Capitolo 21°

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view post Posted on 12/2/2009, 22:34
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*Gryffindor* nel cuore, ma il mio sguardo è di ghiaccio, nel mio sangue il veleno scorre irriverente

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Secondo Oliver Trust, il genealogista supremo, ma anche conosciuto come Trust il Matto, o il Sospensorio troppo stretto, era necessario, anzi, fondamentale avere come base famigliare per tramandare il proprio sacro nome di maghi almeno un erede maschio.
Un unico erede maschio almeno. E su questo era categorico.
Quindi cosa potevano dire i Linton, famiglia di grandi maghi mercanti d’arte da sempre uniti alla famiglia reale d’Inghilterra, che come ultimi eredi a mandare avanti il loro nome avevano.ben 7 figlie?
Uno spreco, aveva detto Oliver quando aveva conosciuto le WITCHES, come Cloe King chiamava le sue cugine.
Eh si.
La madre di Cloe, Mary Linton King aveva un fratello maggiore, John Linton e una sorella minore, Ruth Linton che si era sposata e divorziata nel giro di quattro anni, dando così alle sue quattro figlie il suo stesso cognome.
John Linton invece di figlie ne aveva avute tre e un’altra cosa da dire su questa importante famiglia era che si trattava di maghi estremamente superstiziosi e fissati con i giochi di parole, cosa che però non si era trasmessa in via sanguigna a Mary Linton, fortunatamente.
Considerando la fortuna di avere ben sette figlie, mai interrotte dalla nascita di un maschio, John e Ruth Linton avevano fatto una scelta strategica per i loro nomi, usando le lettere della parola Witches. E così era iniziata la tradizione, prima con la nascita di Winona, 23 anni, la primogenita perfetta che era nata vecchia, quasi una mamma e che probabilmente non si sarebbe mai sposata. A un anno di distanza Isobel, la combattente e la maliziosa di famiglia che era diventata studiosa di Filtri d’Amore dopo la carriera di modella durata tre anni, quindi Tyra di 21 anni, programmatrice di mostre alla Tate Gallery per maghi e streghe dell’alta società. Due anni dopo anche Ruth Linton era rimasta incinta la prima volta, di Candace, l’animalista del parentado. Poi Hailey, di 18 anni, testa bionda rasata e vestiti di pelle appena uscita da Hogwarts. Infine Eleaonor, l’appassionata di giornalismo e per ultima la sedicenne Sibilla, la cocca di casa.
Che dire delle Witches?
Erano un branco di faine che Cloe, da che aveva memoria, non aveva mai tollerato se non alle feste comandate per poche ore a tavola o alle feste danzanti, quando poteva chiudersi in bagno e sparire.
Ma quel giorno, quel 29 giugno, in campagna nel Devon alla tenuta dei King immersa in vigneti e grandi campi magici di erba altissima e smeraldina, soffice come una nuvola e ricolma di papaveri e tulipani, ovviamente fatti crescere grazie agli esperti coltivatori alle spese della famiglia King.
Dalla tenuta, una casa in puro stile coloniale dall’immenso tetto rosso e da una grande balconata al secondo piano che dava una vista magnifica di tutta quella parte così suggestiva del Devon, si godeva anche un magnifico panorama di quei campi di tulipani.
A cingere quella nona meraviglia del mondo, si trovava un piccolo boschetto di caccia molto famoso per i suoi sentieri che ospitavano ogni sorta di essere magico e anche ogni sorta di preda di caccia.
Per non parlare dei percorsi da equitazione.
Sarebbe stato tutto magnifico per Thomas Maximilian Riddle, dopo secoli di reclusione scelta e forzata.
Il sole, il vento sulla faccia, il calore sulla pelle.
E Oliver Trust.
- Dio, uccidetelo.- sibilò, mettendosi le cuffie nelle orecchie non appena lui, Damon, Neely e Beatrix scesero dalla carrozza degli Howthorne, di fronte all’ingresso.
Trust se ne stava lì sullo spiazzare, seduto comodamente a un passo tavolino di marmo, sorretto da piedi in ferro battuto. In mano teneva un cocktail con uno spicchio d’arancia e stava parlando con Mary King, sua sorella Ruth e Winona Linton, la nipote di entrambe. Poco lontano, gli uomini di casa, il duca, suo cognato John Linton e Brian.
Non appena li vide, Brian li salutò con un sorriso.
- Brian è dimagrito parecchio.- commentò Neely, mentre Damon l’aiutava a scendere dalla carrozza.
- Già.- fu il laconico commento del Legimors.
Inutile.
La sua ragazza lo scrutò per un istante di troppo e lui abbassò lo sguardo.
- C’è un sole che spacca le pietre.- si lagnò Trix, con gli occhiali scuri ben saldi sul naso.
- Dici?- replicò Tom, quasi del suo stesso tetro umore - A me sembra normale.-
- A me invece sembra che potresti avere un’aria meno scazzata.- frecciò Howthorne.
- Si, potrei.- Riddle sorrise melenso - Andiamo? Ho una gran voglia di parlare di aumento delle nascite.-
- Possiamo evitare?- masticò Damon, salutando il cocchiere che se ne andò alle stalle.
- Perché? E’ così interessante.-
- Quand’è che sei diventato così dispettoso eh?- ironizzò la Vaughn, mentre s’incamminavano.
- Sai com’è.otto anni insieme a gente strana finiscono per tarare il cervello.-
- Allora mi stupisco di come tu sia rimasto sano di mente a Hogwarts.- sorrise Neely, prima che raggiungessero la duchessa. Altri saluti e altri abbracci, poi vennero condotti all’interno della villa e sistemati nelle loro camere.
Buttandosi sull’ampio lettone a baldacchino, Tom si lasciò andare con un gemito.
La camera era sfarzosa ma non troppo e si godeva un’ottima vista.
Decisamente quella visita al Ministero in cui aveva proclamato come un idiota di essere uscito da Cameron Manor in tempo per i fuochi d’artificio dei Mangiamorte non era stata poi la cazzata che lui, Harry e Draco avevano pensato.
Dal lato delle amenità poteva finalmente permettersi di mettere il naso fuori dalla Lucky House ma anche il fatto di essere reperibile sembrava aver convinto Damon e specialmente Trix che ora potevano portarselo ovunque.
Era cominciato tutto dalla cena a casa di Damon, il giorno dopo dai King, poi la gita odierna nel Devon e.nei giorni seguenti la Riunione del loro anno. Chissà dove.
E quel maledetto dolore alla schiena non spariva.
- Stanco?- gli chiese Howthorne, entrando tranquillamente dalla porta.
- Ho dormito male.- mugugnò Tom, restando sdraiato a fissare il soffitto.
- Hn.- il Legimors si accese una sigaretta - Perché?-
- Male alla schiena.-
- E basta?-
Tom rise, volgendo appena il capo verso di lui.
- Sono già sdraiato, ma non sono ancora morto. Non ci tengo a farti fare lo strizzacervelli anche in vacanza.-
- Bah, tanto ormai ci sono abituato.- Damon raggiunse la finestra e si mise a scrutare i campi attorno alla tenuta - Dopo pranzo Oliver mi porta alle corse.-
- Implicitamente non sono invitato presumo.- soffiò Riddle, cercando in tasca e infilandosi fra le labbra una sigaretta - Non gli sono simpatico.-
- Non è che tu abbia fatto molto per dimostrarti l’angioletto che eri.-
- Scusa, lui invece è così amichevole.-
Damon rise, appoggiandosi alla mensola coi fianchi, osservando divertito i rivoli del fumo della cicca alla mente del suo migliore amico che si sollevano in aria, volubili e sinuosi.
- Cosa ti fa credere che sia a causa sua che non ho dormito?- gli chiese Tom, sarcastico.
- Il fatto che sia ricco, che abbia la lingua velenosa quanto la tua e sia fidanzato con Cloe?-
- Oddio.- l’ex Grifondoro emise un gemito disgustato, mettendosi un cuscino sulla faccia - Dovevi proprio dirlo vero?-
- Ehi, mica sono io quello che da Re della Cortesia è diventata la brutta copia di una trash stella del punk.-
- Ma che gli ho detto? Mica sono stato maleducato.-
- No, hai solo fatto sbrodolare Trust col Pinot nero sulla sua costosissima camicia da duecento falci.-
- Duecento falci per una camicia?- fece Tom ironico - Però, neanche un gay.-
- Sei intrattabile.-
- A volte capita anche a me.-
- E anche con Cloe lo sei.-
- Non l’ho notato.-
- Piantala.- Damon rise appena - Vi ho visti ieri sera.-
- Credevo ascoltassi l’idea capitalistica di Trust.- sentenziò l’altro, alzandosi e iniziando a sfogliare con lo sguardo i titoli dei libri che erano contenuti nella libreria accanto al letto - Pensa se Neely fosse sterile.o se tu fossi sterile.niente maschi.-
Stavolta Howthorne sospirò seccato.
- Ho capito, lo detesti.-
- Si ma perché è un idiota.- Tom chiuse di botto un tomo, sempre più irritato - E detesto quella specie di essere che cammina e che ha la faccia di Claire.-
Dio, fa che sia vero.
E’ questo che continuò a pensare Damon per tutto il giorno.
Era questo che voleva
Rabbia e repulsione verso la nuova Cloe, un’estranea che
Come primo passo, in fondo, non poteva aspettarsi altro.
- Ehi, gente.- Trix arrivò a chiamarli - Andiamo, comincia la festa.-
Eh già.
Iniziava la festa, o meglio...lo show.
Su la maschera, Tom.
Scendendo al piano terra però, s’imbatterono in Cloe. Era in cucina e stava praticamente sbraitando.
Contro chi?
- Basta, ho detto che non ne voglio più parlare! Che diavolo avete al posto del cervello? Un buco nero?-
- Ehi duchessa.- ironizzò Damon, mentre lei usciva dalla cucina come una locomotiva - Le buone maniere non te le hanno insegnate?-
Cloe sembrava diversa quel giorno.
Se ne accorsero tutti tranne Tom, solo perché negli ultimi anni non l’aveva vista. Loro invece, che avevano visto la sua metamorfosi in signora aristocratica e pallida, sorrisero nel vederla in jeans col risvolto sotto al ginocchio, sandali a tacco alto e maglietta degli AC DC.
- Con quelle ci vanno solo le legnate!- sentenziò iraconda, abbracciando poi Neely con un sorriso.
- Ma che succede?- bofonchiò Trix.
E poi, fatto da un coro di sei voci cinguettanti, Riddle ricevette il suo vecchio saluto.
- Ciao Tom!-
Sei streghe, tranne la maggiore Winona, si fiondarono alle spalle di Cloe.
Da Isobel a Sibilla c’erano tutte.
A parte il saluto che superava di parecchi decibel la decenza consentita, Tom venne letteralmente subissato di abbracci calorosi dalle cugine della sua ex ragazza che lo fissò con occhi assassini, come se avesse fatto qualcosa di male.
Sibilla, Hailey e Tyra lo riempirono di baci e rossetto ma poi si levarono di torno, per lasciare spazio alla bellissima Isobel, biondissima, curatissima e col corpo di una pin up che s’incollò a Tom e non lo mollò più.
Otto anni prima era stata innamoratissima di lui. Tanto da invidiare la cugina ma ora.
Fuori, infatti, Cloe dovette assistere allo svenevole spiegamento dell’artiglieria della bella Isobel.
- E così adesso studi i problemi legati alle Pozioni d’Amore.- Riddle rideva, seduto a tavola con Isobel, Mary e i suoi amici. Più Trust, ovvio.
- Già.- rise lei, radiosa - E pensa che il Ministero mi paga. Ma per tutti io studio solo i comportamenti deviati di soggetto sotto influsso dell’Imperius. Sto nei sotterranei, figurati.-
- Se ben ricordo eri a favore dell’uso delle Pozioni d’Amore.- sogghignò Riddle, insinuante.
Cloe serrò le mani sul bicchiere, quasi senza accorgersene.
Thomas Maximilian Riddle stava flirtando?
Ma che diavolo succedeva? Il mondo girava al contrario?
- Si, infatti.- rise Isobel divertita - Sarò leggera, ma credo una spintarella a volte serva. In fondo la pozione più elementare dura al massimo una settimana. Quando l’effetto svanisce in fondo che può succedere?-
- Di sentirsi presi in giro e sfruttati a letto?- frecciò Neely.
- Bhè, ci si lamenta sempre che è difficile trovare qualcuno con cui andare a letto.-
- Parla per te.- ridacchiò Trix.
- Come mai hai scelto di andare a lavorare per il Ministero?- le chiese Tom curioso.
- Bhè, a Everland mi avevano fatto una proposta allettante, ma poi s’è messo in mezzo un qualche capo Reparto deficiente e alla fine hanno preferito avermi sott’occhio tutti i giorni, come se fossi una pazza mitomane che si mette agli angoli delle strade a vendere Filtri d’Amore.- Isobel si strinse nelle spalle - Ma mi pagano bene, quindi non mi lamento. Ma basta scherzi, quando mi hanno detto che eri uscito ho fatto i salti di gioia.- e gli si avvinghiò al braccio facendo definitivamente perdere la voglia di bere alla cugina - Allora, cos’hai fatto in questi anni?-
- Ah, ne ha parlato poco anche a noi cara.- disse Mary King.
- Hai sempre la brutta abitudine di sbottonarti poco.- sorrise anche Ruth Linton - Ancora mi ricordo quando venivi a King Manor per le vacanze.-
- Allora eravate amici intimi.- se ne uscì Oliver a quel punto.
E ma se le tirava dietro allora.
Non appena Damon vide Tom spalancare quel maledetto sorriso da iena e la bocca, lo scavalcò finemente.
- Si, lo vedrai domani. Coi loro compagni del Grifondoro erano sempre tutti insieme in qualunque momento della giornata.-
- Grifondoro.- sogghignò Trix.
- Serpeverde.- rise Isobel, che era stata una brillante Corvonero come Neely - Allora, qual è il programma?-
- Io e Damon andiamo alle corse.- disse subito Oliver - Sarà stancante.-
- Un buon motivo per stare qua a godermi il io amico Chardonnay.- ironizzò Tom con un sorrisone - Tu Isobel che cosa fai?-
- Ti faccio fare un giro nei campi se vuoi!- cinguettò lei - I vigneti ti piaceranno.-
- Oh, non ne dubita nessuno.- disse Cloe a quel punto, attaccandosi al bicchiere - Beatrix che fai?-
- Mi attaccherò a una flebo.-
- Fantastico.- Neely si alzò in piedi - Io allora vado a farmi un bagno prima di pranzo.-
- Perfetto cara.- disse la duchessa Mary, alzandosi in piedi - Ti mostro le terme.-
- Ci sono le terme?- fece la Diurna interessata - Credo che la flebo aspetterà. Tom?-
- Acqua calda su una ferita aperta, grazie tesoro. No.-
- In fondo ha ragione.- annuì Oliver - E’ stanco Trix, lascialo riposare.-
- Già, così poi sarò in forma per la battuta di caccia finale.- Tom dette una pacca a Damon, tutto zuccheroso - Mi raccomando, non esagerare alle corse.- e gli mollò un sacchetto di velluto - Li rivoglio indietro raddoppiati.-
- Secondo la Convenzione del Wizengamot non potrei usare i miei poteri per questo.- gli ricordò Howthorne.
- Fai uno strappo per me. Lo sai che ne vale la pena.-
- Eh, come no.- Damon si mise in piedi, insieme a Oliver - Signore ci rivediamo per pranzo.-
- Ottimo.- tubò Isobel - Intanto a Tom ci penso io Damon, fidati di me.-
- Non stancarlo troppo.- soffiò, prima di defilarsela.


Le terme erano una meraviglia. Tre diverse piscine dalla forma tonda incassate in un pavimento di marmo rosato, con statuette che versavano bolle e sapone al gelsomino dai diversi colori nella vasca che riproduceva l’effetto dell’idromassaggio, rischiando così di allagare tutto di schiuma.
Nella vasca di sola acqua calda invece, le streghe se ne stavano beatamente immerse fino alle spalle, avvolte in asciugamani morbidissimi con il classico drink analcolico in mano.
Prima di pranzo.
Viva la vita sana.
- Io lo trovo bene.- stava dicendo Ruth Linton, sorridente - Ha un ottimo aspetto.-
- A parte la ferita alla schiena.- la corresse sua sorella Mary - Com’è successo Beatrix?-
- Pare che abbia avuto problemi appena uscito da Cameron Manor.- spiegò la Diurna, poggiata languidamente contro il bordo, coi capelli raccolti da una pinza di legno - Si riprenderà, ma ci vorrà del tempo.-
- Comunque.- Ruth sorrise di più, scoccando un’occhiata di traverso a sua nipote - E’ diventato veramente un bel ragazzo.-
- Si, ma lo è sempre stato. Vero tesoro?- chiese la duchessa.
Cloe cadde dalle nuvole. Guardava fuori dalla vetrata che dava sui campi, vedendo da lontano la folta chioma bionda di Isobel e la schiena larga di Riddle.
- Cosa? Che hai detto mamma?-
- Che Tom è proprio un bel ragazzo. Non trovi?-
- Si.- bofonchiò, tornando a guardare fuori.
- C’è qualcosa d’interessante fra i campi dolcezza?- frecciò Mary.
- No, mamma.- sibilò allora la Sensistrega - Tutto bene.-
- Hn, come dici tu.allora Neely.- Mary si rivolse alla Montgomery - Hai finito il tuo lavoro fuori da Londra.-
- Si, ora posso restarmene a lavorare qui con più tranquillità. E dopo quello che è successo direi che è il caso di stare bene in guardia. Conosce i suoi gufi, duchessa. Sa come si comportano quando c’è puzza di guai.-
- Altroché. Partite domani però, per la vostra Universale di classe, giusto?-
- Meno male.- disse Ruth con un sospiro - Meglio sapervi al sicuro, fuori da Londra per qualche giorno. Specialmente per far tirare un po’ il fiato al povero Tom.-
- Viene anche Oliver con voi?- chiese la padrona di casa.
- Si.- fu la brusca risposta di Cloe.
- Ti secca?- la incalzò sua madre, sbattendo le ciglia.
- Certo che no, mamma.-
- Strano, credevo preferissi goderti il week end coi tuoi amici.-
- Lui vuole conoscerli.-
- Oh, piacerà a tutti.- Beatrix sorrise con aria assassina, in confronto all’occhiata atomica della Sensistrega - E poi Sedwigh e Martin Worton già lo conoscono.-
- Lo adorano, presumo.- commentò Mary.
- Mamma.- sibilò Cloe, avvisandola.
- Che ho detto?-
- Niente, lascia perdere.- infuriata, Cloe si alzò dall’acqua - Se resto qui diventerò una prugna secca. Vado a vedere cosa fanno papà, Brian e lo zio.-
- Si e controlla anche Isobel.- aggiunsero Neely e Trix praticamente in coro.
- Si, non vorrei che mia figlia stancasse troppo il povero Tom.- seguì Ruth Linton.
Stancarlo.
Povero Tom.
Che andasse al diavolo, pensò la King inferocita, mentre si asciugava i capelli nel suo bagno. Non aveva fatto un accidente in otto anni, Dio solo sapeva come aveva occupato il tempo a casa di Caesar e ora si preoccupavano che si stancasse conducendo la vita di ogni essere umano normale?
Bhè, lei non era la sua balia!
Bel ragazzo.
Cloe osservò la sua immagine allo specchio.
Bello. Si, era sempre stato bello.
Anche quando aveva diciassette anni. Ma ora.
Dio, ora era veramente il peccato originale.
Era un uomo ormai. E sembrava odiarla.
Passò la mano sullo specchio appannato, fissando la sua immagine riflessa.
E lei? Lei com’era diventata?
La sera prima le aveva detto che era sbiadita.come il suo vestito.
Con rabbia si accorse che non l’aveva mai pescato a guardarla in un certo modo. Come quando otto anni prima erano stati insieme. Ammirato, innamorato.
Bhè, non poteva pretendere chissà cosa ma.quella mancanza d’interesse la feriva.
La feriva e si odiava per sentirsi così scoperta.
Si vestì in fretta, mettendo ciò che di più colorato aveva nell’armadio, un top senza maniche di seta giallo acceso e una mini di jeans ma una volta che arrancò fuori dalla sua camera, decisa ad andare a vedere che stava combinando Isobel nei vigneti, la trovò nel salone.
Stava leggendo il giornale.
- Sei qui?- si stupì - E Tom dov’è?-
La bella Isobel sorrise maliziosa.
- T’interessa?-
Cloe serrò le mascelle - Non ho voglia di giocare.-
- Mamma mia, da qualche tempo, anzi, diciamo due anni sei sempre di umore terribile.- commentò sua cugina, tornando a leggere con fare incurante - Dovresti considerare i motivi del tuo cattivo umore, sai?-
Due anni. Il periodo in cui lei e Oliver erano stati insieme.
Isobel s’improvvisava spesso strizzacervelli, ma questa volta la Sensistrega si rifiutò di darle corda e la piantò in asso, uscendo in giardino.
Ormai il cattivo umore stava raggiungendo livelli astronomici, specialmente vedendo suo fratello Brian fare il grande amicone del disgraziato che le aveva rovinato la vita e spezzato il cuore.
Fissando Tom, rielaborò quello che aveva appena pensato.
Spezzato il cuore.
Rovinato la vita.
Dopo otto anni finalmente l’aveva ammesso.
Lasciandola e mentendole, Tom le aveva fatto il cuore a pezzettini.
E ancora ci soffriva.
- Stupida.- sussurrò a bassa voce, mentre lo vedeva avvicinarsi.
Riddle, camminando, sembrava zoppicare.
Le guance arrossate testimoniavano che si era affaticato.
- Problemi?- l’apostrofò, quando le fu vicino.
Lui fece una smorfia - Mal di schiena.- mugugnò, come se gli desse fastidio dirle qualche parola in più.
- Ti do una mano.-
E di nuovo di scostò, come se l’avesse morso.
- No.- disse, calmandosi non appena fu a distanza di sicurezza - Ce la faccio da solo.-
- Non essere sciocco, neanche stai in piedi!-
- Striscerò.-
- Già e lo sai fare bene, vero?- sbottò avvelenata.
- Hn.- lui sogghignò, sorpassandola - A quanto pare non sono l’unico.-
Ancora ce l’aveva con Oliver.
Maledetto.
Quando però già Tom pensava di essere al sicuro, ecco che provò un brivido traditore. Cloe gli era corsa dietro e senza una parola si piazzò al suo fianco, mettendogli un braccio attorno alla schiena e prendendosi il suo, il sinistro, sulle spalle.
Erano così vicini che poteva sentire il suo cuore, ora che lei gli arrivava appena alla gola.
- Dannazione.- sibilò Tom, con lo sguardo lampeggiante - Quando uno dice no, è no!-
- Questa è casa mia!- replicò lei acida - Faccio come mi pare!-
- Tanto l’hai sempre fatto!-
- Appunto, quindi non stupirti adesso. E cammina!-
Troppo vicina, pensava il mago sentendo il seno di Claire premere contro le sue costole.
Raggiunsero la cucina e lei lo mollò malamente su una sedia, strappandogli un’imprecazione.
- Mi dispiace.- ironizzò.
- No, non è vero.- la rimbeccò sarcastico, tastandosi la schiena dolente.
Senza una parola cercò le sigarette, mentre lei faceva del caffè.
- Com’è che non ti ha portata alle corse?- le chiese, per spezzare il silenzio che si era creato.
- Non facciamo tutto insieme.-
- A no?- Tom sollevò perfidamente le sopracciglia, accendendosi la sigaretta che levò subito un gradevole odore di menta - Strano, avrei detto il contrario.-
- Pensala come ti pare.- Cloe lo scrutò coi lineamenti contorti dall’irritazione - Otto anni a fare l’eremita ti hanno proprio inacidito, lo sai?-
- Ho imparato anche a fare battute sconce.- le disse, melenso - T’interessa?-
- Hn.- rise - No. Mi basta il veleno che spargi alle cene.-
- Oh, ho solo risposto a tono. E’ un provocatore.-
- Come te.-
- Si ma io non attacco mai per primo.-
- Forse sei cambiato anche in questo, visto che l’hai giudicato senza conoscerlo.-
- Almeno non l’ho giudicato dal cognome. A proposito, quanti pargoli hai intenzione di sfornargli?-
- Sei proprio un bastardo.- ringhiò la Sensistrega.
- Ehi, la mia era solo una domanda.- tubò, soffiando in aria il fumo - Te ne faccio un’altra. Com’è a letto il nostro signor genealogista? Metodico o scatenato?-
- Che ne sai tu di sesso?- Cloe si avvicinò pericolosamente, piantando le mani aperte sul tavolo e sporgendosi fino ad arrivargli a pochi centimetri dalla faccia - Da che ricordo io ci va una contrattazione solo per baciarti.-
Tom tacque. La fissò senza abbassare gli occhi, cosa che invece in passato aveva fatto molto spesso.
A sua volta si avvicinò di più, vedendo lei scostarsi impercettibilmente.
- Io te l’avevo detto di non toccarmi.- mormorò roco e duro - Non dare la colpa a me se ora siamo davanti a qualcosa che non volevamo più sentire.-
Bastardo, pensò di nuovo.
Con stizza gli prese la sigaretta e gliela spense nel portacenere del padre facendola quasi sfrigolare.
- Me ne vado.- sentenziò.
- Non disturbarti Claire.- Tom si alzò, ridendo gelidamente - Vado a prendere aria ora che posso.-
- Ecco bravo. Prima di richiuderti nella tua bella gabbia dorata.-
- Sai una cosa?- si girò alla porta, con un ghigno cattivo sulla bella bocca - Forse in gabbia non ci sono da solo.ci vediamo a pranzo.- e se ne andò, lasciandola lì a fremere di collera.
Era troppo difficile. Riddle lo capì solo più tardi, immerso fino alle ginocchia nell’erba verdissima dei campi di tulipani e papaveri. Con le dita sfiorava i petali dei fiori, gli steli, camminando lento, sentendo profumi, godendosi i caldi raggi di sole sulle gote.
Troppo difficile.
Lei lo tentava.
Sdraiato a terra, a scrutare quello sprazzo di cielo blu privo di nuvole.
Lei lo uccideva.
Sollevò la mano sinistra. L’anello di platino con la pietra nera appartenuto a Lord Voldemort, era al suo posto.
Lei gli toglieva le energie.
Ma l’anello d’oro di Claire lo portava in tasca. Sul cuore. Ben celato agli occhi altrui.
Lei lo feriva.
Chiuse gli occhi, cercò di dormire.
Lei non era più sua.
Passò qualche minuto d’oblio. Si destò sentendo qualcosa sfiorargli la testa.
Uno scalpiccio. Un nitrito.
Rovesciò il capo all’indietro, trovandosi niente meno che il muso di un cavallo a pochi centimetri da lui.
Ma non era un cavallo qualunque.
Bianco, fulgido come la neve.
Un unicorno.
- Oddio.- sospirò, mettendosi a sedere e girandosi verso l’unicorno
Si guardò attorno, capendo che era uscito da uno dei boschetti che cingevano i campi e la villa dei King.
Da non credersi.
Quell’unicorno doveva avere qualche serio problema se si avvicinava così a un mortale. Bhè, l’appellativo “puro di cuore” forse poteva spiegare il motivo di quello strano incontro.
- Tu sei tutto matto.- bofonchiò, alzandosi e mettendosi ad accarezzare la folta criniera di quell’animale magnifico.
Neanche a Harry si erano mai avvicinati quegli esseri eccezionali.
Che c’era di tanto buono in lui? Non faceva che chiederselo da quando Lucilla gli aveva spiegato la sua condizione.
Si era sempre reputato come tutti gli altri.
Né più né meno.
E adesso che voleva anche strozzare Trust e si era divertito tutta la notte ad inventargli soprannomi irripetibili insieme a Draco, non si sentiva così buono.
L’unicorno però non pareva disgustato da lui, dalla sua presenza.
Anzi, era stato lui a cercarlo. E a trovarlo. Era insolito che uscissero dai loro amati boschi.
Tom doveva averlo attirato come una calamita.
Mentre lo accarezzava, però, Tom ritrasse le mani, guardandosele stupito.
Polvere perlacea e luminescente. Come quella del suo corno.
Si fissò i palmi fino a quando la polvere non venne assorbita dalla sua epidermide.
Mah. In fondo nel corno degli unicorni si nascondeva della magia, più o meno come quella contenuta nelle uova d’oro.
Male non poteva fargli. Continuò così a borbottare con l’animale, come se quello potesse annuire ai suoi piani vaneggianti sull’evirazione di Trust, ma accadde qualcosa che lo lasciò perplesso.
L’unicorno s’imbizzarrì di colpo.
Mettendosi a nitrire come un invasato.
Forse ponderare sull’uccisione del fidanzato della sua ex non era stata una buona idea.
Comunque l’animale fuggì via come una saetta.
- Cavolo.- bofonchiò ad alta voce - L’ho davvero spaventato.-
Una voce alle spalle.
- Imbecille.-


Un quarto d’ora più tardi, Trix avvertì qualcosa di dannatamente interessante in casa King.
Un odore particolare. Quel buonissimo profumo di potere, d’immenso potere.
C’era un demone puro in casa.
Forse era Lucilla. Così quando entrò in cucina e ci trovò Tom seduto a tavola con una borsa del ghiaccio sull’occhio destro, con uno zigomo rosso come il fuoco, si stupì leggermente.
- Accidenti.- sorrise perfida - C’è il diavolo in persona in questa casa?-
- Peggio.- sibilò Tom inferocito, cupo come un corvo, mentre in sottofondo si sentiva un certo spadellare.
- Ma che è successo?- la Diurna inclinò il capo, continuando a fiutare l’aria - Chi ti ha dato un pugno?-
- Un idiota.- fu l’ennesimo recriminare di Riddle.
Un borbottio in una lingua a Trix incomprensibile si fece sentire da oltre il bancone di legno e mattoni di cotto della cucina. Si girò sconvolta.
- Finiscila di mugugnare, lo sai che non lo sopporto!- sbraitò Tom - E comunque guarda che ti capisco sai?-
- Ma è russo?- allibì la Vaughn.
- Mezzo russo.- Tom fece un sorriso mieloso - Comunque sul diavolo ci hai azzeccato. Vlad, idiota, vieni fuori di lì.-
- Per sentirti piagnucolare? No, grazie.-
- Cristo, mi hai fatto male! E ho anche sbattuto la schiena!-
- Sai che dispiacere. Se mi trovi un fazzoletto fosse riesco a mettermi a ridere fino alle lacrime.-
E poi, eccolo. Si rimise in piedi oltre il bancone, facendosi galleggiare alle spalle una mezza dozzina di fialette contenenti spezie e erbe curative.
- Wow.- Beatrix represse un fischio di ammirazione appena in tempo - Finirò all’inferno volentieri.-
E che cavolo, se quello era il diavolo davvero allora ne valeva la pena! Alto un metro e novanta, biondo, barba appena accennata e un fisico da urla da fare invidia al David di Michelangelo. Per di più con uno sguardo da dannato che Trix amava tanto in un uomo. Non per nulla si era scelto Milo.
Eccolo il demone puro allora. Era lui ad emanare tanta energia oscura e tanto potere.
- Via la camicia.- sentenziò Stokeford.
- Perché?- rognò Tom - Vuoi cicatrizzarmi la ferita con un tizzone rovente?-
- Può essere un’idea.- replicò il demone puro, senza battere ciglio e col solito tono vacuo - Muoviti.-
- Prima dimmi cosa vuoi fare.-
- Il vostro Lazzaro del cazzo non basta.- soffiò Vlad, iniziando a spazientirsi - Serve qualcosa per cicatrizzare decentemente. E quelle bende sono già insanguinate.-
- Chissà perché! Mi hai buttato per terra!-
Trix si fece vedere di nuovo.
- Ma che succede?-
- Niente, sua maestà saluta la gente con i pugni.-
- Saluto così i deficienti che non si fanno sentire.- replicò Vlad, senza girarci attorno - Ti si è atrofizzata la mano?-
- No ma.-
Stokeford perse la pazienza. Senza ma né bah, gli dette uno strattone e gli levò di dosso la camicia, che buttò sulla sedia lì accanto. Facendolo piegare leggermente, lo sentì anche lamentarsi.
- E basta, che stress.- ringhiò il demone - Non può fare così male questa robetta!-
- Robetta un cazzo!- si lamentò Riddle, mentre anche Trix faceva il giro per vedere, curiosa - Fa un male boia!-
- Caspita.- commentò la Diurna - Tom ha un aspetto orribile questa ferita.-
- Grazie. Ahi!- l’ex Grifondoro fece una smorfia, voltandosi appena sopra la spalla - Trix.che schifo, mi hai infilato un dito sotto pelle!- e l’altra sogghignò, leccandosi il sangue dal polpastrello.
- E’ la cosa più disgustosa che qualcuno mi abbia mai fatto dopo quella volta che Matt Rogers mi vomitò addosso al sesto anno, alla festa di Halloween!-
La Diurna per tutta risposta esibì una smorfia orribile, come se avesse mandato giù un limone.
- Ma...ma...Dio, ma hai del veleno in circolo!- sbraitò - Lo 0 negativo è uno dei miei preferiti! Che spreco!-
- Sentite, levatevi tutti e due dai piedi! Questa posizione è indecente e siete indecenti voi!-
- Hn, non è la prima volta che ti ritrovi piegato su un tavolo.- fu la spettacolare frecciata di Stokeford.
- Bravo, ottimo.- Riddle roteò le pupille - Ne hai altre?-
- Non capisco come questa roba ancora non ti abbia fatto infezione.- celiò la Diurna, mentre Vlad bruciava le bende sporche di sangue e ne faceva apparire altre pulite - E’ strano però, il Lazzaro guarisce ogni cosa.-
- Sarò per questo che sono ancora vivo.- sospirò il moribondo - In compenso perderò l’occhio.-
- Non fare la vittima.- mugugnò Stokeford, prendendo la sigaretta dal portacenere e dando un tiro.
Intanto però le loro voci avevano attirato mezza casa.
La prima a raggiungerli fu Neely che, abituata a certe cose da tanto tempo, si limitò a dare loro una mano seguendo le indicazioni di quel demone che ispirava la violenza sessuale per preparare un impasto benefico. Poi fu il turno di Isobel, che non aveva mai visto un demone puro e perse la testa per Stokeford all’istante.
- Merlino, ma sono fatti tutti con lo stampino?- celiò la Linton a bassa voce, rivolta a Trix - Ne voglio uno.-
- Tom, tesoro, come va?- chiese invece Neely, vedendolo friggere mentre il demone gli piazzava quell’impacco di erbe sulla ferita - Brucia?-
- Vuoi del vino?- ironizzò la Vaughn.
- Voglio della morfina.- masticò l’altro fra i denti - E potete chiudere quella cazzo di porta?-
Ecco, come non detto.
Cloe si materializzò sulla soglia con le mani sui fianchi, a bocca aperta.
- Ma che diavolo succede?-
- Guarda!- cinguettò Isobel - C’è un demone puro in casa!-
- Ma va?- sibilò la King serafica - E allora? Chi è?-
- Un idiota che mi ha preso a pugni.- ringhiò Tom.
- Allora tanto idiota non è.-
Vlad levò appena gli occhi dalla ferita, inquadrando la Sensistrega.
Emise un fischio leggero, piegandosi all’orecchio di Riddle, che in risposta gli sputò praticamente in faccia una minaccia di morte cruenta.
- Cos’è successo? E chi è l’ospite?- richiese Cloe, cominciando a battere a terra col piede.
- E’ successo che sono caduto, ho battuto l’occhio e la schiena.- sbuffò allora il ferito - Signore, lui è un mio amico che abita da Caesar. Vlad Stokeford, loro sono Beatrix Vaughn, Neely Montgomery, Isobel Linton e la padrona di casa, Claire King.-
- Salve.- borbottò Vlad senza guardare nessuna in faccia, stringendo forte le bende.
- Ahi!- tuonò Tom, scattando a molla - Per Dio, fai piano! Un giorno creperai anche tu e nella nostra prossima vita sarai la formica e io il ragazzino che ti brucia il formicaio, godendo nel vederti contorcere a zampe all’aria!-
- Però, ti senti un leone piegato sul tavolo.-
- Maiale.-
- Noia.- Stokeford dette l’ultimo strattone, stringendo un fiocco sul fianco - Fatto.-
- E questa cos’è?- sbottò Cloe, che guardava sconvolta la lunga cicatrice sull’avambraccio di Tom.
- Una ferita da lama.- borbottò quello, rimettendosi di volata la camicia dopo aver fatto scomparire la macchia di sangue - Allenamento.-
- Allenamento?- riecheggiò lei - E una lotta vera com’è?-
- Qualcuno ha visto la mia bottiglia di vino?-
- Tom non fare l’idiota!-
- Io me ne vado.- mugugnò Vlad, facendo sparire fialette e bende - Ci vediamo stasera.-
- Come sarebbe te ne vai?- Tom parve immusonito - Sei appena arrivato.-
- Vuoi un altro round?- Stokeford additò la finestra - E’ arrivato Mister Aureola, Val mi ha proibito di parlarci.-
- Cosa?- Dava i numeri? Tom si sporse dai vetri, vedendo arrivare a cavallo Damon e “In Lust We Trust!”.
- Sono tornati finalmente.- disse Isobel eccitata - Tom perché non fai fermare il tuo amico a pranzo?-
- Mangia bambini.-
- Crepa.-
Vlad si riprese la sigaretta, ora Cloe capiva da dove arrivava quella mania alla menta, ma vedendo che il demone si trascinava via Riddle afferrandolo per la cinta, avvertì una strana sensazione.
Non era di quelle grazie ai suoi poteri di strega, bensì.a qualcosa legato al suo intuito di donna.
Aveva come l’impressione che fosse stato quel demone a lasciare quella cicatrice a Tom.
E...non sapeva dire perché, ma non le piaceva.
- Bhè? E quello chi è?- chiese Damon, non appena entrò in sala e vide il suo migliore amico sparire di sfuggita con Vlad.
- Un demone di stirpe!- cinguettò Isobel tutta frizzante - E’ mezzo russo! E un fico da paura! Non ho visto bene, ma ha un sedere che parla!-
- Grazie Isobel, questa mi mancava.- frecciò il Legimors, guardando poi la sua ragazza, Cloe e Trix - Bhè? Chi è? Un amico di Caesar?-
- Si e a parte il suo culo da favola, è uno che parla poco.- spiegò la Diurna - Ma ha su Tom un’influenza interessa. Tu hai mai sentito Tom minacciare di morte qualcuno?-
- A parte ieri sera? No.-
- Se è simpatico almeno una briciola di quanto è schifosamente bello devo assolutamente metterci le mani sopra almeno per qualche ora.- fece Isobel, dando la spalla alla cugina che fumava come una ciminiera - E poi sembra molto legato a Tom! Fra voi maschi prendervi a pugni non è un segno di amicizia?-
- Ciao amore!- arrivò anche Oliver, che si strinse subito la King addosso, guardandola poi da capo a piedi facendo sparire il suo sorriso - Ma come sei vestita?-
- Perché?- replicò lei.
- Niente. Se ti piace lo stile da precaria.- Trust rise verso gli altri - Allora? Quando si pranza?-
Stavano per rispondergli, quando dalla stanza in cui erano spariti quei due arrivò il suono di qualcosa che veniva sbattuto al muro. E Cloe pregò vivamente che fosse il malefico cranio di Thomas Maximilian Riddle, infido serpente che questa volta se l’era proprio meritata.



A Londra quello stesso pomeriggio, a Cedar House, Tristan Mckay stava rileggendo per ultima volta il verbale della perquisizione a casa di David Quinn, l’Auror che era stato assassinato la mattina dell’udienza di Harry e Tom col Wizengamot.
Nulla. Aveva guardato e riguardato le foto scattate in casa, risentito insieme a Jess per più di ventiquattro ore le testimonianze dei vicini senza trovarci una discrepanza.
Tre persone morte, Quinn, sua moglie e il loro figlio già grande, e nessuno aveva sentito nulla.
Sul tavolo della cucina, accanto alla tazza del caffè, aveva la foto del cadavere dell’Auror.
Non una ferita, nemmeno un graffio.
Maledizione Senza Perdono, avevano detto tutti.
Eppure c’era qualcosa che non quadrava.
Lucilla gli arrivò a fianco, silenziosa come sempre.
- Guarda.- Tristan le passò la foto - Cosa vedi?-
A parte le ombre dei presenti che si muovevano, la Lancaster dopo qualche minuto riuscì a cogliere ciò che aveva colpito suo marito.
- Gli occhi.- sussurrò piano - L’Avada Kedavra fa rovesciare le pupille. Qui invece le pupille sono normali, dilatate.-
- Esatto.- annuì lui, passandosi una mano fra i capelli - Cosa devo cercare allora? Ti giuro che non so più dove sbattere la testa. Ti viene in mente qualcosa?-
- I guanti.- replicò lei, velocissima - Guarda. David Quinn non era di turno. Ma ha addosso i guanti.-
- Si. Magari stava uscendo. Ma no...ora fa troppo caldo.-
- Già.-
- A cosa pensi?-
- Punto d’entrata e punto d’uscita.- Lucilla lo fissò attentamente - Ricordi a Diagon Alley? L’evocazione di Minegon ha fulminato molti dei morti. Credo che Quinn sia stato trapassato da una scarica elettrica. Cerca il punto d’entrata nella mano e.- gl’indicò la cintura ai pantaloni, fatta di piccole borchie e tondini di piombo - La scarica dev’essere uscita da lì.non è stato usata la Maledizione Senza Perdono. E’ stato qualcuno, la stessa persona che ha ucciso quella gente a Diagon Alley. Qualcuno che conosce il Guanto di Minegon ed è in grado di evocarne il potere.-
- Un Illuminato.- sospirò Tristan.
- Esatto.-
Lui scosse la testa, già esausto ancora prima di andare a lavorare.
- E’ meglio che vada.- le disse, chinandosi a baciarla e afferrando tutti i suoi fascicoli - Vengo a casa a cena, poi devo uscire di nuovo. Ho il doppio turno. Mi porto Milo e Jess, ok?-
- Perfetto.- la demone sorrise - Io cerco qualcosa su eventuali Evocatori, anche se dubito che sia un esterno. Secondo me è solo un dannato Illuminato agli ordini della persona sbagliata. O forse il contrario.-
- Riposati, dammi retta.- replicò Tristan già alla porta, sporgendosi di nuovo a baciarla leggermente - Salutami Dena quando ritorna. A stasera.-
Per Lucilla non era più un problema restare sola in casa.
C’era stato un tempo in cui passare le giornate in totale dedizione di sua figlia le aveva ripagate entrambe del tempo perduto. Poi era sopraggiunto Hogwarts sia per sua figlia e per qualche anno anche per Tristan e a quel punto era stato difficile per tornare ad occuparsi solo di se stessa.
Ma quel giorno c’era qualcosa di diverso.
Quando Tristan se ne andò e lei mise piede nel salone, si guardò attorno.quasi sgomenta.
Era sola.
Non c’era nessuno in quella casa. Solo Elisabeth, che però era nella stanza di Degona per prepararle alcune scelte di vestiti per un prossimo party.
Sospirando, si lasciò andare seduta in poltrona, di fronte al camino spento.
Mosse gli occhi bianchi su ogni superficie di quella casa. Sulla libreria, il mappamondo veneziano che era appartenuto a Nadine e che poi aveva donato a lei, qualche anno prima.
Che diavolo le stava succedendo?, si chiese per l’ennesima volta, tenendosi la testa fra le mani.
Perché era diventata così?
Cos’aveva di sbagliato?
Da qualche giorno poi le parole di suo marito, che le aveva rivolto qualche giorno prima, continuavano a ronzarle nella mente come mosche moleste. Era orribile.
Al diavolo, lei non stava cadendo in depressione.
Aveva tutto quello che desiderava. Tristan e Degona.
Non le serviva altro.
Forse...era poco?
Forse.
Lucilla serrò i denti.
Horus. Maledetto.
Quel maledetto si era adoperato con tutte le sue forze per metterle quella pulce nell’orecchio.
Dannazione, possibile che fosse riuscito alla fine a renderle la vita impossibile?
Fortunatamente per lei, quel qualcosa che le sarebbe servito per distrarsi arrivò con incredibile puntualità.
Era ancora seduta a commiserarsi, incredula per quello che stava facendo e contemporaneamente sgomenta nell’accorgersi che aveva solo voglia di crogiolarsi in uno stato di vittimismo catatonico a lei sconosciuto, quando lo sbattere della porta di casa, il seguire riaprirsi e il poi un nuovo tonfo attirarono la sua attenzione.
Sua figlia stava urlando.
Lucilla levò teatralmente gli occhi in aria.
Vai che forse era la volta buona.
Dalla porta aperta del salone riuscì, anche grazie al finissimo udito dei demoni, a cogliere la conversazione.
O meglio, quel massacro.
- Io ne ho basta, mi hai sentito? Non voglio mai più vederti!-
Ecco, l’aveva detto.
Lucilla scorse nello spiraglio fra porta e stipite la chioma bionda di William svettare su sua figlia.
- Non è successo niente! Insomma, possibile che vuoi sempre vedere quello che ti pare?!-
- Io vedo quello che mi pare?- Degona si levò la tracolla e la gettò senza tanti complimenti a terra, furente. Aveva i capelli tutti scomposti, i suoi magnifici boccoli sciolti sulle spalle e i suoi occhi verdi, per una volta, sembravano essere arrivati al limite.
- Io vedo quello che mi pare?- urlò di nuovo, dandogli una spinta - Ti ho avrò chiesto cento volte di non uscire più con quella!- e lo spinse ancora, anche se decisamente i suoi appena cinquanta chili non potevano spostate i settanta e passa di Crenshaw - E l’altra mattina? Eh? Fammi indovinare, è venuta a trovarti per fare colazione insieme presumo! Le uova te le ha servite ben cotte?-
L’aria contrita di William fece quasi sorridere Lucilla.
Se solo la Lancaster, come sua figlia, non avesse voluto usare le tende per soffocarlo come un pesciolino.
- Ti odio.- Degona scosse il capo, gli occhi vitrei al contempo desolati e delusi, tanto da farlo sentire un verme - E neanche te ne accorgi. Ti diverti con Ginger quando quella è solo interessata al cognome di Mitchell.-
- Non mi va di parlare di Herny.-
- No eh?- la risata sarcastica della strega lo prese in pieno quasi come un calcio nello stomaco - Come non avevi voglia di parlare con lui quando al compleanno dei tuoi ventunenni è venuto a chiederti di cambiare cognome? No, tesoro? Non avevi così voglia di parlargli che ancora non hai preso il cognome di Jeager per tenerti quello di Mitchell?-
- Questi non sono affari tuoi Dena.-
- No, è vero. Come tu non sei più affar mio. Non voglio mai più vederti. E adesso vattene.-
- Di Ginger non me ne frega niente, te l’ho detto mille volte!-
- E io ti ho detto mille volte che era ora che ti decidessi!- urlò fuori di sé, mentre anche Liz, dal piano superiore, scendeva lentamente sullo scalone con passo felpato per origliare - Ora ne ho abbastanza! Non posso sopportare di amare una persona che si vergogna di se stesso e che esce con una come la Winsort per il semplice gusto di portarsi al braccio la prima purosangue che passa! Non credevo che te l’avrei mai detto, ma sei diventato peggio di quegli idioti che sono costretta a vedere in questa tutti i santi fine settimana!-
- Stavamo parlando del problema Ginger, se non sbaglio, non di come desidero chiamarmi di cognome.-
- Bravo, continua pure a girarci intanto.continua pure a uscire con quella.-
- L’ho mollata.-
Degona rise, anche se per un secondo era stata in silenzio.
- Adesso dovrei gettarci le braccia al collo? Eh? Avrai ancora il suo profumo addosso.-
- Dena, smettila.- William l’afferrò per i polsi, stringendo forte - Lo sai bene perché non posso stare con te!-
- Questo però non t’impedisce di andare a letto con le altre! E io ne ho avuto abbastanza, per un anno intero! E’ dall’anno scorso che sopporto senza dirti una sola parola, ma adesso basta, sono stanca! Tanto il problema non sei solo tu che non ti accetti, il problema sono io e i miei poteri!-
Lui chiuse gli occhi, inspirando.
- Dena.-
- Ti leggo come un libro aperto.- sussurrò lei, staccando le mani dalla sua presa - Forse mi ami.-
- Lo sai che ti amo!- le ringhiò allora, come se detestasse quel sentimento - Lo vedi come il sole tutti i giorni.-
- Però non mi vuoi.- una lacrima le rigò il viso, che lei si affrettò ad asciugare - Tu non mi vuoi.-
- Neanche tu, ora come ora, mi vorresti come sono.-
William riaprì le palpebre, sfidandola a negare.
- E’ vero o no?-
- Io vorrei solo.- gli prese il viso fra le mani, singhiozzando -.che ti vedessi coi miei occhi.-
- E io vorrei poterlo fare.- si scostò, volgendo il capo in basso e mettendosi le mani in tasca - Lo so che ti ho deluso, deludo me stesso tutti i giorni. Ma Ginger per me non ha mai significato niente. Era solo.- sollevò il viso, ridendo - Era solo..niente. Credo che fosse un mio modo inconscio per convincermi ancora una volta che il mio sangue può essere nascosto. Che posso vivere fra i maghi.-
- Ma così non va bene.-
- Tu non capisci, sei tutta umana!-
- No, non è vero!-
Lucilla, sgranando appena le iridi, sentì la voce di sua figlia tremare.
Si spostò un poco e la vide appoggiata al bordo del pregiato tavolino dell’ingresso, anche quello una delle scelte artistiche e costosissime di Elisabeth.
- Non è vero.- sussurrò Degona, con lo sguardo fisso alla parete.
- Di cosa parli?-
- Posso sembrarlo.ma non è così.- lo scrutò appena - Sai bene che l’apparenza inganna.-
- Dena.-
- William.vai via, per favore.-
E lo spinse indietro con la mano, ma stavolta delicatamente.
- Non voglio vederti per un po’.- gli dette le spalle, salendo in fretta sui primi gradini, per poi rigirarsi - Se mi ami fai come ti ho chiesto per favore.-
E sparì, passando accanto ad Elisabeth con gli occhi ormai totalmente inondati di lacrime.
La governante fece per seguirla, preoccupata per lei ma si premurò prima di dire, anche piuttosto rabbiosamente, che lui non era più il benvenuto in quella casa.
A dire il vero, William però doveva ancora parlare con una persona.
Se la ritrovò a fianco, poggiata contro lo stipite della porta del salone.
Lucilla l’osservava, braccia incrociate al petto.
Ora quegli occhi di neve mettevano davvero il ghiaccio nel sangue.
- So già cosa vuoi dirmi.- disse, mansueto.
- No, ne dubito.-
Lucilla lo guardò da capo a piedi.
Incredibile.
- Tranquilla, me ne vado. La lascio in pace.-
- E pensi di cavartela così a buon mercato?- gli rispose, gelida - Le hai spezzato il cuore.-
- E come credi che stia io, invece?- William si strinse nelle spalle, come per difendersi psicologicamente - Mi sento anche peggio di lei, puoi credermi.-
- Ne dubito.-
- Ah si? Ne dubiti? Mi sento uno schifo, l’ama e l’ho delusa e ora non vuole neanche più vedermi.-
- Si, forse stai peggio tu.- la demone gli volse le spalle - Ma solo per tua volontà.-
- Di cosa parli?- le chiese, seguendola.
- Lo sai bene.- Lucilla si rimise a sedere in poltrona, affondando il naso nel giornale - Così non ti sei fatto diseredare da Mitchell.- rialzò appena lo sguardo - Perché? E non dirmi perché sei affezionato alla memoria di tua madre tanto da tenere il nome di quell’uomo perché non ti crederebbe neanche un’ingenua come Elisabeth.-
Lui si morse le labbra, lasciandosi andare seduto davanti a lei.
Poggiando gli avambracci sulle rotule, si tenne la testa come se pesasse quintali e quintali.
- Io la amo.-
- Non abbastanza a quanto pare.- replicò fredda.
Le puntò addosso gli occhi verde acqua, dallo stesso taglio sottile di Jeager.
- Non sei un’empatica.-
- No, ma sono mille volte più forte di te e ho quasi voglia di schiacciarti sotto i tacchi, tesoro.-
- Hai tutta la mia comprensione. Faccio stare male tua figlia ma.-
- Ma cosa?- lo incalzò, brusca - Cosa William?-
- Tu non temi niente Lucilla. Ma io ho ancora paura di tante cose.-
- Ha ragione mia figlia.- sussurrò, posando il giornale e alzandosi, sovrastandolo - Se solo riuscissi a vederti come ti vede lei.-
- Vedrai comunque un mezzo demone.-
- Vedresti qualcuno.che può diventare qualsiasi cosa. Essere qualsiasi cosa. Io, prima della nascita di mia figlia, ero come te. Mi sentivo spezzata a metà.ma proprio quando stavo iniziando ad accettarmi, ad accettare che mio padre e mio padre erano stati meno vili di me le loro diversità, misi al mondo lei. Da quel momento di me stessa non me n’importato più nulla. Per Degona sta al primo posto.-
- Mi dispiace. Lo so che ti sembrano solo parole, ma ti giuro che è così.-
- William...hai così tanto potere.-
Lui si alzò a sua volta. La mortificazione gliela si leggeva negli occhi, nel viso. Nella voce anche.
- Tu vedi il potere.ma io darei qualsiasi cosa per essere normale anche solo per un giorno.-
- Se tu fossi normale.- gli rispose, ora placida -.non avresti conosciuto tuo padre. Jeager e Asher non sarebbero parte della tua vita. Forse Degona lo sarebbe lo stesso.ma non così.-
Non disse più nulla.
William riprese la sua giacca, alzando una mano in aria.
Resa.
- Perdonami.- disse un soffio.
- Io non posso fare altro per te.-
- Hai già fatto anche troppo, Lucilla, in questi anni. Credo sia venuto il momento di sistemare questa faccenda una volta per tutte.-
Sembrava quasi di rivivere il passato.
Mezzo demone. Quindi sbagliato.
Quindi un essere spaccato in due, senza radici vere, senza un’identità definita.
L’accettazione purtroppo era un atto di assoluta volontà, di libero arbitrio.
E niente avrebbe potuto comprarlo.
Né il bisogno né l’amore.
A William ora serviva solo se stesso.
L’aria di tempesta però doveva ancora arrivare.
E si materializzò in salone nelle spoglie di Elisabeth Jenkins.
La governante di Cedar House si chiuse la porta alle spalle, sbattendola tanto forte da far sollevare le sopracciglia alla demone, che capì immediatamente come girava quel pomeriggio.
Posò il giornale, aspettando.
- Si?- le chiese, paziente.
- Non voglio che quel ragazzo metta più piede in questa casa!- scandì furente, con gli occhi fiammeggianti di rabbia.
- Bhè, credo che abbia capito i desideri di Dena quando lei gliel’ha chiesto.-
- Non dipende solo da lei!-
- No?- Lucilla parve confusa, ma in maniera alquanto sarcastica - E da chi dipende, se mi permetti di cavillare?-
- Tesoro...- Liz si fece avanti, inspirando dignitosamente, per poi congiungere le mani in grembo - Non voglio certo scavalcarti. In fondo tu sei... sei...la moglie di Tristan.-
- Si, così ha detto il prete.-
- E la madre di Dena.-
- A meno che non abbiate scambiato un demone con lei, quando me ne sono andata.-
A Liz s’imporporarono le guance.
- Voglio solo dire. Che dovresti essere più attenta e presente, valutando i ragazzi che frequentano tua figlia.-
- Dena è molto matura per la sua età. Ed essendo un’empatica sa scegliere bene amicizie e amori.-
- Ma è sempre una donna giovane e senza esperienza. Insomma, dovresti giudicare tu per prima le sue amicizie! Santo cielo, non che non apprezzi William ma...cara, tu sei una Lancaster.-
Le sopracciglia non si scollavano dall’espressione sbigottita - E allora?-
- E tua figlia una Mckay!- continuò Liz imperterrita - Dico solo che in società ci si aspetta un certo comportamento e perdonami ma il figlio di un demone non mi sembra adatto a Dena. Pensa a J.J. Baley invece! Lei lo adora, lui l’adora...dovresti spingere in quel verso.-
Lì non era l’unica a spingere.
Anche la Jenkins, per essere venuta a farle un discorso simile, doveva aver spinto un bel po’ di roba.
- Ci penserò.- le promise.
- Lucilla, cara.-
Ancora con quel cara!
- Elisabeth.- la bloccò, esasperata - Ti giuro che farò due chiacchiere con Dena questa sera, dopo che avrà sbollito.-
- Forse dovresti parlare ora.-
- Mia figlia ha bisogno di tempo.-
- Ma io la conosco e.- Liz si bloccò, vedendo l’espressione della Lancaster.
Di nuovo rossa per la sua lingua troppo lunga, fece una smorfia stizzita.
- Fai come vuoi.- sbottò allora, indispettita - Io mi occupo del party di domenica. La sarta arriva domani.-
Era sola.
La voce di Horus sembrava rimbombarle in testa.
Sei sola. Loro moriranno.
Resterai sola.
Non ti capiscono.
Liz si sbattè la porta alle spalle.
Come se le avesse tolto un giocattolo che sembrava spettare solo a lei.
Doveva uscire, pensò all’improvviso. Doveva uscire da lì e fare qualcosa.
Ma guardando in aria, quando fu nell’ingresso, pensò a Degona.
Sapeva per esperienza che sua figlia aveva bisogno di carburare ogni cosa molto lentamente. Ma Elisabeth invece sembrava sicura del contrario.
Ma bene.
Ora si sentiva anche una madre indegna.
Forse William non aveva poi così tutti i torti a sentirsi uno schifo.
E Tom aveva ragione nel voler tornare a tapparsi a Cameron Manor per non mettere più il naso fuori.
Depressione.
Accidenti a Tristan e a Horus.
Accidenti a tutti.
Quella situazione doveva finire. O le sarebbe capitato qualcosa, ne era certa.






 
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