?-
- Né io né Degona l'abbiamo mai visto.- spiegò il bambino sopravvissuto - Lui ha costruito l'associazione, poi l'ha data in mano ai legali. Ora che Degona è sua socia se ne occupa lei.-
- Ho visto Silente stamattina al Ministero. Ha detto di salutarvi tutti e due.-
- Come sta il preside?- chiese Draco, per calmare un po' le acque, anche se non gliene fregava particolarmente.
- Benissimo. Se ne va in vacanza proprio con Hayes.-
- E tu Duncan?- gli occhi smeraldini di Harry si accesero - Niente vacanza?-
- Diciamo che...ero in procinto di prenderle. Ma poi è successo qualcosa che mi ha fatto cambiare idea.-
Silenzio.
Bastò un secondo di pensiero e sia Harry che Draco si lasciarono sfuggire un ruggito a fondo gola.
- Ragazzi.- bofonchiò Malfoy con tono abbastanza duro da far capire l'antifona - Perché andate a giocare?-
- O perché non accompagnate il signor Gillespie alla porta?- sibilò invece Potter senior.
- Harry.- lo richiamò Draco - Duncan vieni, staremo comodi in cucina. Ragazzi, per favore. Abbiamo delle cose da discutere.-
Non c'è nessuno come i bambini in grado di percepire la tensione nell'aria.
E nessuno come Lucas Potter che avesse saputo guardare suo padre con tale disappunto da riuscire a farlo vergognare di se stesso. Ma questo non fermò il piccolo Potter. Quando i tre si furono rinchiusi in cucina, Lucas e Faith si guardarono di sfuggita. Ma bastò.
- No, dai.- si lagnò Glory non appena li vide - Se ci beccano chi li sente. Romperanno fino a domani!-
Non l'ascoltarono neanche. Salirono di volata nella camera di Lucas e dopo aver trafficato per qualche minuto tornarono dabbasso con le Orecchie Oblunghe alla Weasley. Ce n'erano un sacco di modelli nuovi ma Lucas e Jeremy erano due che amavano i classici.
- Dio salvi la regina.- ghignò Caleb.
- E la famiglia Weasley.- finì Lucas.
- Amen.- rise Faith - Ok, adesso silenzio.-
Senza fare un fiato si accucciarono tutti e quattro dietro la porta della cucina.
Dapprima avvertirono solo un mormorio, poi la risata di Harry colpì Lucas come una lama. Non l'aveva mai sentito ridere così.
Istintivamente strinse le mani a Glory e Faith, con Caleb che corrucciava la fronte, impensierito.
Dentro invece, Harry Potter il bambino sopravvissuto quasi non riusciva a credere alle sue orecchie. E rideva, rideva senza controllo.
- Sono felice di sapere che lo trovi divertente.- disse Duncan Gillespie, le palpebre solo leggermente abbassate.
- Oh si. E' dannatamente divertente.- replicò Harry fra i singhiozzi di riso.
Duncan scosse il capo, fissando quindi Malfoy.
- Tu che ne pensi?-
- Che questa storia sta rischiando di stomacarmi.- rispose acidamente Draco, con gli occhi d'argento ora duri come lo stesso metallo - Spero che tutto il Wizengamot finisca all'inferno.-
- Non ditemi che non avete sentito da che parte stava tirando il vento.- continuò Gillespie - Andiamo ragazzi. Non siete eremiti qui dentro. Anche se tu, Harry, e anche Hermione avete abbandonato il servizio, so che vivete comunque in simbiosi col resto della squadra.-
- Si ma non credevo che questo Craig Badomen fosse un problema mio.- rispose Potter, sarcastico.
- E' un assassino.-
- Che se ne occupino gli Auror.-
Gillespie serrò appena la mascella, senza lasciar trapelare il suo reale stato d'animo.
- Le notizie dell'ultimo minuto dicono che abbia il Marchio Nero.-
Oltre la porta, i piccoli serrarono le labbra per non lasciarsi sfuggire un fiato.
Ma Harry già stava piegando la bocca in una smorfia ironica.
- E il Ministro Dibble, il nostro nuovo incaricato, ti ha mandato da me. Ad allisciarmi. Giusto?-
- Dibble non sa che sono qui.- replicò il Capo degli Auror - E probabilmente sto solo perdendo il mio tempo.-
- Vedo che hai capito.- disse Harry lapidario.
- Già.- Duncan scosse il capo - Come ho potuto credere che te ne fregasse qualcosa, bambino sopravvissuto?-
- Una domanda sola Duncan.-
Potter lo bloccò sul nascere.
- Sai cosa voglio. Cosa vogliamo io e Draco.-
- Si, lo so.- annuì Gillespie.
- Tom è ancora Sigillato. Hanno intenzione di liberarlo?-
- Non credo.- disse l'Auror a fatica.
- Allora la discussione si chiude qui.-
Caleb ritirò indietro all'istante l'Orecchia Oblunga e tirò via sia i cugini che Glory e una volta chiusi in uno sgabuzzino ingombro di scope da cui avevano cacciato gli elfi domestici, Faith fu la prima a parlare.
- Chi è Tom?-
- E che ne so.- borbottò Lucas - Sigillato in che senso poi?-
- Come in prigione.- gli spiegò Glory preparata sull'argomento - Vuol dire che non si può uscire da un posto.-
- Quindi questo tizio è in prigione?-
- Non lo so Lucas. Non hanno nominato Azkaban.- poi la piccola Malfoy osservò Caleb stranita - Cosa c'è?-
- Io questo Tom l'ho già sentito nominare.- borbottò il ragazzino pensoso - Ma non ricordo bene quando. Credo che sia stata la zia Elettra a dire qualcosa a mia madre...eppure...credo anche Alex e Herik ne sappiamo di più di me. Non so perché ma forse loro lo conoscono.-
- E come fai a dirlo?- gli chiese Faith.
- Ve l'ho detto, non lo so.- Caleb uscì di volata dallo sgabuzzino - Prendo la Polvere Volante e vado a Cedar House. Stasera a cena cerco di sganciare i miei e ci vediamo di nuovo se posso.-
- Magari porta Alex ed Herik.- gli consigliò Lucas - Noi intanto chiediamo a Jemy.-
- Non sarebbe più facile chiederlo a papà?- propose Faith - Magari ce lo dice.-
- Si, come no.- replicò suo fratello maggiore - Come minimo svierebbe di nuovo. No, stavolta mi arrangio da solo. Glorya non farti scappare niente, ok?-
La biondina non si sprecò neanche a rispondergli.
- Torno alla serra.-
- Si, vengo anche io.- brontolò Faith, per nulla convinta.
Femmine, pensò Lucas, però era troppo eccitato per prendersela verso il loro scarso entusiasmo.
Ora aveva una carta in mano per cominciare a scoprire qualcosa.
Perciò doveva solo capire chi cavolo era quel Tom!


Caesar Noah Cameron si svegliò di soprassalto verso l'una di notte.
Una musica fortissima aveva sfondato la parete del suo incubo, liberandolo.
- Dannazione.- sibilò, mettendosi a sedere nel letto. La luce della luna filtrava dalle sue vetrate ma quando girò gli occhi bianchi verso di esse sembrava ancora più furibondo.
E non per essere stato svegliato.
- Cosa fai qui?- sibilò.
Denise Loderdail stava in piedi alla sua finestra. Gli dava le spalle.
- Esci da camera mia.- continuò con lo stesso tono minaccioso.
Lei non si voltò nemmeno.
- Stavo pensando all'Oblivion.- gli disse invece, a bassa voce.
Caesar allora gemette, scuotendo la testa. Si alzò dal letto, infilandosi una camicia damascata che lasciò aperta.
Fermo alla sua scrivania, afferrò la bottiglia mezza vuota rimasta dall'ora di cena e si versò un bicchiere.
- Dovresti smetterla di bere, Caesar.-
Rise amaramente, guardandola da oltre il calice.
- Non sai niente della vita Denise.-
- Già. Non ne so proprio niente io.- replicò, alzando finalmente il viso sopra la spalla esile, per guardarlo in faccia con espressione talmente dura e così umana da farlo ridere ancora.
- Mi dicevi dell'Oblivion.- continuò Cameron, per nulla impressionato.
- Si. Potrei modificare i ricordi di Tom, ma...non so fino a che punto servirebbe, visto che sarebbe comunque Sigillato qui lo stesso.-
- E pensi che usandogli l'Oblivion totale e facendo tabula rasa andrebbe meglio.-
Lei tacque, sospirando e abbassando gli occhi.
La cipria di diamante scintillava sulle sue gote lisce alla luce della luna.
- Meglio averle delle radici Denise.- Caesar si lasciò andare seduto in poltrona, restando a fissarla col bicchiere in mano - Meglio avere pochi ricordi tristi che non sapere neanche perché siamo su questa terra infame.-
- Dici?- la demone lo scrutò attentamente - Meglio morire di dolore che d'inerzia?-
- Ognuno ha la sua croce, dolcezza.- disse allora sarcastico.
- Si, hai ragione.- gli sibilò, chiedendosi come poteva essere ancora così stupida. Con passo fermo s'incamminò alla porta, con la schiena rigida di rabbia ma quando fu sulla soglia, si volse per togliersi quello sfizio.
Ne aveva abbastanza di subire.
- Sai una cosa? Hai ragione, della vita forse non so niente.-
- Sono contento che te ne sei accorta.- ghignò, attaccandosi al bicchiere.
- Una cosa, però, l'ho capita. Capisco quando un uomo è talmente a pezzi da bere per dimenticare. Capisco anche quando si rimette la fede perché è talmente vigliacco da aver paura di ciò che prova. Capisco quando ha pietà di se stesso, per quello che è diventato. E sai un'altra cosa? Commisero quell'uomo.-
Ebbene, ora Denise Loderdail conobbe il volto della rabbia.
Lui non la fissò direttamente in volto, ma i suoi occhi puntati sulla luna erano quanto di più spaventoso si potesse immaginare.
- Non posso ucciderti e tu lo sai.- le disse, posando il calice prima di farlo in mille pezzi. La sua voce sembrava giungere dall'inferno - Ma posso renderti l'eternità insopportabile, Tesoro dei Loderdail.- minacciò, usando apposta quel nome che la feriva più di mille colpi - Perciò adesso gira i tacchi e vattene, prima che perda la pazienza ragazzina. Non sai un bel niente di me, né della fede che porto.-
- Davvero?- sapeva di esagerare, ma non le importava - Credi che non sappia perché te la sei messa?-
- Sta attenta...- l'ammonì.
- L'hai messa per me.- proseguì ridendo piena di sprezzo - Per ricordarmi sempre quanto sono inferiore paragonata a lei. Imperia era perfetta, vero?-
Lui non rispose.
E Denise ebbe la sua risposta.
- Capisco più di quanto pensi, Caesar. Buona notte.-
Il tonfo che seguì precedette quello della bottiglia e del calice che finivano in frantumi dentro al camino spento.
E allora la rabbia divampò davvero.
Ma lei ora aveva il cuore di un umano di cui prendersi cura.
Se non altro il cuore di Thomas Maximilian Riddle batteva.
Quello di Caesar per lei non l'avrebbe mai fatto.
Si Smaterializzò al quarto piano, quello delle loro stanze e invece di esserci solo Brand, trovò seduti fuori dalla camera di Riddle anche Winyfred e Val.
Vlad se n'era andato mezz'ora prima, dopo una violenta discussione avuta con Riddle.
- Si sono messi le mani addosso?- chiese Denise con tono sottile.
- No.- rispose Winyfred.
- Stavolta s'è trattenuto.- sorrise Val - Incredibile.-
- Vuoi parlargli?- le chiese Brand preoccupato - Guarda che non è un momento buono.-
- Con lui le cattive non funzionano. Per questo Vlad perde sempre.- sorrise l'Harkansky, battendo una mano sulla spalla della Loderdail - Te lo lascio Denise. Se hai bisogno sono da Dimitri.-
- Andate anche voi.- consigliò la più giovane - Me la sbrigo io, state tranquilli.-
Val e Brand tentennarono un po', ma alla fine fecero come chiedeva lei.
Varcata la porta, capì gli avvertimenti di Brand. Nell'aria c'era tensione, rabbia, frustrazione.
Ma la cosa che la colpì maggiormente furono le miriadi d'immagini che si trovò di fronte agli occhi.
Foto. Erano tante foto.
Non sapeva nemmeno che Tom ne avesse portate con sé, dopo la Sigillazione.
S'inginocchiò sul pavimento, vedendo anche che sul piano rialzato su cui era poggiato il letto di Riddle erano stati rovesciati altri oggetti. Vide uno specchio rotto con un basamento formato da due serpenti annodati, un Mantello dell'Invisibilità e buttato a terra con noncuranza, accanto a una tenda del baldacchino, un anello spesso, d'oro, con uno stemma di famiglia. Una corona.
Lo prese e socchiuse gli occhi, traendone un ricordo.
- Chi è?- mormorò, rialzando gli occhi verso la finestra affiancata al letto.
Tom era seduto sulla mensola, con le gambe allungate.
Attorno al collo un serpente albino di piccole dimensioni, attorcigliato sulle sue spalle.
Aveva un labbro spaccato, uno zigomo viola.
Regali di Vlad.
- Chi è la ragazza che ti ha regalato questo?- gli chiese di nuovo, raggiungendolo con passo da fantasma.
Si sedette accanto a lui, che rannicchiò un ginocchio al torace, per farle spazio.
- Si chiama Claire.-
- Capisco.- Denise sorrise. E quando lo faceva, sembrava tutto brillasse.
Era come Lucilla. Sembrava che quando donne simili sorridevano, tutto fosse più bello. Che tutto avesse un senso.
Perché certe gioie sono più rare e preziose di quanto si pensi.
- Era lei che amavi, vero?-
Tom tacque, restando a fissare il cielo. Incrociò le dita con quelle della demone, facendole capire la verità.
Già, pensò Denise distrutta, ma senza perdere quel sorriso che le faceva male al cuore.
Certi uomini sono capaci di continuare ad amare senza accorgersi di nient'altro. Neanche di se stessi.
Il primo amore non si scorda per il semplice fatto che è stato il primo a farci battere il cuore. Può anche essere svilente, rispetto a quelli che capiteranno nella vita, magari più profondi, più veri.
Ma il primo resterà sempre il migliore.
E chiunque venga dopo, non sarà mai all'altezza di reggere il confronto.
- Pensavo che se non avessi mai guardato oltre i cancelli del palazzo, alla fine sarei riuscito a dimenticarmi quello che c'è dopo di loro. Pensavo che ce l'avrei fatta a dimenticarmi di loro prima o poi. Sono già passati otto anni...- mormorò Tom, chiudendo le palpebre con forza - Ma mi sbagliavo. Cristo, sono un perfetto masochista. Ho anche tirato fuori il Pensatoio...e mi ero giurato di non farlo mai.-
- Non sei di pietra.- gli disse dolcemente, carezzandogli la guancia e lasciandovi la mano, sentendo la pelle serica dell'umano sotto il pollice - Non puoi ordinarti di dimenticare a comando.-
- Volevo usare la magia.- replicò, riaprendo gli occhi. Poi alzò l'indice destro, ad indicarsi il labbro spaccato - Vlad non ha preso bene i miei propositi.-
Denise rise di più, chinandosi a baciargli quel labbro ferito.
Lo strinse, passandogli le braccia alla vita e lasciandosi andare contro di lui.
- Pensi che usare il Pensatoio sia stata una cosa sbagliata?- gli chiese, mentre lui le passava le mani sulla schiena.
- So solo che ho visto il passato. Ed è passato proprio perché non tornerà perciò è meglio che mi metta l'anima in pace come mi ero ripromesso di fare già otto anni fa. Ho solo perso tempo...eppure darei qualunque cosa pur di vederla solo per poco.-
Denise si staccò da lui, sapendo che aveva sentito quelle parole in testa già una volta.
Ma da un'altra voce.
- Denise.-
- Si?-
Tom si mosse in avanti, prendendole il volto fra le mani e baciandola teneramente.
Si scostò appena, senza distogliere lo sguardo.
- Non fosse stato per te a quest'ora sarei imbottito di pillole.- le disse, sorridendo amaro e desolato - I momenti di pace di tutti questi anni li ho avuti solo con te.-
- Ma non sono lei.-
- Piantala di cercare di sostituirti a un'altra.- le disse, baciandola ancora - Caesar si sta difendendo. E lo fa solo perché tu hai aperto una breccia nel suo muro.-
- Eppure, Imperia è sempre qui.- la demone si sollevò in piedi, stringendosi le braccia al petto e dandogli le spalle - E' un dannato fantasma, è sempre presente. Lei era migliore in tutto, non reggo il confronto e a lui neanche interessa.-
- Che sciocchezze.- rispose Tom, mettendo il serpente su una poltrona e andando al camino, dove accese un debolissimo fuoco - Anche volendo comunque non potresti essere Imperia Glassharm lo stesso. Lei si è uccisa. Tu, da come ti conosco, non lasceresti chi ami neanche se avessi di fronte Dio in persona.-
La sentì sospirare, anche imprecare a bassa voce e infine buttarsi seduta di fronte a lui, accanto alle fiamme.
Rimase a fissarlo, poggiata su un gomito.
Fino a quando non gli disse qualcosa che lo fece tremare.
- Io posso fartela vedere.-
Non pioveva più fuori, ma Tom credette di aver sentito il rombo di un tuono, di una folgore.
- Posso fartela vedere, ma solo in sogno.- continuò la Loderdail, sfidandolo a mostrare segni di cedimento - E' come un Legilimens, ma fatto durante il dominio onirico. Lei crederà che sei solo un sogno, non saprà mai la verità.-
Lo vide deglutire, tremare.
Era troppo forse.
- Potrò parlarle?- sussurrò invece Riddle, con i palmi serrati sui braccioli della poltrona.
Denise annuì - Ma se lo fai dovrai cercare di stare attento. Non deve capire che è tutto vero. In teoria non mi sarebbe permesso entrare nei sogni per controllare i ricordi, figurarsi far entrare un umano nei sogni altrui. Allora?- lo incalzò, seria - Ci stai?-
Vedere Claire.
Rivedere il suo viso. Vederla...cresciuta. Diventata una donna.
Rivedere i suoi occhi da regina. Risentire la sua voce...
Sarebbe diventato lo spettro di se stesso dopo quella notte, ma accettò la condanna. Pur di rivederla.
- Si.- mormorò in un soffio.
E fu fatta.

Era buio.
Buio ovunque. Una distesa d'oscurità senza luce e senza forma. Poteva essere ovunque...e in nessun luogo.
Poi si sentì afferrare e rotolò a terra. Ma il cuore prese a battergli così forte che per un tempo infinito trattenne il fiato, ricordando bene il suo tocco.
Sentì quel corpo che aveva così tanto amato stendersi su di lui.
Dita intrecciarsi alle sue.
- Sei venuto...-
- Claire.-
Lei gli posò le mani sulle spalle e si piegò su di lui cercando la sua bocca. E dannazione, fu vero. Fu reale.
Sentì le sue stesse mani affondarle nei capelli sulla nuca, mentre la spingeva verso di sé in un bacio bramoso e i suoi fianchi si alzavano premendo contro di lei.
Rise, abbracciandolo forte.
La rovesciò su un fianco, rialzandosi e cercando di guardarla in viso.
Dio. Ora vedeva qualche barlume di luce...forse di candele.
- Tom.-
Il suo nome riecheggiò in quel luogo senza tempo molte volte, quasi all'infinito.
Appena cercò di dirle qualcosa, Cloe spense le sue parole con un bacio che sentì trasformarsi in un gemito supplichevole contro le labbra insistenti che catturarono le sue con un trasporto che annullò tutte le sue proteste. Schiuse la bocca, con la lingua penetrò al suo interno muovendosi con una dolce insistenza che gli tolse ogni volontà di fare domande. Ma ora c'era ancora più luce.
Candele. Si, erano fiamme di candele.
E Tom sentì la voce di Denise nella testa.
"Fa presto. Vieni via!"
Ora quelle fiamme languivano...danzavano.
Qualcosa non andava.
Tom si sollevò appena da Claire, guardando il buio vibrare come la scena di un film scadente.
- Tom...- la voce allarmata della strega lo scosse. Lo afferrò per le spalle, come per non farlo sfuggire ma accadde qualcosa che le fece tremare le vene ai polsi. Il volto di Tom...stava cambiando.
Anche la sua voce, mentre la chiamava.
- Cloe...Cloe amore cos'hai?!-
Cloe. Tom non l'aveva mai chiamata Cloe.
Per un attimo il volto di Riddle tornò normale, ma i suoi occhi blu presto ridivennero castani.
- Claire...Claire no!- urlò disperato e fuori di sé, ma ormai era tardi.
Ora c'era luce.
Ora il sogno era finito.

Angelica Claire King si mise a sedere nel letto gridando, madida di sudore, il lenzuolo premuto contro il seno nudo.
E seduto accanto a lei, Oliver Trust la scrutava attento, con espressione stupita e diffidente al tempo stesso.
- Cloe.- la chiamò, prendendole la mano che lei sottrasse all'istante dalla sua stretta, senza neanche guardarlo in faccia - Cloe, amore. Era un incubo. Stai tranquilla...va tutto bene.-
La strega, però, non udì una sola parola.
Fissava la parete opposta, con nel cuore la più grande tempesta d'odio che le avesse mai avvelenato il sangue.
L'aveva sognato. E maledizione a lui, qualcosa le diceva che quello non era un sogno come un altro.
Maledetto...
Maledetto.



 
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