Capitolo 14°

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view post Posted on 12/2/2009, 22:48
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*Gryffindor* nel cuore, ma il mio sguardo è di ghiaccio, nel mio sangue il veleno scorre irriverente

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Il resto è silenzio.
(William Shakespeare)















Quella casa. Quelle mura, quelle finestre inchiodate e l'edera che cresceva selvaggia sulla facciata...
Ricordava quel luogo.
Il suo sogno lo portò sul retro di Riddle House, dove c'era la porticina coperta di rampicanti. La sorpassò, si ritrovò nella buia cucina. Sapeva dove andare...conosceva quel luogo.
L'aveva già visto in sogno, in passato.
Tutto era come prima.
Anche il sogno aveva l'odore di antico, di chiuso, di disabitato.
Era come...essere presente, come se fosse stato davvero a Little Hangleton, a Riddle House.
Come in passato, raggiunse il vasto ingresso stavolta un po' più illuminato grazie alle ampie vetrate che si trovavano ai due lati dell'entrata. Nevicava.
C'era polvere sulla scala. Spessa, opprimente.
Al piano superiore, voltò a destra, riconoscendo quella via fatta tanti anni prima.
La fine del corridoio. La porta socchiusa.
La luce di un caminetto che filtrava dalla fessura dello stipite, disegnando una lunga lama dorata sul pavimento nero.
Vide uno spicchio di ciò che vi era all'interno. Non c'era più la poltrona.
Ma c'era un grande divano...e poi udì una voce di uomo. Non una voce impaurita.
Ma estasiata. Quasi isterica.
- Il mio padrone...il mio Lord Oscuro...-
Di colpo la sua percezione della realtà muto. Non era più all'esterno del corridoio. Ma all'interno di quella stanza. Era sdraiato. Sentiva un dolore atroce alla schiena. Si sentiva male...e qualcuno era inginocchiato contro la sponda, al suo fianco. E gli teneva la mano.
Una mano...le cui dita portavano due anelli che non riuscì a mettere a fuoco.
- Il mio signore...il mio signore...siete tornato, padrone. Lui rivivere in voi. Siete il segno che aspettavo!-
Si sentì venire meno.
Riconobbe quel viso butterato, i capelli neri, la mascella spessa e gli occhi fiammeggianti di furore.
Craig Badomen.
Era lui.
Strinse di più quella mano, con riverenza, con onore, con ossequio e schiavitù.
- Io sarò sempre con voi, mio nuovo Lord Oscuro. Sempre, fino alla fine del mondo.-
Dolore.
Ritrasse la mano. Era bendata al polso.
Il collo, come la schiena, iniziò a bruciare.
- Craig, smettila.- sibilò una voce all'improvviso, dura, carica di astio - Non vedi che sta per morire?-
- Basta, non parlare così!- Badomen si alzò di scatto, enorme sopra il divano come un'ombra minacciosa - Ora lo curerò. Lui vivrà, vedrai! E' questo che dovresti volere anche tu!-
La voce, sicuramente di donna, parve assumere una leggera sfumatura. Era sarcasmo. Ma appena percettibile.
- Certo che voglio che viva.-
- E allora aiutami!- Badomen si volse, stizzito, permettendogli di vedere una sagoma accanto al caminetto accesso. Una sagoma sinuosa, ammantata di pelo d'angora. Un mantello chiaro.
- E riprendi le tue sembianze, dannazione.- disse alla donna, disgustato - L'aria delle sedicenni mi dà il volta stomaco.-
- Perché, a me no?- replicò la donna - Ma mi tengo l'aspetto di quella cretina per la causa. E anche volendo abbiamo perso il contenuto della camera blindata alla Gringott. Ci vorranno settimane prima che quell'idiota pomposo di un politico rifaccia la cernita per la Polisucco, o te lo sei forse scordato?-
- Chi se lo scorda.-
Craig Badomen si buttò a sedete a una basso tavolino coi piedi di drago, versandosi qualcosa che sembrava brandy - Non fosse stato per lui...per Harry Potter...ora avresti i capelli che ci servono...-
- Il bambino sopravvissuto ha messo i bastoni fra le ruote a molti. Dovresti essere felice piuttosto. Brockway poteva lasciarti a morire in cella, ad Azkaban. Se non altro i Lestrange sembrano ancora sani di cervello...se si può dire una cosa simile di tutti i mezzi Black viventi.-
- Non osare.- Badomen la scrutò truce - Non osare insultarlo.-
- Chi lo insulta. Parlavo dei Lestrange e del caro Draco Malfoy.- replicò quella, soave - Dico solo che devi muoverti a curarlo, a meno che il tuo nuovo Lord Oscuro non tiri le cuoia, visto che chi l'ha colpito ha pensato bene di usare del veleno che si diffonde alla velocità della ricezione dei neuroni.-
- E tu che ne sai?- le chiese Badomen, sorseggiando il liquore.
Se solo l'avesse guardata, nell'ombra di quel cappuccio color panna avrebbe visto brillare un ghigno.
Bianchi denti scoperti...in un ghigno.
- E' bastato vedergli la ferita. Comunque ora tu curalo, io vado ad occuparmi del nostro bavoso politico.-
- Contaci.- disse il Mangiamorte, posando lo sguardo su di lui, che non riusciva a chiudere le palpebre.
- Avrò molta cura di lui. E' la mia unica speranza.-
Speranza...
- E lui ucciderà finalmente il nostro nemico e tutti gli schifosi mezzosangue che oseranno intralciarci.-
Luce. La luce della rabbia e del fuoco invasero il suo sogno, tanto che non riuscì più a tenere gli occhi aperti.
E come accadde in passato, a quattrocento chilometri di distanza Harry Potter si svegliò di soprassalto, nel cuore della notte.
Ora sapeva.
Ora sapeva che era sopraggiunto infine un nuovo Lord Oscuro.


La mattina dopo, Londra era ormai sepolta dalla neve che da giorno batteva imperversando sia il mondo babbano che quello magico. Da Hyde Park, dall'attico di Damon Howthorne, la vista era assolutamente mozzafiato.
E lui, Damon, stava seduto sul divano, nel salone, a fissare fuori dalla vetrata, senza più voglia né di dormire, né di fare nulla. Le calde fiamme del camino, spento da mesi, dall'inverno passato, erano l'unica cosa che riscaldava l'ambiente.
"Tu dormi troppo poco."
Damon levò gli occhi azzurri per un istante, mentre Nora si sedeva accanto a lui.
- Tanto per quello che serve.- le rispose.
La ragazza lo guardò male ma gli posò comunque una tazza di caffè caldo sul tavolinetto, di fronte alle loro gambe.
"Non hai più fiducia nella premonizione...e posso capirti. Ma sai bene che non è stata colpa tua."
- Si, è stata la Salvia Splendens, lo so.- replicò, scuotendo il capo - Ma restava il fatto che potevo salvare delle persone.-
"L'hai fatto. La mia amica Meg è viva perché tu hai detto agli Auror dove cercarla."
- E tu?- Damon prese la tazza, portandosela alla bocca mentre seguiva un fiocco di neve cadere leggero - Tu sei morta. Che mi dici? Potevo salvarti. Ora saresti viva come la tua amica se io avessi visto della strage. Come la mettiamo? Non sei neanche un po' arrabbiata?-
Era passata una settimana ormai, dalla Strage di Diagon Alley.
E Nora non si era mai staccata un istante da lui.
C'era stato il suo funerale. Damon l'aveva accompagnata.
Ma si era rifiutata di parlare tramite lui ai genitori. Loro non credevano a quelle cose...esattamente come lei, fino a quando non aveva provato sulla sua pelle il calore di quegli occhi che tutto vedevano.
Lui la vedeva. L'ascoltava.
Le era rimasto lui...e l'ultima cosa che desiderava era ferirlo.
In troppi lo ferivano.
Aveva imparato a conoscerlo, poco a poco.
Sapeva che era allergico alla farina raffinata, sapeva in che posizione dormiva, della sua passione per la musica babbana che irradiava sempre quell'appartamento a qualsiasi ora, come un'amica fedele.
Sapeva che era stato un Serpeverde, conosceva il suo tatuaggio sulla schiena, il suo libro preferito, la sua famiglia.
Aveva imparato a capire il legame estremo che teneva insieme lui e Beatrix.
Lui e Cloe.
Le sue amiche, il suo mondo.
E poi quella fidanzata, che ogni volta che chiamava riusciva a farlo sorridere.
Quella ragazza, il suo amore, che presto sarebbe tornata a Londra.
Conosceva i suoi rimorsi, conosceva la sua rabbia, la sua frustrazione.
Conosceva il suo sarcasmo, l'affetto per il fratello, la leggera arroganza, l'indifferenza, i suoi occhi velati dalle visioni.
Ma c'era un qualcosa...che a Nora sfuggiva.
E quel qualcosa era segnato sul calendario. Il 27 giugno.
Gli aveva chiesto se fosse la data in cui sarebbe tornata la sua ragazza ma lui aveva scosso il capo.
Eppure non passava giorno che non guardasse almeno una volta quel cerchio rosso, attorno al 27.
Cosa sarebbe accaduto?
"Damon?"
- Si?-
"Tu sai...come morirai?"
Lui annuì. Senza un battito di ciglia, nessun nervosismo.
"E vivi bene? Non sei mai triste?"
Howthorne rimase a fissare la neve, poi però chiuse gli occhi.
- Non ho paura di morire. So come capita e...quasi uno non se ne accorge.-
"Hai ragione." Nora sorrise, piegando il capo sulla sua spalla "Forse uno con la tua esperienza vive meglio sapendolo, vero? Così non sprecherai mai il tempo che hai. Esatto?"
Tempus fugit.
Lui lo sapeva fin troppo bene. Per questo il fatto che sarebbe morto, presto o tardi, non lo toccava.
Perché sapeva di dover vivere anche giorno per giorno. Sapere la scadenza aveva solo reso più alta la qualità della sua vita e non il contrario.
- Quando sistemerai le cose, Nora?-
Lei sospirò, desolata.
"Non lo so. Ma voglio vedere in faccia quello che mi ha uccisa."
- E i tuoi? Non hai nulla da dire a loro?-
"Sai, mi sarebbe piaciuto vedere la faccia di mia madre, il mio primo giorno di lavoro al Ministero." gli confessò, sporgendosi in avanti e poggiando i gomiti sulle ginocchia "E mi sarebbe piaciuto andare a cena lei e papà, la sera stessa, per festeggiare. E avrei voluto...trovare un ragazzo, un giorno. Magari pattinare sul ghiaccio...non l'ho mai fatto. Avrei voluto mettermi un bel vestito per andare al matrimonio di Meg e ballare scalza in un giorno d'estate, sotto la pioggia. Avrei voluto...un figlio, magari. Avrei voluto stringerlo e...invecchiare." Nora si strinse nelle spalle, le mani a serrare forte la pelle che lei riusciva ancora a sentire, illudendosi "Invecchiare con mio marito, litigando ancora per il poco sale nella zuppa o per una torta bruciata nel forno..."
Avrei solo voluto vivere.
Tutto qua.
"Pensi di avere tutto il tempo dalla tua parte...ma in vero puoi perdere tutto da un momento all'altro. Io volevo solo vivere, solo questo. E' troppo secondo te?" disse con un filo di voce.
- No, non è troppo Nora.- rispose, passandosi una mano sugli occhi - Non è troppo.-
"Ora so che non potrò mai fare nulla di tutto questo ma...io ho visto chi ci ha uccisi tutti quanti." e si volse a fissarlo, le iridi ancora appannate di lacrime "Io l'ho visto. E ci sei tu...tu che mi senti. Se tu non ci fossi, sarei morta per niente. Ma tu ci sei...e possiamo trovare quel tizio."
Convinciti che non è stato tutti inutile.
Anche se è una bugia, convincitene.
Vennero interrotti da un crepitio del camino e fra le fiamme apparve la testa di Cloe.
- Prego, avanti.- soffiò Damon ironico - Potevo essere intento a fare altro, sai?-
- Si, con chi?- replicò la King - Spero non col fantasma perché ti manderei da un terapeuta del sesso.-
"Non capisco bene se insinuano sempre queste cose perché sei un porco o perché sono delle malpensanti loro." commentò Nora, pensosa.
- Allora duchessa.- Damon ignorò i commentini della sua compagna "fluttuante" - Che succede?-
- Lo sai che Badomen è fuggito, si?-
- Certo che lo so. Non vivo sulla luna.-
- Come ti pare.- la bionda non l'ascoltò neppure - Mi era venuta un'idea.-
- Oddio, cosa?-
- Ad Azkaban ci saranno un sacco di Non-Vivi crepati nelle celle, no?-
- Neanche morto.- scandì il Legimors all'istante - Non vado a ficcarmici là dentro per parlare con cadaveri ambulanti di assassini, Mangiamorte e maniaci dell'Imperius. Neanche se fosse Harry in persona a chiedermelo!-
- Che palle, dovrai pur far qualcosa! È una settimana che sei chiuso in casa!-
- Uscirò il 27.-
- Ancora non mi hai detto che succede quel giorno al Ministero.-
- E resterà una sorpresa.-
- Hn.- Cloe assunse un'aria diffidente - Come vuoi, ma spero per te che sia una cosa seria. Allora, la superoca l'hai sentita? Sai che andrà alla Corte con Milo, Herm e un'altra squadra per indagare sulla Salvia che Badomen ha usato per accecarti?-
- Ma va? Vogliono farsi succhiare come mentine da tutti i Leoninus della Corte? Quando partono?-
- Fra due giorni. Trix mi ha detto che Duncan sta discutendo della cosa col Wizengamot. Non capisco perché ma quelle vecchie mummie si oppongono. Secondo Trix ce ne sono altri corrotti, oltre Donovan ammesso che sia davvero possibile che Badomen gli abbia infilato ciò che ha rubato dalla Gringott in tasca.-
- Dio, che allegria.-
- Già.-
- Ma dove sei, scusa?-
- A casa, in ufficio. Oliver sta discutendo in salone con mio padre riguardo all'eredità.-
- La tua?- allibì Howthorne, accedendosi una sigaretta.
- Esatto.-
"Cafone." fu il sibilo di Nora.
- Nora dice che è poco delicato da parte sua.- tubò il Legimors, melenso.
- Chissene frega.- Cloe non sembrò neanche farci caso - Comunque stasera faccio un giro da te, tanto Oliver passerà tutta la serata coi miei, gli zii e le mie cugine a discutere del patrimonio King.-
"Approfittatore."
Damon rise, soffiando fuori il fumo - Nora teme che lui ti voglia per i soldi.-
- Ognuno vuole qualcosa. Soldi, sesso, una morte veloce, il silenzio.- rispose la bionda - Io voglio la pace. E con lui l'avrò di certo. Bene, ci vediamo più tardi. Se riesco mi porto qualcosa da mangiare. Cinese va bene?-
- Ottimo. A stasera allora.-
- A stasera.-


A Cedar House, dopo pranzo, si stava disputando un duello fra marito e moglie all'ultima frecciata.
Era stata una giornataccia per tutti, specialmente dopo essersi svegliati dalla festa di nozze di Caesar Cameron. Lucilla ancora si sentiva pesare in testa i bicchieri bevuti alla festa delle Aquile Dorate, figurarsi il Dom Pérignon che i Cameron avevano fatto scorrere come acqua da una cascata.
Il bello non era quella sbornia da due giorni, che avrebbe piegato le ginocchia a un essere umano normale di due metri e duecento chili. No. Il bello era la faccia sdegnata di Tristan Mckay, come se non dirgli nulla di Tom fosse stato come tradirlo col suo migliore amico o con suo fratello.
A pranzo ne erano volate di tutti i tipi, a cose vecchie del primo anno quando si erano rubati le penne a Hogwarts, al "ci hai impiegato anni a venire a letto con me!" quindi "adesso dovresti velocizzare il tuo bioritmo!"
Insomma, amenità simili.
Essendo di giorno libero Tristan ancora non aveva avuto il tempo di parlare con nessuno, né Harry né Ron o Draco, ma appena aveva cercato anche solo di allontanarsi da Lucilla di qualche passo lei gli si era letteralmente incollata addosso, stringendolo in una morsa al collo e alla vita che, a vederle quelle braccia, uno non avrebbe mai immaginato.
Il fatto poi che fossero incollati come due adesivi aveva fatto desistere Liz dal fare commenti, anche se non era per niente fine che una coppia si scambiasse effusioni fuori dalla camera da letto, mentre Rose, tempestivamente informata da quella deficiente di governante, aveva già cominciato a scegliere i nomi per un futuro nipote maschio.
Da anni aveva anche dei completini azzurri, nuovi di zecca, con corredo di scarpine e berrettini.
Da incubo.
Tanatos non aveva ancora deciso se mandarla al San Mungo o informare Lucilla che presto avrebbe dovuto sopprimere la suocera se Rose andava avanti su quella linea, ma fortunatamente la signora Mckay era troppo presa dalle sue fantasie su una nuova gravidanza per capire che la nuora stava soltanto impedendo a suo figlio di uscire di casa, ricorrendo a qualsiasi sporco mezzo.
Dalle minacce di castità forzata, a vere e proprie avance che, bisogna dirlo, sulla bocca di Lucilla dei Lancaster, essendo così rare, avevano un gusto tale da far perdere la testa a chiunque.
- Ho detto di no!- sbottò Tristan per la terza volta, quando lei gli si mosse addosso con aria felina - Insomma, non sono mica un ragazzino! Ho un minimo di autocontrollo sai?-
La faccia della demone era da presa in giro, così arrossì di rabbia.
- So dirti di no!- scandì serissimo.
- Si?- tubò lei, alzandosi sulle punte e baciandolo rapidamente - Provaci.-
Quella se voleva era capacissima di fargli l'Imperius, si ritrovò a pensare.
E chi sarebbe mai andato, degli Auror, a catturarla per aver violato la legge?
Ora che ci pensava Lucilla avrebbe anche potuto chiuderlo da qualche parte e...dimenticarsi di lui. Svampita com'era su certe cose...dimenticava anniversari, compleanni...una volta anche Degona, quand'era piccola, da Sofia per tre giorni.
- Dai, lascia perdere Harry.- continuò Lucilla dolcemente, strusciandosi ancora e solleticandogli la nuca con le dita.
Solo un perfetto idiota le avrebbe detto di no per la quarta volta. Ancora si chiedeva come aveva potuto farlo le tre volte precedenti. Il suo autocontrollo aveva già reso onore a se stesso...ma ora basta.
Ma si sa, o le occasioni si colgono al volo o...
Entrò Degona nel salone, spalancando le porte come un tornado e rimase poi sbigottita, sentendo l'aria che girava.
- Wow...- fece, alzando le mani - Questa proprio mi mancava...sarà meglio che vada in analisi...-
- No, no!- urlò Tristan, sottraendosi alle grinfie della moglie - Diavoletta, vieni qua!-
- Mi piacerebbe ma...- e additò sua madre - Lei non sembra d'accordo.-
- Si, si che è d'accordo.- e senza sentire ragioni buttò sua figlia seduta con poca delicatezza, piazzandosi di fronte a lei e a due metri dalla moglie - Dunque...-
- Si?- lo incalzò Degona sagace.
- Mi dicevi...di...di...-
- Di cosa?- riecheggiò Lucilla, perfida.
- Ah, si!- scattò Tristan, salvandosi all'ultimo secondo - Che alla festa delle Aquile hai sentito qualcuno, una donna giusto? Che chiedeva vendetta.-
- Esatto.- annuì l'empatica - Ma non ho potuto capire da dove arrivasse. C'era troppa gente.-
- Tanto hanno tutti il cervello pieno d'acqua.- commentò la Lancaster, serafica.
- Mi avete trovato la lista degli invitati?- chiese Dena cautamente.
- E come? Vado dal CT delle Aquile e gli chiedo informazioni sui suoi rispettabilissimi ospiti riguardo al fatto che mia figlia, un'empatica non schedata, avrebbe sentito propositi omicidi da qualcuno alla festa? Howells mi sputerebbe in un occhio... e visto come sputa alle partite, credo che declinerò la proposta.-
- Non possiamo rubarlo?- fece Lucilla.
- Ed ecco le proposte di tua madre.- celiò Tristan - Tutto sotto banco eh?-
Lei lo guardò truce - Siamo di fronte a un'empatica. Idiota.-
- Grazie.-
- Prego.-
- Di cosa parlate?-
Degona li guardò stranita. Che strano...ora che ci faceva caso anche suo padre stava usando l'Occlumanzia.
Proprio come Hermione.
Ma che diavolo stava succedendo?
- Oh...non sarai mica incinta davvero!- sbottò sgomenta.
Sua madre per tutta risposta fece una smorfia disgustata - Sto per dare fuoco alla casa con voi dentro, siete avvisati.-
- Si può sapere perché di tanti misteri?- continuò la giovane strega - E' da un pezzo che sia tu che Hermione sparite e tornate con dei musi atroci. È successo qualcosa?-
- Già tesoro...- cinguettò allora Tristan, melenso - E' successo qualcosa?-
- Si, un futuro divorzio.- minacciò la demone fra i denti - Specialmente se non la pianti di seccarmi. Ti ho già chiesto scusa se non sbaglio.-
- Io di scuse non ne ho sentite.-
- E mai ne sentirai da me.-
Dio, quanto cominciavano a discutere sembrava di sentire due bambini di cinque anni, così Degona agitò la bacchetta e si versò del thè, per calmare i nervi. Anche se ormai era appurato che nascondevano qualcosa.
Un figlio non era però. Almeno quello.
- Vogliamo fare le persone serie per cinque minuti?- propose ad entrambi i genitori - Ok, facciamoci due conti. Chi c'era alla festa di sospetto?-
- Donovan e Brockway per il momento.- disse Lucilla - E la figlia, che quel porco di Donovan si sbatte di notte.-
- Lucilla!-
- Dio, che stress. Ha ragione Nadine, in questa casa non si può parlare!-
- Non sappiamo neanche se è davvero la sua amante.- replicò Tristan - Solo perché i ragazzi l'hanno vista andare a mezzanotte a casa di Donovan non vuol dire che sia la sua amante.-
- E allora che c'è andata a fare? Giocavano a carte?-
- Magari Brockway usa la figlia per fare da corriere o intermediario.- propose Dena, centellinando il thè - Me la ricordo, c'era alla festa. Aveva quel vestito d'oro... e mi è passata vicino...-
- Cos'hai sentito chiaramente?-
- Qualcosa sul vendicare suo padre.-
Lucilla tacque.
Tristan anche.
Ora Degona sentiva la tensione serpeggiare ovunque in quel salone.
- Ok.- disse gelida - Cosa mi nascondete?-
- Niente.- Mc si alzò e raggiunse il tavolino davanti al caminetto. Sopra vi era posato un portasigari del prozio Bernard e se ne accese uno, piccolo e sottile, inspirando l'odore acre e sentendo il fumo bruciare in gola.
- Niente non mi sembra.- commentò sua figlia - Stai usando l'Occlumanzia.-
- E anche male, visti i risultati.- frecciò Lucilla.
- Sentite tutte e due...- sbottò, avvolto in una nube di fumo scuro - Non datemi il tormento e restiamo concentrati sulla figlia di Brockway. È la minore, giusto? Fa il M.A.G.O. l'anno prossimo?-
- Esatto. Si chiama Halley.-
- Ed è minorenne. Draco potrebbe aver ragione. Se ci procuriamo un mandato andiamo in casa di Donovan e vediamo di setacciare tutto. Magari viene fuori quello che Badomen potrebbe avergli infilato in tasca quel giorno a Diagon Alley dopo la cattura.-
- Non sappiamo neanche che camera blindata era, papà. E i registri sono spariti.-
- E poi Donovan potrebbe già essersene sbarazzato. Mica è così stupido.- commentò la demone, buttandosi a sedere accanto alla figlia, già provata da quella discussione e dalle avances a vuoto fatte al marito.
C'era il fatto però, che Degona non sapeva, che anche la donna di fronte ai cancelli di Cameron Manor voleva vendetta per il padre. Quindi ormai era assodato che la donna di Badomen era la figlia di Brockway.
Ma cosa centrava Tom con Brockway? E Harry poi?
Perché la figlia di Brockway avrebbe dovuto volersi vendicare di loro?
Al diavolo, l'aiuto di Degona sarebbe stato fondamentale in quel momento, visto che Caesar era irreperibile, causa procreazione forzata di un erede, ma se solo Degona fosse venuta a sapere che Tom era sparito dalla bellezza di otto giorni...oh, avrebbe dato i numeri.
La conosceva bene...e la Sigillazione di Tom era stata fino a quel momento una spina acuminata nel suo cuore.
Una spina che la faceva ancora sanguinare.
Lei non aveva mai accettato. Anche se aveva capito.
Dopo aver discusso ancora riguardo a Brockway e ai modi in cui aveva potuto liberare Badomen da Azkaban passando facilmente sotto al naso dei Dissennatori, Degona tornò all'Associazione Hayes.
Quando entrambi furono più che sicuri che se ne fosse davvero andata, si guardarono in faccia.
Ormai sapevano bene che era rimasta una sola cosa da fare.
- Draco viene di ronda, stanotte. Gli parlerò io.- disse Tristan, spegnendo il sigaro con stizza - Mi dispiace Lucilla, so che non vuoi. So anche che se lo troviamo dovremo assistere una seconda volta alla sua Sigillazione e che sarà uno strazio per tutti ma non posso permettere che né Harry né Draco vivano in questa sorta di bolla creata da te.-
- Lo so anche io.- mormorò la Lancaster, distogliendo gli occhi dai suoi - Ma speravo di poter evitare a Tom altro dolore. Anche se ora temo solo che sia finito in mani più pericolose di quelle di Badomen.-
- Che intendi?-
- Badomen è un Mangiamorte. Lo venera.- rispose lei, seria - Ma confesso di non riuscire a inquadrare questa donna...e il mago che ha fatto saltare per aria quella strada a Diagon Alley. Sono morti tanti purosangue quel giorno...un Mangiamorte non l'avrebbe mai fatto.-
- Temi anche ciò che hanno visto i Non-Vivi, vero?-
- Si. Quell'assassino assomiglia molto a Tom. La descrizione del fantasma che ora sta a casa di Damon è stata chiara. Capelli neri, occhi scuri ma di sicuro blu...e pelle chiara. Anche l'altezza c'era. Più di un metro e ottanta. Tom è cresciuto in questi anni. E temo che abbiano potuto usargli l'Imperius.-
- E Donovan sapeva che era sparito da Cameron Manor. Sapeva anche di quella Dama dell'Acqua. Avevi ragione.- sospirò, sedendosi con lei e prendendole la mano - Il Segretario è sicuramente implicato. E prima o poi l'aiuto della sorella di Demetrius non basterà più. Troverà un modo per incastrarlo...per diffondere la notizia che Tom è fuggito dalla sua Sigillazione. Quello che non capisco però è il comportamento di Donovan...è davvero implicato in prima persona, è assodato. Ma lui ha sempre odiato Tom, perché farlo uscire? E perché liberare Badomen da Azkaban con l'aiuto di Brockway?-
- Credo ci manchi un pezzo.- mormorò Lucilla fissando il fuoco nel camino, come ipnotizzata, anche se forse era il contrario - Credo che il pezzo che ci manca sia ciò che lega Badomen, Donovan e Brockway.-
- Intendi quella donna. La figlia di Brockway.-
- Esatto.-
- Credo che Dena debba fare una lettura per noi il prima possibile.-
- Lo credo anche io.- annuì Tristan, piegandole il capo contro la sua spalla - Noi che facciamo intanto?-
- Io sono stanca.- sussurrò lei, lasciandosi abbracciare - Ti prego, restiamo un po' così.-
- Per tutto il tempo che vuoi.-


Caesar Cameron stava con la schiena contro lo stipite della porta.
E fissava la stanza, ormai vuota da giorni.
- Mi sembra ieri che Lucilla l'ha portato qui.-
Hermione si volse appena, sorridendogli tiepidamente.
Era la stanza di Tom. I suoi vestiti, i suoi libri, le sue cose...c'era ancora il suo leggero sentore ovunque.
E c'era freddo. Freddezza, calore. Alterigia, tenerezza.
Esattamente quello che lui era.
- Perché hai accettato un bambino umano in casa tua?- gli chiese la strega, continuando a sfogliare con dita delicate e riverenti le pagine di un libro di magia, l'ultimo che Tom aveva toccato prima di sparire.
- Lucilla teneva molto a lui. Vent'anni fa l'avevo praticamente rinchiusa qui, così mi presi a cuore l'unica cosa a cui ancora tenesse. Sembra passato così poco tempo...-
- Hai dei sensi di colpa Caesar?- mormorò, scostandosi i ricci dorati dalle spalle.
- Avevi ragione tu. Troppa indifferenza.-
Chiudendo il libro si girò a fissarlo, ora piena di calore.
- Non direi. Ti sei fidanzato e sposato nel giro di tre giorni.-
Cameron piegò diabolicamente le labbra, grattandosi il collo - Ho dei cedimenti anche io.-
- Si, direi.- rispose, avvicinandosi e sistemandogli il collo della camicia bluastra, chiudendogli un alamaro d'argento sotto al collo - Ma tre mesi passano in fretta Caesar. Stai attento. Non fartela portare via.-
Denise.
Incredibile.
Per secoli e secoli una pietra nel petto e...poi in un lampo quella pietra diventa qualcosa di più.
Palpita, prova sentimenti, emozioni, prova amore.
Incredibile per lui, dannazione.
Si lasciò abbracciare, sentendola felice per lui.
Era bella l'empatia a volte.
La felicità di lei, aggiunta alla sua.
- Mi piace solo per quello che ti sta facendo.- gli disse, scostandosi - Sei diverso.-
- In che senso?-
- Non è la tua bieca libidine.- ironizzò maliziosa - E' qualcos'altro. Perché non me l'hai detto?-
- Cosa?-
- Che sei innamorato.-
Caesar si morse il labbro, scuotendo il capo e stringendosi nelle spalle.
Lo faceva ancora, forse per difendersi da quella parola, dal passato.
- Non lo so. E' uguale e...diverso da quello che provavo per Imperia.-
- E il senso di colpa?-
- Non credo che sparirà mai.-
- Non sei stato tu a ucciderla.- sussurrò Hermione, carezzandogli la guancia gelida - E' stata lei. Non stava bene in questo mondo e tu lo sai. Ti amava tanto Caesar...ma non ce l'ha fatta. Solo perché il tuo cuore per lei non ha mai battuto tanto non significa che tu non l'abbia amata con altrettanta intensità.-
- Suona bene a parole.-
- E' la verità. E non dovresti stare qui. Dovresti andare a occuparti di Denise.-
Stavolta lui sogghignò - E' un invito a levarmi dai piedi?-
- E' un invito a fare il tuo dovere. La prima notte di nozze come l'avete passata?-
Caesar, che non amava parlare di sesso ma solo farlo, si limitò a levare le sopracciglia.
- Non voglio neanche discuterne con te.-
- Perché? Prima di essere una ex amante sono un'amica.-
- No, sei una spina nel fianco come tutte le donne. Lucilla in capo a tutte.-
- Ok, quindi non avete ancora fatto sesso.-
- Io e Lucilla mai.-
- Imbecille. Parlo di tua moglie.-
- E con questa bella frase credo me ne andrò a scolarmi le bottiglie di Chardonnay rimaste.- le scoccò un bacio in fronte - A presto.- e sparì lasciandosi dietro la sua immagine residua, insieme alle risate della strega.
Finalmente, pensò Hermione chiudendosi la porta alle spalle.
Finalmente era felice.
La gioia per lui però sparì, quando tornò alla grande scrivania di ciliegio.
Tom.
Tutto lì parlava di lui.
Il Pensatoio, così pieno e vorticoso. I libri e il suo amore per la conoscenza, le pozioni, l'odore delle erbe magiche, i modellini in scala del sistema solare...piccole cose che raccontavano così tanto.
Spostando un grosso tomo di Storia della Magia però, qualcosa le scivolò ai piedi.
Foto.
Le raccolse e chiuse le palpebre, sentendo le lacrime pungerle gli occhi ma sbatté forte le ciglia più e più volte.
Le mancava così tanto.
Quando si sentì meglio però, trovò accanto a lei una presenza inquietante.
Sinistra.
Aveva capito di temerlo, senza saperne il motivo.
Ma Vlad non guardava lei.
Guardava le foto che teneva in mano.
- Le ha tirate fuori da poco.- sussurrò il demone con voce roca - Prima non le ho mai viste.-
Hermione lo fissò attentamente. Erano amici lui e Tom, si ritrovò a pensare.
Non seppe spiegarlo ma vedeva in quegli occhi bianchi da guerriero ciò che c'era anche nello sguardo di Caesar, quando si posava su di lei.
Era affezionato a Tom.
Nonostante quel demone avesse il sentore della morte.
- Chi sono?- le chiese. Si poggiò coi fianchi alla scrivania, accendendosi una delle sue sigarette alla menta.
Lei sorrise, passandogli la foto.
- I suoi amici e compagni di scuola. Credo sia stata scattata in un giorno di lezione normale.-
- Quei simboli sulla divisa sembrano quelli del suo tatuaggio.- commentò Stokeford.
- E' vero. Tom era un Grifondoro.-
- Fammi indovinare. Anche tu, vero?-
- Come lo sai?-
Vlad non staccò l'attenzione dalla foto - Sembri una che ama la guerra.-
Ma tu guarda. Prima le davano della guerrafondaia, poi della sanguinaria.
Maschi.
- Questa è una vampira.- disse Vlad di colpo, stranito - Che cazzo, ma che amici ha?-
- Te compreso?-
Fece una smorfia, rimettendosi la sigaretta in bocca - No, è una Diurna...però. Bella sfiga.-
- Perché?-
- Perché l'anima in un corpo di demone è come un cancro.- le spiegò a bassa voce, sfidandola a negare - Ti rovina, divora ogni cosa. E poi ti spacca in due parti. Meglio vampiri per sempre che un giorno solo da Diurno.-
Hermione pensò a Trix.
Un cancro.
L'anima era davvero come un cancro?
L'anima di un disperato come la sua...poteva esserlo?
- E questo?- Vlad soffiò altro fumo - Però, aveva amici facoltosi...- e le indicò Damon.
- E' un Lord e un Legimors. Come fai a saperlo?-
- Non sapevo che fosse un Lord. Ma non intendevo questo.- e la guardò eloquente - Parlo della sua testa...- e passò la mano in aria a qualche centimetro sopra i capelli biondi - Gliela vedi?-
- Che cosa?-
Damon era normalissimo. Guardava con la solita aria scazzata l'obiettivo. Ma in testa non aveva niente.
Vlad lasciò subito perdere - Già che voi umani non vedete queste cose.-
- Ma di cosa parli?-
- E' un Legimors hai detto?-
- Si.-
- Ecco spiegato tutto.-
- Non capisco cosa stai dicendo.-
- Non importa.- tornò a studiare la foto - Questo è un mannaro?-
- Si, è il principe dei Greyback. L'altro, quello piccolo, è il figlio di Jeager. Ora ha ventun'anni.-
- Il mondo è bello perché è vario.- sospirò Stokeford - Almeno adesso capisco molte delle sue idee.-
Già. Vivere in un mondo scaglionato da classe e gerarchie non era mai stato facile per Tom.
Per questo aveva vissuto il più possibile secondo le sue stesse regole.
Classe e sangue...non erano mai state niente per lui.
Era proprio vero che la discendenza non era poi così importante. Lui ne era la prova vivente.
Voldemort aveva avuto ragione.
Sangue, ossa e carne...non erano una garanzia.
Da lui era nato un essere così puro da sembrare una beffa del destino.
E per uno come Lord Voldemort, di sicuro lo era.
La beffa più grande di tutte.


Era sorto il sole. Ed era tramontato.
Thomas Maximilian Riddle però non aveva visto uno spiraglio di luce quel giorno.
Le finestre di quella casa erano inchiodate.
Si accorgeva dello scorrere del tempo solo quando, fra un dormiveglia e l'altro, i suoi occhi velati si posavano su un orologio appeso al caminetto di quella stanza logora.
Un orologio d'ebano, dalla cornice spezzata, ma con inserti di piombo e rame che un tempo dovevano essere stati molto costosi. Tutta quella tenuta in effetti sembrava essere stata molto rigogliosa.
Le undici.
Tom si svegliò di nuovo grazie a una fitta straziante.
La sua schiena.
Serrò le mascelle per il dolore, lasciandosi sfuggire un gemito soffocato.
E in un attimo, senza che lui neanche si fosse accorto della sua presenza, quell'uomo gli apparve accanto.
In ginocchio, l'espressione più esaltata ed affascinata che mai.
- Come state padrone?-
Perché?
Perché continuava a chiamarlo padrone?
Aveva vaghi ricordi di quando la sera prima era apparso in quel luogo.
Ricordava Viola, che l'aveva condotto fuori dall'Azmodeus Club.
Ricordava la neve per le strade di Londra...il vicolo buio. La mano piccola e quasi scheletrica di Viola sul capo.
Cos'aveva detto? Dove l'aveva mandato?
"Che la casa di tuo padre possa accoglierti..."
No.
No, non poteva essere.
- Dove...- deglutì, sentendosi la gola ancora in fiamme - Dove sono?-
- Al sicuro, mio signore.- rispose Badomen, gioendo nel sentire la sua voce e azzardandosi ad un tono più confidenziale - Come ti senti?-
Tom si agitò sui guanciali, a torso nudo e con una spessa benda di seta a serrargli il fianco ferito.
- Padrone, devi stare fermo.- disse Badomen, schiacciandolo sotto la coperta senza sentire storie - Sei stato ferito gravemente. Ma chiunque sia questo cane, sappi che non vivrà ancora a lungo. Gli farò patire le pene dell'inferno, vendicherò il tuo nome, non temere. Ti sarò devoto. Sempre, sempre.-
Sembrava un delirio.
Parole sconnesse.
Tom richiuse gli occhi un istante.
Lo chiamava padrone.
Non poteva essere vero.
Forse era un sogno. Un incubo.
Il veleno gli stava procurando le allucinazioni.
Eppure era sveglio... il dolore alla schiena e quello causato dai morsi di Viola non era un'allucinazione.
Ma allora...
- Dove sono? Chi sei tu?- alitò debolmente.
- Siete in salvo, a Little Hangleton. Nella vecchia casa dei Riddle. E io sono Craig Badomen, mio signore.- e fece un cenno profondo col capo - Forse non mi conoscete. Ma ho servito a lungo e bene Vostro Padre.-
Padre.
Lord Voldemort.
I flash di tanto tempo prima gli trapassarono la testa come una freccia infuocata.
L'Arca, la notte perpetua, le fate, Harry...Mezzafaccia.
Voldemort che...moriva fra le sue braccia.
Il Marchio Nero.
Badomen...
Ricordava quel nome.
Aveva come una sensazione di dejà vu.
Possibile che l'avesse già sentito?
Forse...ecco, ora ricordava! All'Azmodeus Club! Era stato Dark a dirgli del ritorno dei Mangiamorte! Del Marchio Nero, sopra Diagon Alley. E di...quella strage.
Ora ricordava.
Qualcuno doveva avergli scagliato un Oblivion.
- Oddio.- mormorò, alzando la mano ferita da Viola e chiudendosela sugli occhi - Oddio...-
- Padrone, non stancatevi.- ordinò Badomen, alzandosi in piedi rapidamente e riacquistando la sua sicurezza - La pozione che vi ho fatto bere mezz'ora fa deve ancora fare il suo effetto. Entro un mese starete bene. Ma prima devo abbassarvi la febbre. Chiunque sia stato a farvi questo ha usato ingenuamente del veleno...e voi ne siete immune. Non vi ucciderà, anzi.-
L'avrebbe reso più forte.
- Vi renderà più forte.- disse infatti, quasi con orgoglio malsano - Ma d'ora in poi il veleno scorrerà per sempre nelle vostre vene. Proprio come accadde al grande Lord Oscuro.-
Tanto c'era sempre stato veleno dentro di lui.
Non era sangue.
Era veleno. Veleno puro.
Sangue Black e sangue Riddle.
Peggio dell'acido, peggio della più grande delle maledizioni.
- Padrone. Sapete chi è stato a farvi questo?-
Tom non rispose.
Non lo sapeva.
Non gl'importava.
Voleva dormire.
Voleva morire.
Ma riaprì gli occhi, avvertendo un sibilo acuto nella testa.
Girando appena il capo dolente e pesante per la febbre alta, vide l'ombra di Badomen stagliarsi nella stanza.
Registrò tutto di lui. I suoi lineamenti, il suo viso, il taglio degli occhi. Il mento forte e sporgente.
Ma capì subito cos'era quella sensazione che non lo lasciava dormire.
Era...il Marchio Nero. Impresso sul braccio di quel Mangiamorte di cui lui otto anni prima non aveva mai sentito parlare. Dov'era stato per tutto quel tempo?
Non ricordava di averlo mai visto a Dark Hell Manor otto anni prima.
- Davvero non ricordate nulla? Chi è stato a ferirvi?-
Una donna.
Quella donna nel vicolo con la voce bassa e gutturale.
Quell'odore forte...di lavanda. La sigaretta a terra...
- Una donna.- mormorò - E' stata una donna.-
- Un Auror di ronda?-
Scosse la testa, ormai stremato.
E Badomen annuì.
- Molto bene, padrone. Per ora riposate. Dovete rimettervi in forze.-
Oblio.
Voleva solo quello.
Poi svegliarsi...e magari essere insieme a Viola.
Gli sembrava di essere una foglia in preda al vento.
Come se ormai, in qualunque posto fosse mai finito, niente avrebbe più potuto riportarlo a casa.
Da Caesar, Vlad, Denise, Val e gli altri.
- Morirà padrone. Lo uccideremo, fidatevi.-
Voleva tornare a casa...
- Uccideremo Harry Potter questa volta! E chiunque oserà intralciarci.-
Harry.
Tom aprì gli occhi istantaneamente.
Harry.
Non ne conosceva il motivo ma se lui non aveva mai visto quell'uomo, Badomen a sua volta non sapeva dei suoi rapporti con Harry e gli Auror.
Possibile che lo facesse apposta? Era invasato a tal punto?
No, gli sembrava una persona lucida.
Davvero non sapeva del suo passato...e questo, forse, poteva giocare a suo vantaggio.
- Dove...dove si trova il bambino sopravvissuto?- gli chiese, facendo leva su un gomito per sollevarsi dai guanciali.
Badomen fece una ghignata, restando di spalle contro il camino, a trafficare con una pozione dall'orrido odore che rovesciava in grossi calici di bronzo rifiniti accuratamente - A Londra, mio signore. Dicono che abiti di fronte a Kensington Gardens. Ma è presto per voi, per entrare in azione. Datemi retta, riposate, raccogliete le forze. Ci aspetta la quarta guerra fra Auror e Mangiamorte. E state sicuro mio signore, che questa volta cammineremo sui loro cadaveri.-
Oh, sarebbero caduti cadaveri, pensò Tom.
Ma non quello di Harry.
I suoi occhi blu si tinsero quasi di nero.
Vlad era stato un buon maestro dopo tutto. Non avrebbe dovuto farlo vergognare oltre, restando sdraiato come un moribondo un istante di più.
Stava per mettersi a sedere, fregandosene del dolore che lo squarciava in due, quando Badomen credendolo addormentato se ne andò dalla stanza.
Stava parlando con qualcuno nel corridoio.
Dalla voce flautata e sibilante al tempo stesso doveva trattarsi di un demone impuro.
I toni erano bassi ma...capì comunque qualcosa...stavano parlando di qualcosa riguardo la Gringott.
- D'accordo, d'accordo!- tuonò Badomen all'improvviso - Dannazione, se vuoi una cosa fatta bene devi sempre fartela da solo! Dì a quel bastardo di aspettarmi a casa sua e di non muoversi! Fra lui e Brockway mi sembra di avere a che fare con due larve!-
Ci fu un rumore di passi, qualche maledizione borbottata fra i denti poi Badomen parlò di nuovo.
Ma la voce gli rispose era femminile.
- Non è saggio uscire Craig.-
Un tono seccato, sarcastico e di accusa.
- Finirai per ammazzare qualcuno. Come se non avessi già abbastanza problemi a nasconderti sempre.-
- Non fare la lagna tesoro.- fu la replica annoiata - Non mi piace questa calma. Sono fuggito da tre giorni ormai e gli Auror sembrano solo oziare.-
- Solleverai un polverone inutile.-
- Devo forse ricordarti che vado fino a Londra per recuperare tutti i campioni di pelle e capelli che tanto ti servono?-
- No, infatti non c'è bisogno che me lo ricordi. Ma sono stufa di tutti i cadaveri che dissemini in giro Craig! Il Segretario è stato chiaro.-
- Me ne frego di lui. Centellina ogni campione che ci passa...non fosse per le pozioni Polisucco che abbiamo in così gran quantità grazie a lui, l'avrei già sistemato.-
- Certo e poi chi ce la garantisce più l'aiuto di Brockway?-
Badomen sbuffò - Senti, fa come ti pare. Io vado a prendere quello che ti serve, tu almeno vedi di occuparti del padrone. Fa in modo che dorma e che nessuno lo disturbi.-
Silenzio.
Tom aprì le palpebre di uno spiraglio.
Vide un mantello chiaro sulla porta.
E alle narici gli arrivò un odore...che non stentò a riconoscere.
Sentì lo sfrigolio leggero di una sigaretta schiacciata nel portacenere...e poi la lavanda impregnò ogni cosa.
Badomen era appena andato via e un istante più tardi Tom spalancò gli occhi, sentendo due mani grifagne schiacciargli la carotide.
- Mi sei tornato a tiro, maledetto!-
Lo stava strozzando!
La vide china su di lui, nascosta da un cappuccio...ma la voce, l'odore...era lo stesso!
Era la donna che l'aveva colpito con quella freccia una settimana prima! Quella che l'aspettava, dopo che la Dama dell'Acqua l'aveva portato via da Cameron Manor!
- Ti avevo avvisato quel giorno!- gridò quasi, con vocetta sinistra - Ma sei perseguitato dalla fortuna Thomas Maximilian Riddle! Quando Craig tornerà gli darò la tragica notizia...ne sarà oltremodo distrutto...- e serrò più forte, come se nelle mani avesse avuto una forza estranea a quella di una donna così gracile -...come tutti i ripugnanti Mangiamorte come te! MUORI!-
Il fiato.
L'ossigeno...quasi non gli arriva più ai polmoni.
Ma doveva tentare...
Con le sue ultime forze spinse le mani di quella pazza più in basso sul suo collo.
Sempre più in basso.
Era l'unico modo per allontanarla.
Quando lei, infatti, finì per toccare il suo collare di platino ci fu un lampo di luce bianca.
E fu così forte che Tom neanche sentì il grido di lei, che finiva contro la parete opposta alla stanza.
La vide schiantarsi di schiena e poi cadere bocconi, intontita.
E lui nel frattempo riuscì ad alzarsi. Vide la sua bacchetta sul tavolino accanto al caminetto. Alzò la mano e questa raggiunse subito il suo padrone. Ebbe anche qualche secondo per vestirsi, infilando una camicia grigio fumo trovata lì vicino e un mantello imbottito di pelliccia, completamente nero. Forse lasciati da Badomen.
Mentre la sua assalitrice giaceva ancora a terra si guardò attorno, magari alla ricerca di un arma, qualsiasi cosa, anche una piccola lama, ma rimase di sasso invece...quando mettendosi in ginocchio il cappuccio e il mantello della donna scivolarono di lato.
Non aveva mai visto nulla di simile...mai.
Era...un relitto.
Spalle ricurve, un'enorme gobba sulla schiena, mani come ustionate. Cicatrici su ogni parte visibile delle sue braccia.
La testa era quasi completamente priva di capelli, anche quella ricoperta di segni simili a ustioni.
I pochi capelli erano stopposi, color pelo di topo.
Ma ciò che lo sconvolse fu il viso...un ammasso di pelle cicatrizzata e deformazioni in cui spiccava solo un occhio castano. L'altro era coperto da un sopracciglio cadente.
Si fece indietro, tremando, mentre lei lo fissava ricolma di odio.
- Guarda come mi avete ridotta tu e tuo padre!- gli urlò rauca, rimettendosi in piedi - E' solo merito vostro! Te la farò pagare, figlio del Lord Oscuro! Te la farò pagare cento volte, tanto che l'inferno nelle prigioni degli Zaratrox ti sembrerà un paradiso in confronto a ciò che ti farò io!-
Non rimase un minuto di più.
Ogni luogo, anche l'Azmodeus Club o il letto di Viola Leoninus era meglio che laggiù.
Riuscì a Smaterializzarsi, dando fondo alle ultime energie di cui disponeva.
E finalmente rivide la neve.
Un cielo nero come l'oblio...e le belle chiome di Kensington Gardens.
Le aveva dimenticate.
Erano sempre state magnifiche...animate. Vive.
Mosse dei passi, andò dove lo conduceva qualcosa a cui non sapeva dare nome, dove lo conduceva un legame più forte del sangue.
E infine crollò. Faccia nelle neve, avvolto nel mantello.
Sognò di essere a casa.
Anche se questa casa non aveva contorni definiti. Sapeva solo chi c'era dentro.
Il sogno più bello che avesse fatto negli ultimi tempi...

Nello stesso momento, Glorya Artemisia Malfoy si svegliò di scatto, madida di sudore e col cuore che le batteva all'impazzata. Si sentì tremare tutta, come succedeva sempre quando sognava lui...
Prima chiuso in una bara d'acqua, poi attorniato di vampiri, morso da un demone biondo travestito da fata, poi strangolato da un mostro e ora...
Glory si volse lentamente verso una delle finestre delle sua stanza.
Le tende erano tirate. Lei dormiva solo se era buio pesto.
Ma quel sogno...l'occhio destro, quello dorato che vede il presente, le bruciava.
Possibile che...quel mago che sognava sempre fosse scampato a un altro guaio?
Troppo nervosa per rimettersi a dormire scese dal letto, stretta in un pigiama incantato che la teneva al caldo nonostante la temperatura gelida, e così s'immerse nelle ombre della Lucky House.
Pensò di raggiungere i suoi genitori ma poi ricordò che suo padre doveva fare il turno di notte.
Probabilmente era in bagno, si stava preparando ad andare al Ministero. E sua madre dormiva...preferì non svegliarla.
E doveva fare piano o avrebbe svegliato anche Lucas che, anche se dormiva dall'altra parte della casa, aveva il sonno così leggero da fare a gara con un marine in trincea.
Scese i gradini dello scalone uno a uno, con gli stivali di pelo e tela ai piedi che attutivano di molto il rumore e si diresse in cucina, accendendo le luci.
Si stropicciò gli occhi, guardandosi attorno.
Fra il legno lustro e il cotto del pavimento non c'era nulla fuori posto. E gli elfi erano andati a dormire.
Ma prima o poi sua madre se ne sarebbe accorta...e allora si che sarebbero stati cavoli amari per suo padre.
Tranquillamente sbadigliò e aprì il frigo.
Stava mettendo a scaldare una tazza di latte nel microonde quando l'occhio destro tornò a bruciare.
Di nuovo.
Vide di nuovo quel mago in mezzo alla neve.
Era caduto...e non si rialzava.
Un attimo...
Glory deglutì, restando con la tazza a mezz'aria. Riconobbe qualcosa...un'aiuola rotonda, coperta di neve.
Ma sormontata da una statuetta. Due piccoli draghi dalle ali incrociate.
Senza fiatare Glory mollò la tazza sul bancone, spostò poi una sedia sotto la finestra della cucina e ci salì sopra.
La luce bastava a darle la visuale dell'ingresso della Lucky House.
Un secondo più tardi risaliva velocemente lo scalone e si precipitò nel bagno dei suoi genitori.
Draco stava rimettendo a posto il rasoio e rimase perplesso, vedendo il faccino arrossato della figlia.
- Ehi, principessa. Brutto sogno?- le chiese.
- Papà...- ansimò la piccola strega per lo sforzo - Papà...c'è qualcuno di fronte alla porta. È svenuto...nella neve.-
Malfoy corrucciò la fronte, mettendo subito però mano alla bacchetta nella tasca posteriore dei pantaloni.
Si sporse dalla finestra del bagno, a sua volta, e vide una sagoma nera riversa nella neve, proprio accanto all'aiuola rotonda dell'ingresso.
Dalla sagoma sembrava un uomo.
Per sincerarsene Draco non perse tempo e scese al piano terra. Aveva la bacchetta bassa ma passando accanto al salone alzò il palmo e uno dei fioretti appesi sopra il camino planò direttamente fra le sue dita.
- Resta indietro Glory.- le disse, aprendo il battente.
Fuori c'era solo l'ululato del vento. Neve, neve, ancora neve.
Non si vedeva quasi nulla.
Ma quell'uomo era davvero lì...
Si mosse lento, bacchetta e spada puntate all'intruso che però non dava segni di vita. Chissà da quanto era steso lì.
Ormai a un passo, Draco lo colpì leggermente alla spalla con la punta dello stivale.
Nulla. Era interamente avvolto nel mantello. E sul candore della neve notò delle chiazze rosse.
Schioccando la lingua con disappunto, continuò a chiedersi chi era il disgraziato che era venuto a crepargli di fronte alla porta di casa fino a quando, sempre con lo stivale, non lo fece rotolare supino.
E se la spada e la bacchetta non gli caddero di mano fu tanto.
Tutto si sarebbe aspettato.
Anche il diavolo in persona...
Ma non lui...
Non lui.
Si chinò con una lentezza esasperante, il braccio che gli tremava perché quando gli abbassò il collo del mantello e vide il collare di platino con quella scritta, T.M.R. non ebbe più dubbi.
- GLORY!- urlò, facendo scattare la bambina - Svelta, butta giù dal letto Harry e la mamma! Ti prego, sbrigati! Dì alla mamma di chiamare Efren! Fai presto!-
La bimba non se lo fece ripetere più volte e in pochi secondi, attirati dalle urla, tutti gli abitanti della Lucky House si svegliarono. Tutte le luci si accesero ma Draco non badò al freddo mentre si prendeva in spalla il cugino.
Non badò alle domande che gli sorsero spontanee. Non badò alla sua atroce paura nel vederlo in quello stato.
Lo strinse forte e lo portò dentro, chiudendosi poi la porta di casa alle spalle.
Magicamente.
Poi fu solo un susseguirsi di espressioni sgomente di Elettra, degli occhi dorati di Hermione che parvero chiudersi, quasi con sollievo.
E Harry Potter, il bambino sopravvissuto.
Che in piedi sullo scalone vide ogni cosa.
Vide il sangue, lo vide ferito, lo vide quasi morire.
Ma rimase in silenzio.
Il sogno della notte prima e ora questo...gli dissero chiaramente ciò che doveva fare.
Magia, guerra, speranza e destino.
Era questo. Lui era solo questo.
E ora che il suo più grande desiderio si era realizzato, doveva fare una sola cosa.
La sua bacchetta.
Il suo potere.
La sua maledizione.
Che bruciasse quella cicatrice.
Che bruciasse pure.
Lo spettacolo doveva continuare.







 
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