Capitolo 13°

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view post Posted on 12/2/2009, 22:50
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*Gryffindor* nel cuore, ma il mio sguardo è di ghiaccio, nel mio sangue il veleno scorre irriverente

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"Forse potrò sembrarvi pazzo...specialmente dopo ciò che vi dirò di Viola Rosencratz Leoninus e di questo nostro prima incontro ma...devo ammettere in tutta sincerità che in un certo senso, fu un onore contrarre con una donna come lei un tale debito, come quello che avrei presto contratto io, quella notte del sedici giugno.
Già. Viola. La mia Viola, in un certo senso.
Ricordo che la vidi per la prima volta il quindici giugno di quell'anno, quando mi trovato prigioniero in un'altra prigione. E lei mi apparve a fianco...con quei suoi occhi da felino, quel corpo da peccato e quel cuore di bambina capricciosa e viziata.
Già, Viola. Per lei ero un giocattolo. Come in molti lo sarebbero stati, avanti nei secoli.
Infatti ebbi l'onore di conoscerla ancora in giovane età...perché col passare del tempo lei sarebbe diventata una piaga per tutta la Gran Bretagna. Sanguinaria, magnifica, una regina del male e del sangue.
Ma pur sempre una regina.
E lei, quella notte, mi apparve accanto, sovrastandomi di poco.
Viola Rosencratz Leoninus. Duecento anni in un corpo di fanciulla. Per un'anima nera che non avrebbe mai avuto fine."
T.M.R.










La notte del quindici giugno al Club Azmodeus, Thomas Maximilian Riddle aprì gli occhi dal suo limbo, ancora piegato dalla febbre altissima, e vide ciò che per un attimo gli apparve un angelo.
Bionda, sui diciotto anni, alta sul metro e sessanta.
Una bambolina di porcellana con grandi occhi di topazio, umidi come oro colato.
Che gli prese la mano, seduta al suo fianco accanto al letto.
Era dolce, Viola Rosencratz Leoninus. Dolce e angelica all'apparenza.
Tanto che si chinò su di lui, la bocca di more appena schiusa. Lo baciò con delicatezza, fino a piegarsi al suo orecchio.
- Hai paura?- gli sussurrò a bassa voce.
Poi la fitta, il dolore, il senso di svenimento.
Due affilati canini si erano piantati nel suo polso destro, affondando in profondità, succhiando, lambendo, leccando.
Tom ricordò più avanti di averla sentita fare le fusa. Una gatta bianca e candida, avvolta in un abito di lucida pelle nera.
Quando finì, Viola si sollevò leccandosi voluttuosamente le labbra.
E di nuovo china al suo orecchio soffiò mugolando di piacere.
Una condanna.
- Sei mio.-


La stessa notte, mentre Caesar Noah Cameron riapriva il cuore alla vita sposandosi con l'unica donna che in quasi un secolo gli avesse fatto battere il cuore all'impazzata, con una cerimonia intima e raccolta in Nuova Zelanda a casa dei suoi genitori e al cospetto del Diacono, Lucilla del casato dei Lancaster iniziò a comprendere il vero significato della parola "frustrazione".
La tenuta primaverile, come amavano definirla i maghi ricchi, del caro CT delle Aquile Dorate, Basil Howells, si trovava nel Devon e, maledizione, era stata invitata tutta la gente che in quel mondo patinato e gretto contava.
I giocatori della squadra ovviamente per primi, insieme alle loro famiglie di rappresentanza, gente del Ministero fra cui Consiglieri del Wizengamot, Obliviatori, Auror di provata capacità ed esperienza, famiglie di illustri fancazzisti, giornalisti a iosa e l'attrazione della serata: Harry James Potter, che da quando era entrato aveva desiderato essere il bambino Non sopravvissuto a Voldemort. Meglio morire per colpa di Riddle che per colpa dei giornalisti.
Perché a quanto pareva lì in mezzo il fatto che Badomen fosse fuggito fregava poco e niente a nessuno.
Almeno fino a quando non fossero state terminate le scorte di alcolici.
Era una cosa vergognosa.
Badomen era fuggito da un giorno ormai e tutti quelli del Wizengamot, Donovan per primo, guarda caso, se ne sbattevano altamente. Almeno, quando i giornalisti li avevano bloccati all'ingresso per fare delle domande sulla questione si erano limitati a dire tutti che "...gli Auror hanno fatto fino ad ora un lavoro egregio. Sappiamo che continueranno a farlo alla perfezione sotto la guida del nostro caro Capo Gillespie."
Naturalmente c'era anche Duncan. Da solo.
La moglie probabilmente l'aveva sbattuto fuori casa quando il giorno prima l'Ordine della Fenice aveva buttato giù dal letto suo marito a mezzanotte per dirgli della fuga. E se il divorzio non era in arrivo, probabilmente era perché la signora Gillespie aveva deciso di farsi l'amante e tenersi il marito assente e anche cornuto.
C'era pure il Ministro Dibble, tanto assediato che Harry nemmeno da lontano era riuscito a guardarlo in faccia, anche se doveva ammettere che non gliene importava poi molto.
La villa era talmente grande, illuminata da grossi lampadari di cristallo del diciassettesimo secolo, con valletti in frac e cameriere con cuffiette, che non sembrava neanche di stare in casa di uno come Basil, che bestemmiava, ruttava e sputava come un turco dalla panchina del mister a ogni partita.
Ma probabilmente anche lui aveva le sue governanti che facevano il loro dovere.
Da non crederci quasi.
La classica festa a cui lui ed Elettra avevano deciso di rinunciare appena nato Lucas, che quella sera era rimasto a casa con Faith, Glory e Aidan. Infatti come baby sitter si erano offerti Damon e Trix, desiderosi di starsene lontani dalla bolgia almeno per quell'occasione.
A differenza loro però, Cloe era presente. Con lei, l'unica dei King a parte suo padre, c'era tutta la famiglia Trust e ovviamente anche Oliver, il suo fidanzato che però sembrava essersi imbucato con qualche ben pensante a discorrere di borsa e calo delle vendite in campo immobiliare.
Fra gli altri visi noti Harry riuscì a vedere tutta la famiglia Mckay, i Black sopravvissuti alla macellazione di Azkaban, i Malfoy, Jane Hargrave e il padre di Hermione, la famiglia Dalton, gli Steeval, i Greengrass scampati alla follia, qualche attore di commedie famose fra cui Julianna Miller che agli ultimi botteghini aveva sbancato interpretando la Bisbetica Stregata, una mezza dozzina di cantanti strafatti che se la tiravano per le loro canzoni e niente meno che Paul Brockway, il caro Capo Controllo di Azkaban.
Insieme a lui, la figlia sedicenne con un lucidissimo vestito dorato di lamé riconoscibile in tutta la sala.
E come diceva Draco Lucius Malfoy, il mondo è veramente in mano alle donne e...a chi sa maneggiarle.
Donovan era veramente da mettere in galera, pensò inferocito. A guardare storto il Segretario però c'era anche qualcun altro. Hermione per dirne una, che stava su una delle balconate aperte sul salone dove si teneva la festa e oltre a fissare male il porco irretitore, pensava anche a come uccidere Gwendoline Pickens, la madre dell'amichetta perfida di Lucas, Glory e Faith, occultarne il cadavere e farla franca.
- Quella gli sta sempre attaccato.- tubò Pansy, in piedi accanto a lei.
- Grazie mille.- replicò Hermione, dando le spalle alla sala - Ah, chissene frega.-
- Si ma ballano e lei gli tocca le parti basse.- aggiunse la signora Parkinson Weasley.
- Davanti o dietro?-
- Fa differenza?- rise la mora - Comunque dietro.-
- Che crepi lei e anche lui.- sbuffò la Grifoncina visto che suo marito aveva ballato praticamente con ogni strega presente - Mi fa diventare matta con Iesi e adesso fa il cretino con la Pickens. Ah, s'arrangi! Ho altro a cui pensare!-
- Tipo scappare da qui?- Pansy si lisciò l'abito e lo scialle di pelliccia vista la neve che cadeva - Fossi in te aspetterei ancora. Magari quella va a prendersi da bere e potresti riuscire ad avvelenarla.-
- O magari facciamo saltare per aria tutta questa gente e basta!- sibilò Lucilla all'improvviso, piegata sulla ringhiera con la testa fra le mani. Era magnifica nell'abito color vinaccia che le aveva confezionato la sarta ed era anche l'unica che se ne andava in giro senza spalle e senza cappotto o pelliccia.
Ma da un demone non ci si poteva aspettare altro.
- Tesoro hai mal di testa?- le chiese Hermione.
Mal di testa? Mal di testa? Era esausta! Non ne poteva più! Venuta via da Cameron Manor dove aveva appreso del fidanzamento di Caesar era tornata a Cedar House per venire seviziata dalla sarta, da Liz che andava in giro dappertutto starnazzando sul fatto che doveva perdere un chilo prima della festa e pure sul fatto che Degona avrebbe dovuto partecipare al ballo delle debuttanti autunnale.
Poi come se non fosse stato sufficiente nel pomeriggio era arrivata Rose, spartendo ordini a destra e a manca su come acconciare i capelli di governante, nipote e nuora.
E poi, ora, lì...tutta quella gente.
Quel chiacchiericcio assurdo e inconsistente basato sui pettegolezzi la uccideva!
- Forse sei troppo stanca.- disse Pansy, scrutandola attenta - Vuoi che chiami Efren?-
- Dubito che un Medimago possa aiutarmi.- disse la Lancaster a bassa voce - No...non mi serve niente.-
Ma neanche a parlarne!
- Oh, eccovi qua!-
Rose Mckay apparve sul balcone con la sua bella pelliccia di visone, in mano due martini.
- Andiamo Lucilla!- sentenziò pragmatica - Non ti sei fatta fotografare neanche una volta stasera. Se non immortalano te per chi credi che vengano i giornalisti?-
- Devo prenderlo come un complimento?- le chiese cupa.
- Prendilo come ti pare dolcezza. Ecco.- Rose le mollò un martini - Questa è una maratona, non uno sprint. Idratati come si deve.-
- Ho già bevuto abbastanza.- l'avvisò. Ed era la verità. Con quel martini, contando i sei bicchieri di vino rosso a cena e qualche altro cocktails preso per aperitivo la sua quota si era alzata per bene. E la testa forse le girava per quel motivo.
Magari sbronzarsi era rimasta l'unica soluzione quella sera.
- Su, manda giù.- continuò Rose alzandole direttamente il calice sotto la bocca - Ecco, brava bambina.-
Ora si che girava tutto.
- Forse è meglio che ti siedi.- le consigliò Hermione, agitando la mano verso una poltrona della sala che si mosse rapida verso il balcone, dove poi sprofondò la Lancaster - Ora va un po' meglio?-
No, niente andava bene. Non andava bene quel vestito troppo stretto e troppo scollato, non andavano bene tutti gli spilloni che le avevano infilato in testa, non andavano bene quei tacchi con cui rischiava di rovinarsi le caviglie, non andava bene quella collana stramaledettamente pesante di diamanti e perle. Proprio lei che odiava le perle!
Non andava bene che Liz ordinasse a Degona ma soprattutto a lei di non ballare con Tristan perché una signora deve concedersi più agli altri che al marito, almeno durante le feste danzanti.
Non andava bene che si sentisse così piccola in confronto a quella maledetta stanza.
Non sopportava più la musica, le chiacchiere, le risate stridule.
Quando fuori...quando fuori suo figlio era in pericolo e Badomen era fuggito.
No, niente andava più bene da tempo.
- Tristan.- sussurrò, tenendosi una mano sugli occhi - Voglio Tristan...-
Rose tentennò un secondo, stranita ma alla fine bloccò una cameriera e le disse di cercarle il figlio.
- Cosa ti prende?- le chiese, inginocchiandosi di fronte alla poltrona.
- Voglio Tristan.- ripeté esausta, stremata, con gli occhi coperti dalla mano come per proteggersi dalla luce.
- Tesoro, ti porto dell'acqua?- le propose Pansy - Magari ti farà bene.-
- Non è che hai dei capogiri? La nausea?- sussurrò Rose, illuminandosi - Sarai incinta!-
Ora esplodeva.
Stava per aprire la bocca e mettersi seriamente a urlare, e chissene frega cos'avrebbero pensato quei relitti di una società tanto schifosa, quando Tristan Mckay apparve in abito scuro, seguito velocemente da Jess e Sarah.
Da lontano, dall'altra parte della pista da ballo in effetti dove si stava consumando un valzer, Harry vide Lucilla abbracciare forte il marito e lui che le sussurrava qualcosa.
- Non mi sembra in forma ultimamente.- gli disse Sirius, accanto a lui.
- E' vero.- annuì Ron, che stava con loro per autodifesa, visto che Ginny e Terry erano rimasti incastrati in una discussione assurda con la maledetta Charlene Rainolds e Liz.
- Meglio che vada a casa e si riposi.- commentò Black - La faccenda dei Mangiamorte le porta sempre a galla brutti ricordi. Ma del resto a chi no?-
Harry non rispose, vedendo la coppia allontanarsi dopo aver lasciato Dena insieme a J.J. e Nick Brett.
Strano comportamento quello di Lucilla. Non era da lei, ma in fondo come non essere disgustati di quel lusso e di quel pettegolezzo quando Badomen era fuggito sotto i loro nasi?
Pensandolo, tornò a puntare Donovan che in quel momento era insieme a due Consiglieri e al caro Brockway.
Da ucciderli seduta stante.
Fortunatamente per il Segretario però Duncan aveva ordinato controllo e calma, pena tortura a vita, così Harry lasciò perdere e tornò a discutere coi membri dell'Ordine di che fine avesse fatto Badomen, tanto dal giorno dopo tutti gli Auror del paese si sarebbero messi in caccia come avvoltoi.
Poi, finalmente libero dalla Pickens, tornò Malfoy. E dalla sua faccia doveva essere stato un ballo moltooo lungo.
- Divertito Don Giovanni?- gli chiese Potter.
Draco schioccò la lingua, come per avvisarlo. Gwen Pickens era una deficiente, una cretina e una futura cliente per Damon se non si fosse tappata quella disgustosa bocca da snob...ed eccolo che ricominciava!
Da qualche tempo Draco si era scoperto a dare sempre più spesso agli altri degli snob...solo perché quando qualche ben pensante e aspirante suicida si azzardava a ricordargli che il padre di Hermione era un babbano.
Dio, stava cominciando a diventare come Dalton!
Mandò giù un doppio whisky, sentendolo bruciare in gola e nel frattempo si volse, trovando accanto a Potter una figura abbastanza singolare.
- Salve, signor Malfoy.- salutò il mago accanto a Harry.
- Sir Tempest.- replicò Draco, facendogli un cenno.
Eccolo, il famoso artista del momento. Sir Balthasar Tempest, quarant'anni e figlio purosangue ma illegittimo di un gran signore dell'Alta Corte dei Maghi che dopo averlo ripudiato, alla fine se l'era ripreso in punto di morte conferendogli titoli e onori.
Balthasar Tempest era famoso per i suoi dipinti, nell'alta società specialmente perché era un ritrattista molto dotato ma non era insolito vederlo accompagnarsi ai Dalton. Infatti era stata Ophelia a presentarlo alla loro cerchia, dopo che Tempest era stato a una delle sue mostre e si era perdutamente innamorato delle sue opere.
- Allora, Sir Tempest...si diverte?- gli chiese Draco, strisciando come al solito la voce.
- Diciamo di si.- rispose quello, con un debole sorriso - Ma ero venuto qui a cercare lei, se devo essere sincero. E' stato suo padre a girarmi uno degli inviti.-
Oddio. Draco si volse e trovò Lucius Malfoy poco lontano, insieme a Narcissa, Jane e i Lord Howthorne.
Suo padre gli spalancò un sogghigno da iena che gli fece temere il peggio.
- Mi dica.-
Tempest parve cercare le parole adatte, non sapendo bene da dove cominciare - Spero non mi consideri sfacciato ma...l'altro giorno ero a Kensington Gardens con la mia bambina, Gilda.-
Harry se lo ricordava. E ricordava bene quale scandalo si fosse attirato addosso Tempest dieci anni prima quando aveva sposato una strega quindicenne, incinta. Ora, a distanza di dieci anni stavano ancora insieme più innamorati di prima, con una bimba della stessa età di Lucas e Glory e sua moglie che era diventata una famosa cantante d'opera.
- Ho visto il signor Potter da lontano coi bambini. Mi ha colpito moltissimo sua figlia, signor Malfoy. Glorya, giusto?-
- Si, esatto.-
Tempest posò il bicchiere sul vassoio di un cameriere in livrea, fissandolo attentamente - Mi chiedevo se lei fosse d'accordo, insieme con sua moglie, chiaro, a lasciarmi ritrarre sua figlia.-
Ritrarre Glory?
- L'ho vista seduta su una panchina, a leggere. Ha molto della famiglia Black in sé, questo penso che l'abbia notato anche lei. Ma...c'è dell'altro.-
- Già, probabilmente il resto arriva dagli Hargrave.- ghignò Harry, facendo ridere l'artista.
- Bhè, devo parlarne con mia moglie.- rispose Draco - Ma mia figlia non ama prestarsi a questo genere di cose.-
- Lo immagino. L'ho studiata per qualche minuto. Ma se lei volesse lasciarmene modo anche in futuro, perché la sua bellezza non credo tramonterà mai, penso anzi sono sicuro di poter forse aspirare al ritratto migliore della mia vita.-
Ecco che succedeva a partecipare a quelle feste. Gente strana, proposte strane, Glory che l'avrebbe guardato disgustata e altezzosamente sdegnata a quell'offerta...
Sparito Tempest, l'unico dai modi cortesi e raffinati, arrivò il resto della truppa. Prima sfilarono Lucius e Jane, poi arrivarono niente meno che i genitori di Narcissa a rompere a Draco per sapere come stava la loro preziosa nipotina, quindi planò di fronte a Harry una serie inconsulta di cantanti per farsi autografare il suo nome sulla fronte.
Quelli si che erano momenti da ricordare.
Ma c'era anche chi non era agli ordini di Duncan e che poteva permettersi di girare fra le persone e captare qualsiasi onda negativa, come le chiamava finemente Liz, per aiutare gli Auror.
Degona neanche avrebbe voluto parteciparci a quella festa. Secondo lei era vergognoso nei confronti delle vittime di Badomen e della sua donna e ora che sua madre se n'era andata perché si era sentita poco bene, tutto quello sfarzo non faceva che torcerle le viscere crudelmente.
Era attorniata di bagliori, di luci, di grandi maghi, di ricchi e belle donne ma...
- Non è abbastanza.-
J.J. si volse, guardandola stranito - Cos'hai detto?-
Dena scosse il capo, stringendosi nelle spalle - Niente. Senti, vado a fare un giro.-
- Perché invece non vai in pista e non strappi i capelli alla Winsort?-
Da manuale. William ballava con Ginger...e per tutta la sera non aveva ballato che con sue ex compagne o vecchie amiche. Mai che una volta si fosse avvicinato, il maledetto.
- Lascia perdere.- disse a Baley, prendendosi la stola di seta - Vado a sentire i pettegolezzi al bagno delle signore.-
- Ti aspetto qua.- ghignò lui di rimando, lasciandole la mano.
Degona però non prestò orecchio ai pettegolezzi. Nonostante odiasse quelle feste e quelle persone, doveva ammettere che non c'era posto migliore per ascoltare l'etere che nella fossa dei serpenti.
C'era rabbia, in quella sala. Rabbia e frustrazione per gli Auror.
Hermione soprattutto. Che però...usava l'Occlumanzia da qualche tempo.
Ogni volta che la trovava nei paraggi, la mente della Grifoncina si chiudeva. E Degona non riusciva a spiegarsene il motivo se non...avesse nascosto un segreto.
Esattamente come sua madre che da qualche tempo sembrava preoccupata, sempre stanca, nervosa, esausta.
Stava accadendo qualcosa. Lo sentiva.
"Morirà...lui morirà...lo ucciderò con le mie stesse mani..."
Degona provò un capogiro in seguito a un brivido freddo sulla pelle e a un leggero urto con una ragazza avvolta di un abito di lamé dorato, lucente come un sole, insieme a un'altra strega poco più grande, vestita di rosa come un confetto.
Dio, ma cos'era? Chi era stata a parlare?
La voce era di donna.
Si guardò attorno, sempre più pallida. Ma era pieno di persone, la voce risuonava ovunque come un'eco.
La voce era di una donna...adulta.
"E così ti vendicherò padre mio. Mio Maestro."
- Dena? Dena?-
Si riebbe quando si trovò William a fianco, che la teneva saldamente fra le braccia.
- Ehi, mi senti? Stai bene?-
- Si.- mormorò, stringendo le mani sulla sua giacca nera - Ho solo...solo sentito...qualcosa...-
William serrò la mascella, facendo un rapido giro di sguardi. Nessuno che conosceva.
Ma c'era Brockway poco lontano. E sua figlia accanto a lui, brillante nel suo abito dorato.
- Ti porto a casa.- le disse serio.
- Ok ma...chiama J.J. e Isabella.-
E accontentandola e maledicendola al tempo stesso lasciarono al festa.
Anche se ora forse avevano qualcosa su cui lavorare.

Il pomeriggio dopo, quando solo mezza Cedar House era in piedi, Tristan Mckay stava accanto al suo letto matrimoniale nella stanza poco illuminata per non disturbare il sonno di Lucilla.
La guardava senza emettere un suono, senza staccarle gli occhi di dosso, con braccio sul torace, l'altro appoggiato su di esso per tenersi la mano a coprire bocca.
Sembrava un angelo Lucilla...eppure qualcosa in lei era sempre stato tormentato.
E ora, grazie all'alcool, aveva anche scoperto cosa.
Aveva visto poche volte Lucilla ubriaca in vita sua, solo tre con la sera prima e ogni volta era equivalso a una catastrofe imminente. Si chinò e la baciò sulla bocca, poi scese in cucina per prepararsi qualcosa da mangiare nel silenzio più assoluto. Ora sapeva cosa doveva fare.
Il problema era far coincidere ogni sua mossa con gl'impegni che si erano presi a lavoro.
Duncan aveva organizzato una spedizione dai Lasombra, per controllare la Salvia Splendens mentre alla Corte Leonina avrebbe mandato Milo, Beatrix anche se molto riluttante, Hermione e la squadra di Kingsley.
Ma l'improvviso cedimento di Lucilla lo stava mettendo in guardia su molto più di quanto avesse immaginato.
La sua forte, coraggiosa, granitica Lucilla stava male.
Era stanca, era stremata.
E lui doveva fare qualcosa.
Stava affettando del pane sul tagliere quando irruppe in cucina sua madre.
- Cosa fai qua?- fece stranito.
Rose lo guardò storto - Buongiorno anche a te.-
- Ciao mamma.- sbuffò allora, tornando a lavorare di coltello - Cosa fai qui? Se cerchi Liz sta ancora dormendo.-
- No, volevo sapere di Lucilla.- fece eccitata, avvicinandosi al bancone - Allora? Che novità?-
Tristan levò le sopracciglia. Oh no. Lo sapeva cosa voleva sentire sua madre.
- Non è incinta.- masticò fra i denti, addentando un lampone.
- Come no?- berciò Rose Mckay - Andiamo tesoro! Aveva la nausea ieri sera!-
- Era nauseata dalla compagnia.-
- E poi sei un uomo, tu di queste cose non capisci nulla!-
- Mamma.- la bloccò, prima che partisse con la scelta dei nomi - Lucilla non è incinta. E' solo molto stanca...- fece un cenno a Liz, che era entrata in quel momento in una costosa vestaglia fattale dono a Natale da Rose -...e voglio che la lasciate in pace per qualche giorno. Niente feste, niente serate musicali, niente pomeriggi da thè e altre amenità varie. Anzi, mi sa che qui la sua patologia è la noia cronica.-
- Vuoi forse dire che questi impegni sono noiosi?- allibì Liz, svegliandosi di colpo.
Come no?! Eccitantissimi!
- Dico solo che Lucilla...è un tipo più...ehm...domestico.-
- Lucilla non è domestica, è selvatica.- frecciò Rose - Vabbè...allora cos'aveva?-
Tristan, seccato, fissò duramente la madre - Sta male anche lei ogni tanto, sai? Non è mica di granito!-
- Non è il caso di diventare sgradevoli, avanti.- tubò Liz, almeno fino a quando fra un battibecco e l'altro non vide dalla porta aperta sul salone William scendere le scale.
Aveva la giacca in spalla, i capelli leggermente arruffati. E sbadigliava.
- Oh mio Dio...- alitò - Tristan...Tristan...c'è William che è appena sceso dal piano superiore. E sta venendo qui.-
La faccia del padrone di casa in effetti quando Crenshaw mise piede in cucina non era amichevole.
E William, poveretto, arrossì vagamente.
- Ho dormito nella stanza degli ospiti.- balbettò subito.
- Si, anche io.- celiò J.J. facendo venire un colpo a tutti quando apparve alle spalle dell'ex Serpeverde.
Tristan, a differenza di sua madre ed Elisabeth roteò gli occhi, con il coltello da pane fra le grinfie come una vanga.
- Te lo giuro.- continuò William, facendosi un pelo indietro - L'abbiamo portata a casa perché alla festa ha sentito qualcuno fare minacce di morte al vento.-
- Morte? Chi ha minacciato chi?- fece Rose.
- Dena non lo sa.- rispose Baley, sedendosi al bancone e fregando uno dei biscotti caldi e fragranti nel cesto davanti a lui - Era un po' sconvolta, così l'abbiamo portata a casa. C'è Isabella con lei.-
- Ci mancava solo questa.- sibilò Tristan inferocito, afferrando la bacchetta e agitandola così che il coltello finisse di tagliare da solo, per poi imburrare le fette con miele e marmellata - Dannazione, come se non avessimo già abbastanza problemi.-
- E comunque è indecoroso!- saltò su Liz, che non aveva capito niente - E' scandaloso che due gentiluomini dormano in casa di una signorina per bene! Specialmente nella stanza accanto! Basta, bisogna subito porvi rimedio prima che il pettegolezzo faccia il giro di Londra.-
- Che proponi?- ridacchiò Rose che invece sembrava divertita - Un matrimonio riparatore?-
- Esatto!- annuì Liz, mentre J.J. e William sbiancarono di colpo - Dovete prendervi le vostre responsabilità e...- e un secondo più tardi quei due si erano già Smaterializzati via, senza lasciarla finire.
Se non altro si sarebbero ben guardati da dormire un'altra volta a Cedar House con la pazza in giro.
Degona si svegliò mezz'ora più tardi e raccontò tutto quanto al padre, pregandolo di controllare la lista degli invitati alla festa del CT delle Aquile Dorate anche se sapeva che non ne avrebbero ricavato poi molto.
Vennero informati tutti quanti delle voci udite dall'empatica ma era comunque come cercava un ago in un pagliaio.
Lucilla in compenso non si fece vedere per tutto il giorno e la sera dopo cena, quando Tristan salì in camera per vedere se era viva, morta o fosse intenta a parlare agli specchi, la trovò oltre un paravento di damasco a vestirsi. A terra delle scarpe da sera e una stola.
- Ma dove vai?- le chiese stralunato.
- Da Caesar.- rispose a bassa voce, mentre cercava di legarsi i lacci dell'abito di raso color lavanda al collo - Torno prima che posso, ma fa una festa coi suoi genitori e mi ha chiesto di raggiungerlo.-
- Lucilla tu non stai bene, dovresti stare a letto.-
- Sto benissimo. Ho solo bevuto troppo.- e uscì dal paravento in una nuvola leggera e impalpabile, senza curarsi del freddo e della neve che continuavano a cadere su tutta la Gran Bretagna - Stai tranquillo. Un paio d'ore e sono a casa.-
Un bacio veloce e senza guardarlo in faccia sparì.
Portandosi via quel segreto che tanto ormai lui aveva scoperto.
E questa volta non l'avrebbe tagliato fuori.

Alla stessa ora, nel Golden Fields, a Cameron Manor che mai da oltre due secoli aveva dato feste che come base non avessero o l'intento di un'orgia o di una sbronza, si stava celebrando quello che per tutti i demoni puri del pianeta era un fidanzamento ma...che per pochi altri che già sapevano era una vera e propria festa di nozze.
Decisamente i demoni di stirpe avevano la classe accumulata dall'alba del tempi, per questo a differenza degli umani non strafavano mai. Luci dosate, vino italiano portato dalla famiglia De Verolis, i toni smorzati anche se il sorriso sembrava stranamente sulle labbra di tutti.
E la novella sposa, come padrona di casa, non se la cavava davvero male. Anzi.
Era stata perfetta fino a quel momento. Ma in fondo Denise Axia Loderdail, ora Lady Cameron, essendo stata trattata per tutta la sua vita come una porcellana, sapeva molto bene come trattare con la gente.
Garbata, ma irraggiungibile. Cortese, ma indifferente.
E la sua indiscussa bellezza che quella notte splendeva più di una stella aveva messo a tacere lo stupore di tutti quando si era venuto a sapere del colpo di testa del primogenito di Ocean Cameron.
La sposa si aggirava nel salone in un abito bianco, apposta per l'occasione anche se Winyfred aveva dovuto lottare a lungo per riuscire a convincerla.
Perle e cristalli preziosi fra i capelli e all'anulare sinistro, oltre a una fede di platino e non d'oro, come aveva chiesto lei, portava l'anello di fidanzamento per coprire a tutti il reale fatto che lei e Caesar erano già sposati.
Sposati.
Denise alzò la mano sotto al viso ancora una volta, per ricordarsi che era tutto vero.
Non riusciva a credere di essere sposata all'unico uomo che amava.
Era felice.
Anche se non completamente. L'amarezza restava, specialmente quando ricordava che un tempo, al dito di Caesar, c'era stata un'altra fede nuziale. E più riceveva congratulazioni, più la sfilata di famiglie e amici continuava in un turbinio di colori, più lei cercava il suo volto in mezzo a quella folla.
E ogni volta che lo trovava fra quel mare di teste, lui aveva sempre occhi solo per lei.
Anche in quel momento le alzò il bicchiere come un omaggio, tanto che riuscì a farla sorridere debolmente.
Era l'uomo più bello della sala. Era magnifico, un dio.
- Guarda che stai sbavando.-
Denise si riprese, volgendo uno sguardo imbronciato a Vlad.
- Stai scappando da Tisyphone?-
- Può anche darsi.- le rispose, attaccandosi al bicchiere.
Vlad a dire il vero era di pessimo umore da una settimana. Da quando Tom era sparito.
Gli mancava e lo capiva. Anche lei avrebbe tanto voluto averlo con lei, al suo fianco.
Tom sapeva dare forza anche al peggiore dei codardi.
Lo guardò attentamente, tanto più alto di lei e così altero.
Tom era entrato nel sangue anche a un guerriero simile.
- La ex di Caesar è nella stanza dei giocattoli.- le disse di colpo.
- Parli dell'umana?-
- Si. Demetrius mi ha costretto a farle un portale e adesso è su, da sola, in quella stanza.-
Denise non sapeva molto di Hermione ma una cosa le era parsa ovvia, quando Caesar qualche anno prima le aveva raccontato la verità di Tom sugli Zaratrox e su Mezzafaccia.
Quell'umana andava ringraziata solo per aver perso un anno della sua vita in quell'inferno di prigioni. Ma era riuscita a salvare Tom, eppure attirandosi addosso una maledizione.
- Andrò a parlarci.- disse allora.
Stokeford alzò le spalle - Fa come vuoi.-
- Tu non vieni?-
- No, vado fuori a fumare.-
- Paura di Tisyphone?-
- Ho paura che dovrò ucciderla.- replicò gelido - Rifilala a Val se ci riesci. O a mio cugino, tanto è già ubriaco.-
Una volta fuori nel giardino dell'ingresso, Vlad levò gli occhi al cielo nero. Cadeva neve da giorni ormai.
E di Tom nessuna traccia.
Si accese una sigaretta, soffiando fuori una nube di menta. Incredibile come si possa stare insieme a una persona per tanto tempo e scoprire che non era così poco importante come pensavi.
Perché mettersi in gabbia da soli?, si chiedeva sempre. Un demone non l'avrebbe mai fatto.
Ma Tom invece si. Perché? O per chi?
In memoria di quale debito aveva potuto rinchiudere la sua vita e il suo futuro in un palazzo?
Lucilla non gli aveva mai detto nulla al riguardo. E forse era stato Tom a pregarla di non spiegare troppe cose del suo passato a loro, specialmente in presenza di Caesar che invece doveva essere perfettamente a conoscenza di tutto quanto.
Stava ancora fumando, senza sentire i freddi fiocchi di neve che si posavano sul suo viso quando un cigolio dei cancelli recuperò la sua attenzione. Ma strano, non erano i Loderdail.
Era...un umano?
Vlad guardò meglio. Occhi verdi, capelli biondi, barba appena accennata.
Dov'è che l'aveva già visto?
- Lucilla è dentro?- gli chiese Tristan atono, arrivandogli vicino.
- Si.- borbottò Stokeford, senza capire - Lei chi sarebbe?-
Senza una parola Mckay sollevò la mano con la fede, quella fattagli in dono da Lucilla tanti anni prima e posandola sulla maniglia della porta d'ebano a due battenti, scardinò abilmente la Sigillazione Anti-Umani.
Il fischio di Vlad fu tutto un programma, ma Tristan non perse tempo. Nel salone di guardò attorno. Ignorò i demoni impuri e i lacchè dei padroni di stirpe, così fermò la prima persona che passava lì in mezzo con una bottiglia in mano.
- Demetrius!-
Dimitri si bloccò, fissandolo allucinato.
- Mc! E tu che ci fai qui?-
- Dimitri lo conosci?- chiese Vlad, apparendo minaccioso dietro di loro.
- Ma si, è il marito di Lucilla. L'hai conosciuto otto anni fa! E' successo qualcosa Mc?-
- No, nulla. Ma devo parlare con lei...- poi si guardò attorno, confuso - Ma non era una cena di famiglia?-
- Cena di famiglia?- rise Demetrius - No, no! Caesar si è fidanzato!-
Mancò poco che Tristan gli ridesse in faccia. E chi era la squinternata che l'aveva sposato?
Quattro parole, un po' di casino e alla fine scese anche Hermione che rimase di sasso trovandolo con Demetrius.
- Oddio! E tu cosa fai qui?- sbottò, incespicando nell'orlo dell'abito da sera rosso ciliegia.
- Sono venuto a salutare.- le sibilò - E a dire a te e a mia moglie che siete due...- ma si morse la lingua, prima di finire. Ok, calma e sangue freddo. No, ma che calma? Le uccideva entrambe e poche storie!
Nel frattempo avevano spedito un lacchè a cercare Lucilla e quando riapparve era con Caesar, Gala e Winyfred.
- E tu cosa fai qui?- gracchiò la Lancaster verso il marito, per l'ennesima volta.
- Ero venuto a vedere Tom.- le disse allora, soave, guardando il quartetto con occhi fiammeggianti - Ebbene?-
Silenzio. Ora gli sguardi colpevoli si sprecavano.
- Chi te l'ha detto che Tom non è più qua?- gli chiese Caesar, tranquillo.
- Sta fuori dalla mia testa.- l'ammonì subito Mckay - E' stata Lucilla comunque.-
- Cosa?!- sbottò lei - Non è vero!-
- Ieri sera eri ubriaca.- le ricordò - Hai cantato come un uccellino.-
Mentre quella arrossiva per essere stata così facilmente imbrogliata, Cameron la guardò con pena.
- Novellina. E meno male che l'alcolizzato qua sono io.-
- Ah, sta zitto.- Lucilla tossicchiò per ridarsi un tono - D'accordo...andiamo in cucina. Ti spiego tutto.-
- Sarà meglio.- ringhiò fra i denti il mago, fissando storto anche Hermione - Anche se niente di quello che mi direte mi farà passare la voglia di farvi qualche fattura. E tu ti sei fidanzato poi?- aggiunse, cambiando del tutto discorso verso il padrone di casa - Ma chi ha avuto il coraggio di prenderti?-
- Ma tu guarda.- replicò Caesar - E' quello che ho sempre detto a Lucilla prima di sapere che era stata lei a sposarti.-
- Si può sapere che succede?- li apostrofò Denise, mettendo la testa nell'ingresso.
- Niente.- tubò Winyfred - E' tornato il marito di Lucilla e ora tutto il mondo sa che ci siamo persi Tom.-
- Non ci siamo persi Tom.- ringhiò Vlad, che aveva taciuto fino a quel momento - Sono stati quegli umani maledetti.-
- Quali umani?- chiese Tristan.
- In cucina, forza!- ordinò Lucilla.
Un quarto d'ora più tardi Tristan seppe tutto.
E il quadro generale era oltremodo traumatizzante.
Forse era proprio per il trauma che batté la testa sul tavolo a cui era seduto, restando in quella posizione.
- Non è il caso di essere tanto teatrali.- gli disse Lucilla, seccata.
- Non è il caso di essere tanto teatrali??- le urlò addosso spettinandola tutta, e lui le contava sulle dita di una mano monca le volte che aveva alzato i toni con lei - Tom è sparito, Badomen è fuggito da Azkaban, la sua donna maledetta stava qua davanti ai cancelli fumandosi fiorellini e strombazzando vendetta a gran voce! Inoltre il Primo Segretario molto probabilmente è invischiato con loro perché oltre a farsi la figlia di Brockway sapeva anche quando Tom è stato portato via dalla Dama dell'Acqua e tu mi dici di stare calmo? E' il momento buono per dare i numeri, Cristo Santo!-
- Vedi perché amo gli umani?- se ne uscì Winyfred in sottofondo - Sono così adorabili.-
- Puah,- fece Caesar beccandosi un'occhiataccia da Hermione - tu esclusa ovviamente, tesoro.-
- Non voglio neanche starvi a sentire.- sbottò Tristan furente - Già una volta voi due maledette vi siete messe a pasticciare con gl'incantesimi, tenendo segreti ovunque ed entrambe siete poi diventate demoni di stirpe! Che cazzo vi passa in quella testa a voi due, si può sapere? Per Dio Hermione, otto anni fa sei morta!-
- Anche Harry è morto, se è per questo.- gli ricordò altezzosa.
- Oh oh, non ci provate neanche.- le bloccò, arrivando subito a capire le loro mosse - Non pensateci neanche a darmi del maschilista. Qua si tratta solo di avere un minimo di buon senso! E comunque, visto che si parlava di Harry, continuiamo pure su questa linea.- e le fissò con altrettanta arroganza - Cosa direbbe se lo sapesse eh? Credete che sia divertente essere trattato come un bambino ritardato che non è capace di occuparsi dei suoi cari? O forse non merita neanche di sapere che Tom è stato catturato da un qualche pazzo mitomane alla stregua di Grimaldentis?-
- Harry ha già altro da fare.- sibilò Lucilla, tergiversando.
- Cosa di grazia?- ringhiò di nuovo lui, imbestialito - Controllare il tasso di neuroni che perdete voi due al giorno?-
- Ehi!- Hermione alzò le mani, lasciando perdere - Senti Tristan, la cosa alla fine della fiera ha sempre riguardato solo me e Lucilla!-
Stavolta Mckay sgranò gli occhi verdi. E un ghigno sarcastico, quasi incredulo, si dipinse sulle sue labbra.
- Ma certo.- soffiò con tono pericolosamente minaccioso - Tom è competenza vostra. Vogliamo metterci a disquisire di legami sanguigni? No vero? Ecco, perfetto. Perché se volete posso stare qua ad elencarvi tutte le volte che dai dodici anni in su ho passato le giornate a mettergli cerotti sulla testa ogni volta che cadeva dalle scale a casa nostra!-
- Perdonami, non volevo dire questo..- bofonchiò al Grifoncina.
- E allora che diavolo volevate fare non dicendo nulla?- sbottò, battendo un pugno sul tavolo - Harry non è un ragazzino e già una volta gli hanno tenute nascoste le cose e Sirius ci ha quasi rimesso la pelle! Come questa faccenda del cazzo d'infilarci in mezzo anche i demoni!-
- Che problema hai amico?- gli sibilò Vlad a quel punto.
Tristan, manco a dirlo, non batté ciglio.
- Che otto anni fa sono dovuto venire qui a salvare quattro rintronati chiusi in una biblioteca, ecco cosa! I demoni devono occuparsi delle loro grane!-
- Eh no, calma un momento.- s'intromise Caesar, pacato - Non sei stato tu l'unico a ficcargli cerotti in testa per la maggior parte delle tue giornate Mckay. Non ci provare neanche ad insinuarlo.-
- Se non foste di nuovo imbrigliati nelle vostre regole del cazzo a quest'ora già l'avresti trovato Cameron.-
- Lui ha altri problemi adesso.- sospirò Lucilla.
- Bhè, auguri e figli maschi allora!- berciò Tristan esasperato - Demoni!-
- Quella fede non ti salverà in eterno.- l'avvisò Vlad, con cupo cipiglio.
- E tu vattene al diavolo.-
Nella cucina immensa piena di vasellame lucido e superfici di legno pregiato ma mai utilizzato, cadde il silenzio. C'era chi rideva sconvolto, chi a bocca spalancata stentava a credere che un umano avesse potuto insultare niente meno che uno Stokeford, quindi un Terminator per natura, con tale facilità.
Vlad però, dopo aver serrato le mascelle, si rimise la cicca in bocca.
- Sarà meglio che vada a farmi un giro.-
- Oddio.- Hermione si massaggiò il collo, una volta uscito Stokeford - Tristan mi spiace.-
- Si, anche a me!- sibilò, senza perdere un briciolo di rabbia - Quando Harry verrà a saperlo, e state sicuro che verrà a saperlo o da me o da un bel necrologio, scatenerà l'apocalisse!-
- Senti cosa pretendi?-
Lucilla strabiliò tutti iniziando a singhiozzare, chiudendosi le mani a coppa sul viso e con le spalle che tremavano - Io non sapevo più cosa fare! ...E non volevo che Harry lo sapesse, perché se fosse stato lui a trovare Tom avrebbero dovuto dirsi addio di nuovo!- e singhiozzò più forte - Non ti arrabbiare così con me!-
- Tesoro! No, non piangere! - Winyfred ed Hermione le si avvicinavano con i fazzoletti, mentre Demetrius sbraitava dietro a Tristan che non era così che si trattavano le mogli ma Mc non fece una piega, anzi, incrociò le braccia con aria annoiata.
- Piantala di frignare. Sei sprecata, ma non potresti fare l'attrice.-
- Ok.-
Lucilla levò le mani e la sua espressione non era per nulla distrutta. Neanche una lacrima.
- Oh, ma che cretina!- sbuffò Hermione - Vabbè, sentite la storia è questa. Prima troviamo Tom e lo riportiamo qua e prima potrò incastrare Donovan.-
- Già, potrebbe scovare altri modi per mettere Tom nei guai.- annuì Denise, seria accanto al marito.
- Nei guai c'è già!- sibilò Tristan - Visto che le bocche della verità non parlano mai! Oddio, mi serve qualcosa di forte.-
- Va bene dello scotch?- abbozzò Denise.
Alla fine si misero a bere tutti quanti, insultandosi a vicenda e rinfacciandosi carenze in vari campi, ovvero chi aveva prestato poca attenzione a Riddle, chi troppa, chi pensava solo a bere e a far esplodere il palazzo ecc...
La nevrosi aveva raggiunto livelli critici quando per andare di male in peggio arrivò Horus Harkansky.
Gelando Lucilla, si piazzò di fronte alla porta con sguardo critico.
- Mi avevano detto che era arrivato tuo marito...e così sono venuto a conoscerlo.- disse.
- Non è il momento.- gli disse la Lancaster - Horus abbiamo altre questioni in sospeso ora.-
- Già, papà.- annuì Winyfred - Ma nulla di grave.-
- Bhè, non cascherà il mondo se me lo presenti.- soffiò il demone incurante delle loro suppliche. E così puntò gli occhi bianchi su Tristan, seduto ancora a tavola con aria irrimediabilmente repressa.
I due si squadrarono per un secondo e Harkansky non fece nulla per mitigare quello sguardo da leone contro una formica che fece irritare Lucilla a morte.
- Ora l'hai visto.- gli sibilò.
- Già.- replicò di rimando, glaciale - L'ho visto.-
- C'è qualche problema?- chiese Tristan pacato.
- Si, uno ci sarebbe. E si chiama mortalità precoce.- Horus levò il mento, superiore - Com'è nella vostra natura di umani.-
- Già, noi umani a un certo punto facciamo il favore ai nostri simili di crepare.- sibilò Mckay, sfidando di nuovo la potenza di cui era circondato - Voi demoni non siete altrettanto cortesi.-
Spettacolare. Caesar stava cominciando a sorridere ma il suo divertimento si spense all'istante.
Si volse con lo sguardo oltre una delle grandi finestre impero della cucina, avvertendo un pericolo.
- Arrivano.- sussurrò, afferrando forte la mano a Denise.
Lei la strinse subito, serrando i lineamenti.
Eccoli. I Loderdail.
Neanche il tempo di sospirare, neanche il tempo di mettere giù i bicchiere e un'armata di venti demoni si fece largo nell'ingresso di Cameron Manor, tutti capeggiati da Anghelos Loderdail e Seal Loderdail, il nonno di Denise e marito di Sapphire. Anche lei era presente. Altera e sprezzante nel suo profilo regale, come intagliato su una moneta, che non appena posò gli occhi sulla nipote strinse le labbra con disgusto.
- E' così allora.- sibilò Anghelos, fissando la figlia vestita di bianco accanto a Caesar.
Dietro di loro però, l'intera famiglia Cameron. E questo, certo, era quanto di più importante.
Nemmeno un esercito di demoni avrebbe potuto inquietare di più i Loderdail.
Anche il Diacono, nero come un corvo, accanto a Ocean Cameron, sembrava perfettamente a suo agio.
- Non ti credevo tanto calcolatrice.- sibilò Sapphire in direzione della nipote.
Denise non si mosse. La mano delicata stretta in quella di Caesar la faceva sentire stranamente superiore, per una volta, di fronte a tutti i suoi parenti. Compreso Hestor, che sembrava fremere di rabbia e vergogna per essere stato così brutalmente derubato della sua futura moglie.
- Avete sbagliato i conti.- si limitò a dire Denise, con tono di sussiego.
- Bhè, anche tu!- ringhiò suo padre, sempre più pallido di un fantasma - Perché tu ora torni a casa con noi!-
- No.-
Anghelos assottigliò le iridi e la pupilla nera divenne solo un puntino.
- Tu!- disse a bassa voce, vibrante, al colmo della collera - Tu sei la nostra rovina!-
- Lei era la mia promessa!- gridò Hestor - Se voi Cameron volete la guerra allora l'avrete!-
- Non sforzare quel cervello di gallina, Hestor.- disse Leiandros, in piedi piantato accanto al fratello maggiore, forse più risoluto di quanto lo era mai stato in vita sua - Non ti conviene minacciare nessuno qua dentro.-
- Questo matrimonio non avverrà mai!- scandì Anghelos - Io non lo permetto! Lei è minorenne! Appartiene a me!-
- E adesso è mia moglie.-
Le parole di Caesar riuscirono a zittire tutta quanta la tenuta, per poi sentire una marea di bisbigli provenire da ogni luogo. Moglie.
Bastò quello a gelare letteralmente anche Sapphire Loderdail.
- Vi siete sposati.- alitò la demone, a mezze labbra.
- Esatto.- Denise si lasciò passare un braccio attorno alla vita - E ora io non appartengo più a nessuno.-
- Non è possibile!- tuonò suo padre - Diacono!- urlò poi - Non ne avevate il diritto! Lei è minorenne! Vi serviva il mio consenso!-
- Non è questo che richiedono le nostre leggi.-
La voce del Diacono era un poco acuta, ma incisiva e roca al tempo stesso.
Con gli occhi bianchi incassati nelle orbite cerchiate di nero, alzò le spalle.
- I giovani volevano sposarsi e visto che la sposa non era recalcitrante come qualche giorno fa, Loderdail, ho ritenuto giusto sposarli. E non mi serve il vostro consenso. Ricordate che io conosco le leggi meglio di tutti quanti voi.-
- Io voglio che si separino! Lo esigo, è un mio diritto!- urlò di nuovo Anghelos, tremando violentemente.
- Si, è un vostro diritto.- annuì il Diacono, sentendosi addosso gli sguardi di Caesar e Denise - Ma non potete, perché il matrimonio è già stato consumato. Potrebbe già esserci un erede.-
- Ma non è detto!- scattò Sapphire, con un bagliore cattivo negli occhi - Vogliamo l'annullamento!-
- Mi dispiace.- il Diacono scosse il capo privo di capelli - Ma trattandosi della possibilità di una nascita, io non posso separare ciò che ho già unito. Se la notizia dell'esistenza di un erede non mi giungerà entro tre mesi, allora potrò prendere in considerazione la vostra richiesta, visto che la sposa è ancora minorenne.-
- Tre mesi!- riecheggiò Hestor istericamente - In tre mesi può accadere di tutto!-
- Già, di tutto.- Caesar gli lanciò un'occhiata minacciosa - E se voi schifosi vi avvicinate ancora a me o a mia moglie, della vostra miserabile famiglia non resterà nessuno.-
- Non osare minacciarci!-
Era fatta. Vennero sguainate spade e poteri, ma se i Loderdail erano in vento, dietro agli sposi non c'erano solo una trentina di Cameron, ma ancora altre famiglie, a partire dagli Stokeford a finire con gli Harkansky.
In tale disparità numerica, i Loderdail indietreggiarono.
Ma la rabbia in quegli occhi Denise non avrebbe mai saputo scordarla.
Ora era una vera nemica. Ora era un insetto da schiacciare.
Con o senza erede di Caesar in grembo.
Allora lo capì.
Si, lei ormai andava eliminata. Per sempre.
Tre mesi. Tre mesi e lei e un suo possibile figlio avrebbero potuto morire.
Se era quella la paura vera, attanagliava le viscere come una morsa. Un morsa che si sarebbe stretta in un limite di tempo prestabilito.
Erano nelle mani del fato, ormai.


Era tornata.
Thomas Maximilian Riddle aprì gli occhi, sentendo il profumo penetrante di quella vampira.
Era tornata ancora.
Non la vedeva dal giorno prima. La sentiva parlare nella stanza, insieme a Dark.
Mettendola a fuoco dal letto da cui proprio non riusciva ad alzarsi, vide quella vampira gesticolare in maniera concitata.
Una fitta al polso gli ricordò che l'aveva morso. Fissò la sua mano fasciata, poi richiuse gli occhi.
Doveva. Doveva farlo.
Quella notte o mai più.
-...quindi mi stai dicendo che potrebbe essere qualcuno d'importante?- rise Viola Rosencratz Leoninus, poggiandosi le mani sui fianchi spigolosi e snelli fino al limite - Andiamo Alister. Hai sempre avuto fiuto per gli affari e con tutto quello che ti pago per questo miserabile pezzo di carne, tu ora mi metti in guardia? Ma per cortesia.-
Alister Dark scosse il capo, snervato dalle pretese di quella mocciosa.
La osservò con la coda dell'occhio. Bella, una bambolina preziosa, ma letale e capricciosa.
Era troppo avventata quella donna. Ma forse per quel verme di Kronos andava più che bene.
Viola si scostò i capelli biondi e vaporosi da una spalla, guardandolo con compassione.
- Ebbene?- lo incalzò schiudendo la bocca di more - Lo voglio ora.-
- Viola, stammi a sentire.- sbottò per l'ennesima volta - Non ne sono sicuro! Quell'umano è strano! Guarda quel collare! Non riusciamo a toglierglielo!-
- E allora? E' solo un collare. Agli schiavi sta bene.- rispose lei con una risata sardonica, lisciandosi la giacca di pelle nera aderente sul seno semi scoperto - E poi lo voglio. Ovunque tu l'abbia trovato e chiunque lui sia, lo voglio.-
- Ha catturato il tuo interesse, vedo.-
- Si.- Viola si volse verso il letto, abbassando voluttuosamente le palpebre - Mentirei se ti dicessi che il suo aspetto non è un'attrattiva sufficiente. Inoltre un pasto caldo su due gambe è sempre apprezzato. Ma non è solo questo...-
- Allora cos'è?-
Viola sollevò la mano in aria. Facendo questo gli anelli di Tom fecero capolino e le ricaddero nel palmo levigato.
- Questi.- sussurrò, ghignando diabolicamente - E' innamorato.-
- Che ne sai?- sospirò Dark - Voi donne traete sempre troppe conclusioni.-
- E voi uomini siete degli imbecilli, degli animali.- replicò la Leoninus senza tanti giri di parole, con sprezzo - Questo Max può anche essere l'erede di Cameron in persona, ma io me ne frego. Lo voglio. E me lo porto via stanotte.-
Alister sobbalzò, allibito.
- Cosa? Ma è mezzo morto! Che vuoi fare, ripulirgli il sangue e salassarlo?-
- Hai in mente altre soluzioni per levargli il veleno dal corpo?-
- Solo il fatto che quel veleno non gli faccia nulla dovrebbe metterti in allarme Viola. Ma come al solito vuoi fare di testa tua! Dannazione!-
- Non sei mai stato così reticente su un buon affare. Cosa ti prende Dark?-
- Niente.- il padrone dell'Azmodeus Club mosse qualche passo indietro, alzando le mani per indicare la sua resa - Sai che ti dico Viola? Fai quello che vuoi. Ammazzalo, fattelo, fa quello che ti pare. Basta che te lo porti via, io di quello non ne voglio più sapere nulla. Mi ha già portato troppe grane!-
E sotto lo sguardo maliziosamente divertito della vampira, Alister lasciò finalmente la stanza, rendendola ancora più eccitata.
Tom la sentì quando si sedette sul letto, accanto a lui.
- So che sei sveglio.- gli disse all'orecchio - Apri quegli occhi...o te li strappo dalla testa senza tante storie.-
Riddle fece come voleva. Ma rimase in silenzio, vedendole i canini appena scoperti dalla bocca socchiusa.
- Bene...Max.- Viola poggiò il mento su un gomito - Da questa sera sei mio. Ti porto a casa.-
Tom si leccò le labbra ma Viola fu più rapida, si chinò e lo baciò avidamente.
La sentiva sorridere, la sentiva violenta, avida, esperta.
- Ecco fatto.- gli disse, scostandosi di pochi centimetri - Stavi dicendo?-
-...tu...tu devi lasciarmi.- le sibilò, cercando faticosamente si fare leva sui gomiti.
- Cosa?- Viola scoppiò a ridere - Tesoro, dovevi pensarci prima di farti quasi ammazzare il quel vicolo. I Lucky Smuggler ripuliscono ogni cosa, dovresti saperlo ormai. C'è una cosa che m'interessa sapere di te però...- e si chinò di nuovo su di lui, passandogli un braccio dietro al collo, serrandogli la nuca fra le dita.
Tom sentì le unghie della vampira piantarsi nella pelle.
- Perché questo veleno non ti uccide, eh?- sussurrò, fissandolo piena di bramosia - Perché sei ancora vivo?-
Lui tacque.
Il sangue, pensò. Il sangue di suo padre.
Era quello che lo teneva in vita.
- Quale potere si annida in te?- continuò Viola, passandogli un dito sulla guancia arrossata dalla febbre - Quale forza?-
Come prevedeva, il mago distolse lo sguardo.
- Ah, i segreti.- gli soffiò maliziosa e perfida - Ti distruggono la vita, mio mortale amico.-
- Lo so.- sibilò di rimando, indurendo il viso.
- Ma sono loro che reggono la vita di un essere.- Viola lasciò la presa, tornando seduta composta - Io sono sposata, sai? E il mio segreto è che presto ammazzerò il mio vile maritino.-
- Devo dispiacermi per lui?- Tom riuscì a ridere, forse gelido quanto lei - Kronos merita pietà?-
- Allora lo conosci.-
- Di fama.-
- E Alister mi ha detto che potresti essere qualcuno d'importante. Dimmi chi sei.-
- Il figlio di Lord Voldemort.-
Viola scoppiò a ridere di nuovo, deliziosa e velenosa al tempo stesso.
- Credo che spassarmela con te sarà anche più interessante del previsto.- gli disse, ovviamente senza credere a una parola, alzandosi in piedi e dandogli le spalle per un momento - Bene, faccio preparare la carrozza.-
Gli diede le spalle per il tempo necessario.
Ora o mai più. Quella gabbia ormai era troppo stretta. Dannatamente troppo stretta.
Non seppe dire dove trovò la forza di lottare contro il dolore, ma quando afferrò Viola per i capelli fu anche dannatamente così rapido da superare i riflessi di un vampiro. E fu straordinario.
Era incredibile cosa fosse riuscito a fare...per non essere portato in un'altra prigione.
Schiacciata Viola sotto di lui, la vampira sollevò le delicate sopracciglia chiare.
- Due cose.- gli disse con tono dannatamente troppo calmo - La prima è che odio stare sotto. E la seconda è che non sopporto che mi si tirino i capelli.- poi tacque di colpo. Sentendo qualcosa di appuntito contro l'addome, vide abbassando gli occhi di topazio un pezzo di legno nelle mani del suo schiavo.
La testata del letto! Aveva strappato a forza uno dei pioli! La mano gli sanguinava.
- Bastardo. Cosa speri di fare?- gli chiese.
- Io non posso stare qui. Tantomeno venire con te.- Tom deglutì, cominciando a sentire l'adrenalina scorrere velocemente per tutto il corpo - Ora tu mi farai uscire.-
- Hn. Perché dovrei?-
Viola serrò i canini di colpo, furente, sentendo il paletto di legno improvvisato sul suo cuore.
- Se mi uccidi non uscirai mai!- gli sibilò - E quando mi sarò liberata ti farò patire le pene dell'inferno!-
- Non c'è niente che tu possa farmi che possa superare il passato.- le rispose il mago - Ora stammi a sentire. Devo andarmene. Con o senza di te.-
- E allora perché non mi uccidi e te ne vai?-
La smorfia indecisa di Riddle spinse Viola a guardarlo meglio.
Era come aveva pensato...quegli occhi, quella strana sensazione di luce ogni volta che lo toccava.
- Oddio!- rise con sprezzo - Allora è vero! Tu non sai uccidere!-
- Mettimi alla prova. Per la libertà questo e altro.- replicò, anche se sapeva di bluffare grandemente - Hai due possibilità. O taci e ti fai ammazzare... o mi aiuti a uscire. E io sarò in debito con te.-
- Cosa me ne faccio di un debito, stolto umano.-
- Anche tu desidererai pur qualcosa. Io ti darò una mano ad averla.-
- E se volessi te?-
Tom corrucciò la fronte, rabbuiandosi.
- Se ne può parlare.-
Viola rise di nuovo.
- Adorabile candore.- gli sibilò, muovendo delicatamente il corpo sotto al suo - Quindi se ti faccio uscire e ti lascio andare senza dissanguarti come un animale da macello...tu un giorno esaudirai un mio desiderio? Esatto?-
- Esatto. Te l'ho detto. Ti sarei debitore.-
- E se questa cosa implicasse uccidere qualcuno? O venire a letto con me? O magari farti mordere?-
- Se ne può parlare.- le ripeté - E per l'uccidere...dipende dal soggetto.-
- Non lo pensi sul serio.- sogghignò la Leoninus - In che mondo sei cresciuto per avere tanta pietà in corpo?-
- Questo non è importante.- disse in fretta - Allora? Affare fatto?-
- Speri davvero che dica di si?-
- Si. Perché mi dispiacerebbe ammazzarti.-
Era la prima volta che Viola Rosencratz Leoninus sentiva una frase del genere...specialmente rivolta a lei.
Quell'umano...Dark aveva ragione. Quell'umano nascondeva qualcosa. Molto più di un segreto.
Abbassò gli occhi sul suo collare, fissandone le lettere. T.M.R.
Ma chi era?
- Allora?- la scosse, nervoso - Affare fatto?-
Era folle, ma Viola senza sapere perché si ritrovò ad annuire.
- Affare fatto.- sibilò con aria perversa - E adesso lasciamelo suggellare alla mia maniera.-
Sconvolto, Tom cacciò un grido roco quando la vampira gli affondò i denti nel collo. Subito dopo venne invaso da un profondo calore, quando la sentì succhiare avidamente.
Non immaginava che avrebbe mai potuto essere così il morso di un vampiro...
Mezz'ora più tardi, verso le due di notte del 17 giugno, Viola Rosencratz Leoninus lasciò l'ala privata dell'Azmodeus Club. Al suo seguito due dame di compagnia e due guardie del corpo anche se all'arrivo se n'era portato dietro uno soltanto.
Ora Tom camminava nascosto sotto un mantello nero. Nella manica della camicia la sua bacchetta.
E alle dita...i suoi anelli, finalmente.
Quando Viola, di fronte a lui, venne fermata da Dark e quell'idiota di Stavros si sentì vacillare, ma fece di tutto pur di non permettere alla febbre e al dolore lancinante che provava alla schiena di sopraffarlo.
Era così vicino all'uscita...così vicino.
Fermo nell'ala dei clienti vide gente di ogni tipo. Demoni, umani, maghi...
-...me lo prendo la prossima volta.- stava dicendo Viola con tono irritato - Non rompere Alister, qualche giorno e vengo a prendermelo sul serio. Non ho alcuna intenzione di portare a Corte un giocattolo mezzo rotto.-
- E io che ci faccio nel frattempo, eh?-
- E io che ne so. Intrattienilo. Cantagli una canzone magari.- rispose l'altra con sarcasmo - Forza,- disse poi rivolta al suo corteo - diamoci una mossa.-
Eccola la porta.
Le luci al neon gli ferivano la vista ma continuò a mettere un piede di fronte all'altro. Ostinato.
Doveva uscire.
Doveva andarsene.
Doveva tornare a casa sua.
Se ci fu un ostacolo a quella fuga che era sembrata fin troppo facile, avvenne proprio all'uscita, nella minuscola stanza circolare tappezzata dal quadro della bambina, la vigile sentinella di Alister.
La piccola, vestita di velluto rosso e seduta in poltrona, li scrutò tutti uno a uno ma su Tom serrò le palpebre, come se avesse avuto di fronte un nemico da uccidere.
Quando lui già tremava, la bambina riportò gli occhi castani su Viola.
- Quanto mi costa il silenzio?- le chiese la vampira con aria condiscendente.
- Non usare quel tono con me, sanguisuga che non sei altro.- rispose la bimba, sarcastica quanto lei - Perché ti conosco da quando avevi solo mezzo secolo! Se non altro hai già pagato il capo, quindi non si tratta di un furto.-
- Esatto.- annuì Viola - Allora perché quella faccia da santarellina?-
- Ti stai proprio rammollendo, Rosencratz.- poi la bimba scosse la mano, come per scacciare una mosca molesta - Avanti, portatelo via. E non fatevi vedere per un bel pezzo.-
- Hn. Che paura!- sibilò Viola, andandosene sdegnosamente.
Neve.
Quando Tom si ritrovò all'aria gelida della notte e vide la neve, rimase senza fiato.
- Ma cosa...-
- Lascia perdere.- Viola era già accanto a una carrozza nera, ferma nel vicolo buio in cui erano apparsi - Voi maghi siete degli idioti. Dei bambini che si fanno i dispetti gli uni con gli altri. Ecco. Ora sei libero.-
Riddle annuì, portandosi subito una mano sul fianco ferito.
Il dolore stava diventando insopportabile e quando guardò la sua salvatrice, per modo di dire, la sua faccia aveva un che di supplichevole.
- Non riesco a Smaterializzarmi.- mormorò.
- Ok, ok.- Viola, bisogna dirlo, non aveva mai brillato per la sua pazienza, così salita in carrozza di sporse dallo sportello e posando le grinfie sulla testa di Riddle, ordinò: - Quando vorrò che il tuo debito venga saldato verrò io a cercarti. Per ora vattene al diavolo. Che la casa di tuo padre ti accolga.-
E finalmente Thomas Maximilian Riddle sparì.
Quello che non aveva calcolato però era il classico proverbio che non a caso diceva "Dalla padella nella brace."
Perché quando Tom si riprese, si ritrovò steso su un divano, in una logora stanza dove scoppiettava il fuoco di un caminetto decadente.
E non sapeva dove si trovasse...
Eppure, al di fuori, i cittadini di Little Hangleton videro per la prima volta dopo anni una luce, in casa Riddle.
Forse era un fantasma, si dissero divertiti. Perché in fondo i padroni erano tutti morti.
Nessun Riddle restava di quella sinistra famiglia.
O almeno era questo che tutti pensavano...




 
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