Capitolo 28°

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view post Posted on 11/2/2009, 14:53
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*Gryffindor* nel cuore, ma il mio sguardo è di ghiaccio, nel mio sangue il veleno scorre irriverente

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Quello era Little Hangleton.
Era tornato lì di nuovo.
Anzi...erano tornati lì di nuovo. Tutti e due.
Due paia d'occhi, in sogno, assistettero a uno dei prodigi di quella che era sempre parsa una maledizione.
Craig Badomen aveva appena gettato un ciocco di legno nel caminetto, con forza tale da far capire esattamente quale fosse il suo stato d'animo.
Rabbia.
Rabbia pura.
- Tu...tu hai mandato a quella mezzosangue una lettera in cui la informavi dei tuoi futuri progetti?- urlò, dando le spalle a una figura ammantata di nero, nascosta nell'ombra delle tende pesantemente tirate - Ma cosa sei? Idiota? O solo una pazza?-
- Tranquillo, Craig.- disse una voce di donna che sembrava provenire dall'abisso - Hermione Hargrave è molto debole su questo punto. Com'è accaduto in passato, darà i numeri e perderà la sua lucidità.-
- Si e noi il nostro effetto sorpresa.-
Badomen imprecò fra i denti, alzando le fiamme con la mano fino a farle divampare.
- Che io sia dannato quando ho accettato la tua presenza in questa missione.-
- La mia presenza ti è stata comoda, mi pare.-
- All'inferno, non quando ti presenti a quella donna e le dici chiaro e tondo che vuoi sterminare la sua famiglia.-
- Lei non è un problema tuo.-
- Si che lo, dannazione!-
- Tu occupati di riprendere il tuo padrone.-
- Il mio?- Badomen puntò gli occhi verso la figura indistinta - Credevo fosse anche il tuo.-
Una risatina, poi una mano rugosa, orrendamente sfregiata uscì dal mantello e finì sotto al cappuccio.
La donna si era coperta la bocca.
- Ma ovviamente. Solo che sei così possessivo con quel ragazzo.-
- Sei disgustosa.- sibilò il Mangiamorte, gelido - Quel ragazzo sarà puro nel male, come lo era il padre.-
- Il Lord Oscuro era tutt'altra cosa, fidati.-
- Lo conoscevo bene, non è il caso di usare tanta arroganza.-
- Allora avrai notato la differenza del figlio.-
- E' stato stregato dagli Auror. Posso pensare solo questo.-
- Ma certo, certo.-
Accondiscendenza.
Lo stava manipolando.
E Badomen...se se n'era accorta, parve non farci caso.
- Quando agirai?- le chiese.
- Il più presto possibile, ma come mi hai fatto notare tu, il fattore sorpresa è fondamentale.-
- Dicendoglielo l'hai buttato nel fuoco, stupida.-
- Non tollero insulti da uno che s'è fatto scappare il suo tanto amato Lord Oscuro.-
- Ah, non farmi la predica. Pensa piuttosto a sistemare le cose con Donovan.-
- Mi preoccuperò di lui a tempo debito. Ma credo sia ora di agitare un po' di polvere.-
- Sentiamo.-
Badomen si sedette in poltrona, congiungendo le dita.
- Avanti, che intendi fare?-
- Come tu hai messo qualcuno alle costole del tuo giovane Signore, io ho intenzione di mettere la paura in corpo a quella schifosa mezzosangue.-
- Uccidendole il padre?-
- Perché no?-
- Come? Vive ad Hargrave Hall. Neanche il Ministero è protetto con tanta attenzione. E ricorda che la Hargrave ha amici potenti.-
- Si ma non è una che chiede aiuto. La conosco.-
- Davvero? E come mai, se posso chiedertelo? Pensavo non avessi mai avuto contatti con gli Auror, prima d'ora.-
Menzogna.
- E' così. Ma mi hanno sfigurata la notte in cui hanno ucciso mio padre.-
- Quindi vuoi vederli affogare nel sangue.-
- Com'è vero che sono una Mangiamorte, Craig.-
Ancora menzogne.
Ancora bugie.
Ancora misteri.
Chi era quella donna?
Chi era?



Harry James Potter e Thomas Maximilian Riddle quella mattina si svegliarono contemporaneamente.
Balzarono a sedere nel letto, ansanti. Le menti ancora collegate.
Ci erano stati insieme in quel sogno. Fianco a fianco.
Anche se non si erano visti. Anche se col corpo erano stati nei loro letti.
Ancora insieme, in un sogno.
Ma se il bambino sopravvissuto, tenendosi la fronte con la cicatrice che scottava si ributtò contro i cuscini, chiudendo gli occhi e sperando che fosse stato tutto un sogno, Tom si lanciò giù dalla sponda, imprecando per il dolore alla schiena, dovuto allo scatto, e si lanciò in corridoio.
In pantaloni bianchi girò per mezzo residence, incontrando pochi Tassorosso mattinieri e infilatosi nell'ala di Serpeverde si attaccò alla porta di Damon. Due colpi, tanto per annunciarsi e senza attendere il permesso planò in camera.
- Damon ti prendo il cellulare.- urlò e si buttò sul letto sfatto, iniziando a trafficare col telefono di Howthorne.
Il fatto era che il Legimors era in bagno, a farsi la barba. E a letto c'era solo Neely, nascosta sotto le lenzuola. Quando lo vide, ancora assonnata, rimase un attimo perplessa del sorriso smagliante e del tutto incurante di Riddle, visto che era nuda, anche se avvolta fra le coperte.
Ma si sentiva bene?
Una volta sarebbe scappato, inciampando, rosso come il fuoco!
Il telefono squillò un paio di volte alla Lucky House e quando si degnarono di rispondere, fu la voce scazzata di Lucas a dargli il buono giorno.
- Senti, ma tu non dormi mai?- gli chiese Tom.
- E tu una casa te la sei trovata?- gli rinfacciò il Phyro - Chi vuoi? L'idrofobo o il serpente?-
- Tuo padre.-
- Aspetta...PAPAAAAAAAAAAAAAA'!!!!!-
- Ah, Dio!- Riddle si scostò il cellulare dall'orecchio, tanto aveva assordato se stesso e anche Neely.
Comunque, a parte Lucas, in quella casa a toni non si scherzava mica. Prima che arrivasse Harry si sentirono le sue bestemmie riecheggiare per lo scalone, le suppliche minacciose di Hermione ed Elettra che invitavano i padri di casa a usare un linguaggio decente e consono alle giovani menti della casa...e poi, forse, la mandria degli anatroccoli gialli di Glory.
Quando Harry arrivò al telefono, sembrava passata una vita.
- Si?- bofonchiò.
Tom capì che era la prima volta che si parlavano dall'incubo in cui Potter era stato catapultato.
- Ehm...ciao, sono io.-
- Ciao.-
Tono vago. Apatico.
- Stai bene Harry?-
- Mai stato meglio.-
Sarcasmo.
Fantastico.
- Ecco, senti...ti ho chiamato perché neanche due secondi fa ho ricordato un sogno di stanotte.-
- Con Badomen che parlava con la mostra, si.-
- Quindi l'hai visto anche tu...-
- Esatto.-
E non diceva altro? Non era preoccupato?
- Harry, non so se hai sentito ma...pare che siano ancora a Little Hangleton...-
- E che vogliano uccidere il padre di Hermione, si.- tono sempre più distaccato - Ne stavamo parlando giusto adesso.-
- E che avete intenzione di fare?-
- Quando torni, domani, i ragazzi ti metteranno al corrente.-
- Ah...e ho capito anche che mi hanno messo qualcuno alle costole.-
- Abbiamo già avvisato Ron. Ora è al Ministero, sta controllando la lista dei Mangiamorte e dei loro galoppini non dichiarati ancora in libertà. Se è tutto, ci sentiamo domani.-
- Ho capito ma...-
Il rumore della linea interrotta fece in modo che Riddle restasse a bocca spalancata.
Gli aveva attaccato il telefono in faccia!
- Bastardo...- alitò sgomento.
- Chi? Oliver?- celiò Neely.
- Anche.- Riddle rifece il numero da capo. Ora Harry lo sentiva! Ma che cavolo stava succedendo, dannazione?
Così, oltre al danno anche la beffa perché gli rispose di nuovo Lucas che, oltre a fargli capire che stava diventando un vero rompipalle e anche un paranoico, gli passò la prima persona inconsapevole che passava dalle parti del corridoio.
In boxer.
- Cosa?- sibilò Draco Malfoy alla cornetta, soffiando fuori dai polmoni una nube di fumo.
- Mi ha attaccato il telefono in faccia!- sbraitò Riddle.
- Oh, sono costernato mostriciattolo. Fossi di fronte a me in questo momento, vedresti la partecipazione nelle mie pupille dilatate.-
- Senti, non farmi incazzare anche tu! Ma che gli prende?-
- E io che ne so?-
All'improvviso, l'ipotesi che quei due non si parlassero sembrò al giovane figlio di Lord Voldemort una possibilità molto seria. Non si parlavano!
Orrore!
- E hai intenzione di fare qualcosa in proposito?-
Suo cugino di mattina non carburava, e va bene, ma Tom attese la risposta per dieci secondi buoni.
- No.-
- Come no?-
- Mostriciattolo, non hai nessun altro a cui dare il tormento?-
- No, visto che Harry è traumatizzato dal fatto che io e te abbiamo cercato di ucciderlo!-
- Io ci provo da sempre.- replicò Malfoy, pigramente.
Potter passò di lì proprio in quel momento e alzò le sopracciglia.
- Mi stai tagliando il mantello?-
- Con Tom.-
- Lo sai che non dovrei essere presente, vero?-
- Allora perché non te ne vai, così possiamo continuare a sputtanarti Potty?-
- Con chi parli?- gli chiese Tom, allucinato.
- Con lo Sfregiato.-
- E gli stai riferendo quello che diciamo?-
- Perché no?-
- Ma allora sei completamente strafatto!- berciò Riddle.
- Fate come vi pare.- mugugnò Harry, alzando le spalle - E digli di stare tranquillo.-
- No che non sto tranquillo!- tuonò Tom, invadendo la cornetta e facendosi sentire anche dal bambino sopravvissuto - Dovresti farti vedere da qualcuno!-
- Si, il becchino.- ironizzò acidamente Malfoy.
- Vaffanculo.- sibilò Harry.
- Ha detto vaffanculo a me o a te?- chiese Tom, stralunato.
- A te.-
- Non è vero Malfoy, ho insultato te.-
- Ok, basta! Basta!- gracchiò Riddle, assordandoli di nuovo - Io ne ho basta! Fate quel cazzo che vi pare, ma trovate una soluzione prima che torni! Io intanto terrò gli occhi aperti nel caso che l'uomo di Badomen si faccia vivo. Milo ha giusto percepito una presenza estranea al nostro gruppo ieri.-
- Ok.-
- E non fare l'accondiscendente con me, Draco!-
- Ok Tom.-
- Ah, al diavolo!- e gli chiese la comunicazione in faccia, cosa che a Malfoy non toccava molto.
Se non altro, lì alla Lucky House l'atmosfera sembrava essersi alleggerita prima del grande e massacrante discorso della Grifoncina.
E il fatto che Malfoy fosse almeno andato a mettersi addosso un paio di pantaloni la diceva tutta sul suo interesse alla questione. Comunque, una volta spediti i bambini fuori dai piedi e averli attaccati alla play, con crèpes al cioccolato e marmellata, senza ovviamente succo d'arancia, i grandi si riunirono nella cucina dell'ala Potter e dopo aver Insonorizzato tutto, poterono finalmente osservare la lettera che Hermione aveva ricevuto a cena, la sera prima, ad Hargrave Hall.
- Una dichiarazione bella e buona.- commentò Elettra, seduta di fronte a una tazza fumante di caffè macchiato.
- E dal sapore conosciuto.- continuò Harry, che invece prediligeva quella nero e bollente.
- Che intendi?-
Potter fissò sua moglie, indicandole una parte della lettera - Vedi cosa dice qui?-
La bionda lesse attentamente -... questa volta non è rimasto nessuno che può fermarmi.- rialzò il viso, ora con una brutta sensazione a pelle - Questa volta? Vuol dire che conosciamo questa donna?-
- Probabilmente vuol dire che ha avuto a che fare con noi.- replicò Hermione, seduta sulla mensola di marmo del mobile cucina - Forse indirettamente, forse no. Ma nel sogno, Harry la sente dire che è una Mangiamorte e che quando i suoi sono stati uccisi, lei è rimasta sfigurata.-
- Puttanate.-
Come sempre Draco Lucius Malfoy era la finezza fatta a persona.
E sapeva essere incisivo come pochi.
- La tizia mentiva.-
- E tu che ne sai?- gli chiese Hermione.
Draco, usando la sigaretta, indicò Harry. Gli aveva letto nel pensiero.
- La tizia diceva balle grosse come draghi.- continuò il biondo Auror, ciccando nel portacenere che gli galleggiava a fianco - E anche Badomen non si fida di lei. Quando parlavano di Tom, lei ha detto che era solo Signore dei Mangiamorte. Dopo si è corretta, ma mi è bastato per capire com'è girata la nostra signora.-
- Quindi che intenzioni avrebbe?- allibì Elettra - Se non è una Mangiamorte...-
- Vorrà vendetta.- replicò Potter, incrociando le braccia al torace - Quanti anni può avere?-
- Che ne so. Dalla voce sembra giovane, ma è sfigurata...almeno secondo Tom.- Draco lo fissò, arrivandoci subito - Dici che la mezzosangue gli ha ucciso i genitori otto anni fa?-
- Alla chiesa di Nostra Signora di Ramsey?- Hermione ricordò quella notte, senza mostrare particolari rimorsi. La notte in cui aveva fatto sprofondare una chiesa d'Illuminati. La notte in cui...Lord Voldemort le aveva fatto i suoi complimenti.
- Magari era lì.- annuì, ignorando gli sguardi dei presenti - Ma Duncan ha controllato. Tutti morti.-
- Non firmavano all'entrata.- commentò Draco, sarcastico - Forse te n'è sfuggita una.-
- Un crollo non sfigura nessuno, amore.- gli fece notare, con tono altrettanto combattivo.
- E tu hai la bacchetta facile.-
- Se solo anche la tua bacchetta fosse veloce come la tua lingua.-
Un ghigno perverso piegò la bocca di Malfoy, ma se non altro si era arrivati a un punto.
La donna di Badomen non era una Mangiamorte.
O almeno...non mirava alla loro prosperità. E non mirava a Tom. Non come Badomen almeno.
- E stanno ancora a Little Hangleton? Com'è possibile? In fondo gli Auror l'hanno rigirato mille volte da cima a fondo.-
- Magari...che ne so, un Portale. Una Trasposizione...controlleremo di nuovo.-
- E come facciamo con tuo padre?- chiese Elettra.
- Lo proteggeremo.- rispose Harry, paziente.
Hermione però lo bloccò, guardando oltre la finestra aperta della cucina - Non è necessario. Io non posso stargli appresso tutto il giorno. E Jeager mi deve un favore.-
- Hai mandato Crenshaw a badare a tuo padre?- Draco allargò quasi la bocca - Ma sei fuori mezzosangue?-
- Non farmi la paternale.- gli disse, soave - Vorrei vedere fosse arrivato un messaggio minatorio per Lucius.-
- Quello è come Potter, non crepa neanche se lo ammazzi.- masticò il biondo fra i denti - Però neanche Crenshaw può stargli alle costole tutto il giorno.-
- Infatti. Si sono divisi il lavoro lui e Asher.-
- Vuoi lasciare in mano loro la difesa di tuo padre?- Elettra sbattè le ciglia - Tesoro, ma sei sicura? Oh, certo. Sono ottime mani, ma magari...forse preferiresti farlo tu.-
- Ho la faccia di una che preferisce farlo al posto altrui?- tubò, melensa.
- Hai la faccia di una psicotica in questo momento.- sindacò il bambino sopravvissuto, finendo il caffè in un soffio - Ora signori, scusate, ma devo volare alla Hayes.-
- E con il tizio che hanno messo alle costole di Tom?- Hermione sembrava più preoccupata per Riddle che per suo padre - Che facciamo?-
- Ha come migliori amici Legimors, Diurni e Sensimaghi. Se la caverà fino a domani, no?-
- Senz'altro.- Draco ritenne conclusa la riunione, stiracchiandosi - Perfetto. La seduta è tolta. E ora, se volete scusarmi, ho da finire della maledetta AntiLupo che ancora non vuole saperne di funzionare come antidoto.-
Ancora prima di mettere la mano alla porta però, i quattro sentirono un leggero tafferuglio nel salone.
Guardandosi in giro, videro Faith sulla soglia con Cosmo nel cappuccio...e Glory inginocchiata a terra.
- E' caduta.- disse semplicemente la piccola Potter - Glory, stai bene?-
La piccola strega bionda si alzò subito, tenendo la testa bassa.
- Si, non ho visto l'orlo del tappeto.-
- Tesoro, sono giorni che cadi.- Hermione andò a controllarla, specialmente le mani e le ginocchia - Che succede, eh?-
- Sono alcuni geni Black.- borbottò Harry, infilandosi la bacchetta nella manica della camicia bianca - La stanno traviando. Ancora un po' e diventerà come Tom.-
- Non è che magari sei stanca?- Hermione osservò ancora la sua bambina, attentamente, specialmente lo sguardo fuggevole - Amore, ci vedi bene? Magari un calo di vista...-
- Tutto a posto.- stavolta Glory fu quasi brusca, sottraendosi dalle braccia della madre - Vado a leggere nella serra.-
- Vengo anche io.-
Lucas sbucò fuori dal salone. E agli occhi dei grandi, qualcosa in quella casa iniziava a girare in maniera più assurda del solito. Il Phyro aveva in testa il casco dello skate-board volante, una racchetta da tennis e alla cinta anche una croce di legno.
- Andiamo.- scandì. Non attese la risposta di Glory, talmente era allibita, e se la trascinò dietro per mano.
Spariti loro, un brivido strano percorse Hermione. E Draco.
Si guardarono appena, ma qualcosa...si, c'era qualcosa nell'aria.
Forse addirittura una presenza fra loro due.
E la loro bambina, di recente era caduta sempre più spesso.
Disattenzione, stanchezza, maldestria...non lo sapevano.
Però stava accadendo qualcosa.
E Draco, dal volto tirato di sua moglie, capì che ancora una volta avrebbe dovuto scoprirlo da solo.
Almeno per il momento.


L'Universale di Hogwarts quel pomeriggio si ritrovò tutta ad Aigues Mortes.
Un villaggio sulla costa della Camargue, dove si agitava la più grande festa nazionale di gitani e fattucchieri mai visti in tutta la Francia.
I colori di quel posto erano incredibili. Come le vesti di streghe gitane che ballavano in piazza, su grandi tavole di legno o attorno a pali con nastri di seta, attorno a cui danzavano con la grazia di farfalle, mentre i loro uomini intonavano canzoni o suonavano flauti e liuti, al passo con ritmi cadenzati e allegri.
- Ragazzi, questa è la Sagra della Sbronza.- rise Sedwigh, appena arrivarono tutti quanti a cavallo.
Si, perché il villaggio dei gitani per miglia non faceva godere ad altri maghi, specialmente gli stranieri, del diritto di Smaterializzazione.
Era fantastico però.
Festa per una settimana intera e nulla, neanche uno tsunami avrebbe potuto fermare quella gente dal loro tradizionale tormentone estivo. C'erano anche parecchi babbani, ma sembrava che i gitani fossero bravi a tenere sotto controllo i loro poteri in loro presenza.
Qualcuno però non gradiva la presenza dei Non Maghi.
- Sono assolutamente d'accordo con lei.-
E ti pareva. Oliver Trust aveva beccato il pezzo grosso del posto, ovvero il capo dei gitani, un tizio sulla sessantina zoppo e con la barba più lunga di quella di Silente.
Vestito con sgargianti abiti dai toni caldi e con tanto oro addosso da farlo apparire un vero nababbo.
- Bravo, ragazzo.- disse quello, con un pesante accento gitano su quello già scandalosamente francese.
Stavano seduti al suo tavolo, perché Trust doveva sedersi solo al tavolo dei reali, figurarsi, e il vecchio sbatté in faccia a tutti un boccale di birra gigantesco.
Neanche Hagrid sarebbe riuscito a finire tutto il suo.
Ma non Tom. Oh. Se doveva farsi del male e vedere Trust con le mani costantemente affondate sulle spalle di Cloe, tanto valeva uccidersi con l'alcool no?
- Così siete inglesi...si, si...- continuò il capo dei gitani, dando un sonoro rutto da osteria - Sentiamo, cosa vi porta in Camargue?-
- Riunione.- gli disse Damon, accendendosi una sigaretta dopo aver rifiutato la pipa che il capo gli aveva passato, con aria di sfida paterna - Siamo stati a Hogwarts tutti insieme.-
- Hogwarts. Si. Mia nipote me ne parlò tempo fa. Lei è stata a Beaubaton. Eccola.- e indicò una bella mora, con un corpetto di raso giallo su una gonna azzurra e scalza che danzava su una tavola poco lontana, insieme a tante altre streghe - Spero sappiate ballare, giovani inglesi. Qui non c'è spazio per inglesi apatici e astemi.-
- Oh e non ce ne sono, si fidi.- gli disse Sedwigh, facendo cin-cin con gli altri al tavolo - Grazie dell'ospitalità!-
E che ospitalità.
Al suono dei tamburi e dei primi tuoni in un cielo dai colori simili al riverbero di una perla, la festa sembrava sfondare quasi le fondamenta del villaggio, oltre ai timpani, ma tutti quanti sembravano essersi adattati a meraviglia a quell'ambiente, specialmente le Grazie che avevano rimorchiato francesi per tutte le compagne.
Tom assistette a scene davvero esilaranti.
E dire che i francesi avevano la loro fama da amatori, come gli italiani...ma nessuno era in grado di spolparsi un uomo come Juliette Caldwell e le sue due amichette, almeno non quando viaggiavano in gruppo tutte quante affamate come lupi. E al loro tavolo ormai si erano riuniti tutti i single della festa, anche se alcune delle ragazze erano fidanzate, per esempio Mary J. Lewis e la ragazza di Matt Rogers, babbana, che si divertiva un mondo ora che aveva capito che Beatrix nel suo fidanzato vedeva solo una bevuta gratis.
E c'erano davvero tutte...tranne Cloe.
Seduta accanto a Oliver.
Presa in mezzo fra Trust e il capo degli zingari, col braccio di Oliver praticamente serrato attorno alla vita come una morsa di ferro.
Poi però...la mano di Oliver si spostò in quella della King, fino ad accarezzarle il braccio con lentezza studiata, quando Trust si accorse di uno sguardo troppo prolungato di Riddle.
Continuavano a parlare lì a tavola...ma Tom, senza accorgersene, seguì quella mano fino alla spalla della Sensistrega, impegnata a discutere con Trix e Milo di chissà cosa. E dolcemente, dalla spalla serica e scoperta, le dita scivolarono sul fianco. Alla cintura di pelle della gonna lunga e dotata di un ampio spazio della King.
Quando sparì sotto la tavola...
Un brivido.
Cloe allargò gli occhi, quasi sobbalzando. Fu la questione di un labile battito del cuore. Tanto veloce che nessuno, se non l'interessato avrebbe potuto capirlo. Nelle iridi della King passarono prima stupore, rabbioso piacere, vergogna, infine collera.
In un attimo Tom si alzò in piedi.
Ma se Trust pensava finalmente di averlo provocato a sufficienza da scatenare ciò che voleva, ovvero una pubblica vergogna per il bastardo che aveva osato invadere il suo dominio, restò a bocca asciutta.
Tom prese il suo bicchiere e dando un bacio sulla gota a Trix, disse che andava a farsi due passi in santa pace.
Il problema era che stuzzicare il drago che dorme è molto rischioso.
Questo lo sapeva bene anche Damon, che dopo un po' si stufò di sentire assurdità e andò a riprendersi la sua ragazza delle grinfie dei francesi.
- Se n'è andato?- chiese Neely - Perché?-
- Oliver ha infilato la mano fra le gambe a Cloe.- le rispose Howthorne, usando un tono crudo.
Neely rimase spiazzata solo per un breve istante. Ma era credibile. Molto credibile.
Quasi troppo scontato per uno come Trust.
- Schifoso.-
- Sono d'accordo.- Damon si accese una sigaretta da quella della Vaughn, quando Trix li raggiunse.
- Che si fa?- continuò, poggiandosi a un palo ricoperto di tessuti in seta e satin.
- In che senso?- la Montgomery lo guardò storto - Tesoro, no. Non devi mai metterci il dito fra quei due.-
- Tom non deve andare via.- replicò invece Trix, come se Neely non avesse neanche respirato ed emesso suoni - E resterebbe qui solo se Harry o Draco stessero male...o se Cloe glielo chiedesse.-
- La duchessa non glielo chiederà mai.-
- Avete pensato che magari non sono affari vostri?- sottolineò la ex Corvonero.
- Boicottiamole gli anti-concezionali.- se ne uscì Trix, di colpo.
Ecco. L'apoteosi.
- E che raccontiamo poi al bambino eh? "Oh, amore...sai come sei nato? Gli zii hanno pensato a metterti in cantiere, non la mamma, che sta dando i numeri perché odia il mondo intero. E non il papà, che quasi sicuramente ha una qualche tara mentale legata ai posti chiusi e circoscritti. Quindi non mamma e papà. Ma noi, gli zii. Sei contento?"- ironizzò il Legimors acidamente - No, meglio uccidere Trust.-
- Credevo ti piacesse.- gli fece notare la Diurna, altrettanto velenosa.
- Si, come a me Flanagan.- sospirò Neely - Accantonate la faccenda del boicottaggio. Chiaro?-
- E se azzoppiamo Tom?-
- Certo, sai che possiamo fare d'altro? Lo prendiamo e lo Sigilliamo a casa tua.- ridacchiò la Vaughn, tipo moglie di Stephen King - Meglio?-
- Mentre voi vi attirate una maledizione da un Riddle, il suddetto è appena sparito con una bruna.-
In effetti, poco prima, Tom se n'era proprio andato. Ma insieme a Tilly, riapparsa per agguantarlo e portarselo via, per poter parlare finalmente soli. Non erano andati lontano comunque.
Semplicemente erano in un tavolo più appartato, sotto una veranda di legno ricoperta di glicine, dove Cloe li trovò quasi subito.
La demone della sera prima, pensò, osservando la perfezione della sua pelle quando le gambe nude di Tilly si avvinghiarono alla schiena di Tom, visto che si era seduta comodamente su un tavolo tondo e tozzo.
Gli strinse anche le braccia al collo.
Quella posa trasudava sensualità ed erotismo.
Si sentiva soffocare.
Non riusciva neanche a guardarlo.
- Mi sembra nervoso, oggi.-
All'istante, sentì montare in lei una collera cieca.
- Non ti azzardare mai più a toccarmi in pubblico in quel modo.- sibilò, senza neanche degnare Trust di un'occhiata.
Forse non l'aveva sentita, perché, da dietro, le passò le braccia attorno alla vita.
- Andiamo...non arrabbiarti.- mormorò con tono soave, quasi melenso, baciandole il collo e facendole scivolare, con la bocca, una spallina del top sul braccio.
Nulla di scandaloso in pubblico. Sotto al top di raso rosa antico portava una camicia bianca, la gonna lunga, a vita bassa e con quello spacco che metteva in risalto le gambe scattanti e nervose, infilate negli stivali di camoscio.
Si scostò, rabbrividendo quasi cogliendo in sé, finalmente, un disgusto che aveva creduto non sarebbe mai riuscita a provare. Ma ora lo sentiva. Labile, lontano. Ma lo percepiva.
E non sapeva dire se fosse per Oliver...o per se stessa.
- Dove vai?- le chiese, inquisitorio, quando s'incamminò da sola.
- Non sono tenuta a rapportarti ogni mio spostamento.-
Una mano sfrecciò ad agguantarla per il polso. E stringeva tanto da spezzarle l'osso.
Gli occhi contratti della King non si levarono dalla gola di Trust.
Se solo avesse alzati il viso, avrebbe visto il volto di pietra del fidanzato.
- Invece sei tenuta a farlo.- le disse, tirandosela vicino - Non voglio più che gli parli.-
- Io sono di parere opposto.-
La morsa si serrò ancora di più.
- Cloe.-
- Claire.-
Accadde mentre Tom se ne andava, lasciando Tilly Hingstom con un bacio leggero.
La King sgusciò via, fissando il volto di Oliver ora quasi scosso dalla prima insicurezza della sua vita.
- Io mi chiamo Claire.- scandì di nuovo, come per imprimerselo nella mente.
Come per ricordarselo davvero.
Per ricordare...l'unico che l'aveva sempre chiamata così.
L'unico che usando il suo vero nome le aveva detto che l'amava.

Sarebbe stato bello fermarsi, fu il commento generale degli ex studenti di Hogwarts, quando ormai, a sole calato, dovettero rimettersi in viaggio per il residence, per l'ultima cena e l'ultima festa privata dell'Universale.
Damon Howthorne, in mezzo alla campagna francese, osservava il cielo sempre più scuro.
Alcuni punti a est erano quasi simili a petali di viole...densi e cupi nembi, frastagliati a volte da piccole scariche elettriche.
- Sicuro di non voler tornare con noi?- chiese al vento, che disperse la sua voce. Il Legimors riabbassò il volto, sorridendo debolmente - Non mi va di lasciarti qui. Magari c'è il tizio di Badomen qua attorno.-
- Non mi farà niente anche volendo.- rise la voce di Riddle.
Tom stava sdraiato proprio sotto di lui, le braccia incrociate dietro la testa.
- Io non ho avuto premonizioni, comunque.-
- Bhè, meno male. Voglio godermi il silenzio.-
- Come farai per tornare? Ricordati lo Spazio Anti Smaterializzante dei gitani.-
- Tornerò in volo.-
- Con la pioggia? Così oltre che con la schiena bucata ti riporto anche con la broncopolmonite.-
- Com'è che vi siete candidati tutti ad aguzzini?-
Damon s'inginocchiò, entrando nel suo spazio visivo.
- Mi dispiace, Tom.- mormorò, a bassa voce.
Come se fosse stata colpa sua...come se...fosse stata colpa sua, se ora fra lui e Claire le cose andavano così.
- Ma di cosa?- Riddle sorrise, intenerito - La colpa non è tua. Anche se ti sei fatto amico il nemico.-
- Sai come dice Draco...-
- Tieniti vicino gli amici e ancora di più i nemici. Si vede.- ridacchiò l'altro, accavallando le gambe sull'erba alta e soffice - Ti prego. Seguire l'etichetta Malfoy per me è un'impresa. Tu però ci sei riuscito bene.-
- Potevi spaccargli la faccia oggi.-
Già.
Avrebbe potuto ucciderlo.
Ucciderlo davvero.
Quando aveva toccato Cloe, davanti a lui...
In fondo, spesso e volentieri, la volontà di un uomo si dimostra anche nel difendere i propri affetti.
Più rudemente, il proprio territorio.
Ma Cloe non era mai stata solo una proprietà.
Purtroppo, e per essere melodrammatici, amarla non era mai stata un'opzione.
Era naturale.
Gli veniva spontaneo come respirare.
E se ora lei stava per sposare un altro...e se ora lei faceva l'amore con un altro...poteva incolpare solo se stesso.
- Non fare quella faccia.- disse, sollevando gli occhi su Howthorne - Purtroppo le cose non vanno sempre come noi vogliamo.-
- Lo so perfettamente bene.- rispose Damon, rialzandosi lentamente - Ma mi sento in credito con la vita.-
- Ah si?-
- Prima perdo te...e adesso anche lei. Non voglio.-
- Tu non la perderai.-
- Se lo sposa, potrei rivederla chiusa in cima a una torre con la porta sbarrata.-
- Pare che la Sigillazione sia un po' il destino di tutti noi.- commentò Riddle, socchiudendo le palpebre quando un tuono rimbombò sulle loro teste - Il fatto è che...non pensavo fosse così anche per Claire.-
- Probabilmente non vuoi parlarne.- iniziò il Legimors, guardandosi attorno come per prendere tempo e racimolare abbastanza coraggio per farlo - Ma io devo chiedertelo.-
- Ti ascolto.-
- La tua intenzione è quella di tornare da Caesar, vero?-
Ci fu un altro tuono e dal cielo cadde una goccia. Un'unica prima goccia di pioggia.
Scivolò sulla spalla di Damon, bagnandogli il collo e poi la stoffa della camicia.
Chi tace acconsente.
Tom stava il silenzio. Forse non voleva rispondere.
Forse...era chiaro ciò che pensava.
- Se io ti chiedo di restare...non basta, vero?-
Rivide il suo migliore amico, quel ragazzo diciassettenne, quando Tom sorrise.
Gli aveva sorriso come tanto tempo prima.
- Mi sei mancato.- fu l'unica cosa che gli uscì.
Fu un soffio, forse neanche un'ammissione.
Un debole soffio.
Ma Damon l'accettò, inspirando forte.
- D'accordo.-
- Potremo riparlarne a casa.- gli disse Riddle - Ma ora voglio solo starmene un po' qui.-
- Capisco.-
- Grazie per come racconti le balle, Damon.-
Una leggera ghignata, poi Howthorne gli dette la schiena. Per fermarsi ancora, qualche metro dopo.
- Tom.-
- Si?-
- Se fosse la duchessa a chiedertelo?-
- Non lo farà mai.- ora la voce di Tom era vacua, lontana.
- E se lo facesse? Resteresti?-
- Non toccherebbe a lei strisciare per riavermi, Damon.- fu l'ultima cosa che gli disse - Devo essere io a supplicare.-
Si, forse scongiurare perdono...forse supplicare pietà...
E' così che si rimettono in sesto i cocci di un cuore ferito?
Dilaniato a sangue?
- Damon...-
- Si?-
- Semper Fidelis.-
Si, per sempre.
Fedeli nel sangue, nell'amicizia.
E fedeli nella morte.
Il fato, o Damon in persona, vollero che una volta al punto di ritrovo dell'Universale, per tornare tutti a cavallo o in carrozza al residence, Cloe fu la prima ad accorgersi che Howthorne era tornato solo dal suo giro.
- Dov'è?- sussurrò a Trix, che stava montando a cavallo dietro a Milo.
La Vaughn fissò Howthorne per un attimo. Poi ricordò il loro precedente discorso e nonostante l'occhiataccia di Neely che trucidò lei e il fidanzato con occhi lampeggianti come il cielo nero sopra di loro, non poté esimersi da fare il sacro commento che dette il via a quel gran disastro che accadde quella notte.
Il primo di tanti.
- Tom? Oh, sarà rimasto con quella sua amica. Prima sembravano avessero intenzioni serie.-
Se fosse riuscita, Neely l'avrebbe strozzata dalla carrozza in cui era sprofondata con le Grazie. Ma se non altro, sporgendosi dal finestrino dallo sportello, fece il gesto chiaro e semplice di torcerle il collo.
E col labiale le disse qualcosa di altrettanto poco carino.
Ma Trix era felice. Oh, se era felice.
Cloe ribolliva. Cloe tremava. La gelosia era talmente salutare in certe situazioni.
La gelosia spesso le salvava certe situazioni.
E all'inferno Oliver.
- A chi arriva primo Oliver?- ghignò Damon, portando il cavallo accanto a quello di Trust.
- Mi sfidi?- ghignò il mago, divertito - Hn, non so...- e si girò indietro, verso la King che era ancora a terra - Dolcezza, ti spiace andare in carrozza con le tue compagne? Io e Damon ci facciamo una corsa.-
Ah, siano benedetti tutti i Serpeverde, pensò Neely quando, partiti quei due, vide un lampo correre all'ultimo cavallo rimasto. Cloe era salita in sella.
E i suoi sensi la stavano conducendo alla meta.
Ancora una volta.
- Sai una cosa?- le sussurrò Trix, quando lei e Milo passarono accanto alla carrozza - E' bello avere i suoi poteri. Così non lo perde mai, anche se le sembra il contrario.-
- Anche grazie a voi due, vero?- ghignò la Montgomery.
E più si guardavano indietro, più la Sensistrega diventava un puntino lontano.
Galoppava. Galoppava.
Sempre più veloce.
Col vento che le frustava i capelli, le gambe scoperte dalla gonna.
E le prime gocce di pioggia che ora cadevano ritmiche come una melodia vittoriana.
Lo sentiva vicino, sempre di più...tanto che ora assumeva i connotati della salvezza.
Il cuore quasi andava al ritmo del rumore degli zoccoli sul selciato verso il villaggio dei gitani, verso le loro praterie.
Attraversò un ponte di pietra e da lì lo vide...
Ora la pioggia cadeva incessante.
Il suo rumore ovattato e il suo odore contro il terreno impregnavano ogni cosa.
Era solo.
Cloe chiuse per un istante le palpebre, prima di raggiungerlo.
Stava gettando al vento anni e anni di difese.
Stava demolendo il suo scudo. Da sola.
O forse era stato Tom...ma stava andando incontro a un dolore sicuro, ne era certa.
Perché amava di lui tutto ciò che faceva più male.
I suoi occhi gelidi, la sua persona altera, il suo pensiero sconfinato.
Il modo in cui l'aveva tradita.
Lui un tempo aveva messo la sua firma sul contratto della Sigillazione.
Ora le sembrava di mettere la firma...per andare alla ghigliottina, perché mandò il cavallo al trotto fino a raggiungerlo.
Era ormai fradicia, con la gonna incollata alle gambe, come la camicia e il top di raso.
I capelli erano diventati serpenti attorcigliati, mossi a ogni passo.
E lui...cosa stava facendo?
La pioggia, pensò Claire, quando scese dalla sella e andò a mettersi di fronte a lui.
In piedi, uno davanti all'altra.
La pioggia...
Possibile che...stesse lì in piedi, sanguinante, sotto la pioggia...perchè da otto anni non aveva più avuto la possibilità di sentire una goccia d'acqua proveniente dal cielo sulla pelle?
Era quella...quella tenerezza che le faceva paura.
Quel suo stare lì sotto il cielo nero come la pece, frastagliato di fulmini e folgori, a capo chino.
Ma erano insieme.
- Lascia che lo faccia.- le disse Tom all'improvviso, senza neanche aprire gli occhi.
Come sapeva che era lei?
- Cosa?- sussurrò Cloe, con le ciglia imperlate di pioggia.
- Lascia che lavi via tutto.- continuò, alzando appena il viso su di lei - Fai finta che sia così.-
Fare finta.
Si.
Forse per quel giorno, lì sotto a quel temporale, da soli...avrebbe potuto accettare di fare finta.
E si convinse che anche il suo cuore faceva finta. Perché da quando era partita, non aveva mai smesso di battere tanto forte. Otto anni. Era tornata a otto anni prima.
Quando tutto era iniziato con lui, senza un perché, senza il bisogno di un perché.
Loro... non ne avevano bisogno.
Un bacio, pensò, prima di annullare la distanza che li separava e gettargli le braccia al collo.
Un bacio soltanto.
Le sarebbe bastato per sempre.
Si sarebbe aspettata resistenza...non due labbra pronte a duellare, ad accogliere e al contempo a violare.
Si sarebbe aspettata tutto...ma non la sensazione di essere tornata in una casa da cui era stata strappata a forza.
Indifesi.
Di nuovo insieme.
E ora di nuovo lui la stringeva forte.
L'amava.
L'amava ancora...lo sentiva.




Se da una parte non bisogna mai dubitare dei moniti che certi soggetti ci pongono, dall'altra non si può nemmeno basare la propria esistenza su propositi di vendetta.
Questo, Lucilla dei Lancaster l'aveva imparato fin da bambina ma la stanchezza degli ultimi tempi aveva appannato e la sua incredibile forza magica e incrinato la sua lucidità mentale.
Fu a causa di tutto questo, infatti, che Lucilla dimenticò un monito che suo cugino Horus le aveva lanciato qualche settimana prima. Un monito che le ricadde addosso al momento meno opportuno.
Quel pomeriggio stesso, verso le sei di sera.
Senza sapere come o perché, la demone aprì gli occhi trovandosi rannicchiata nel suo letto.
E il sole stava appena iniziando ad arrossire, per poi tramontare in un tripudio di fuoco oltre le chiome di Richmond Park. Quando guardò l'ora, stringendosi in una camicia nera di Tristan, e neanche ricordava com'era finita a indossarla, quasi cacciò un gridolino.
Oh no! Aveva perso l'appuntamento con Tristan! Alle quattro, quel pomeriggio!
Suo marito le aveva chiesto di andare a fare due passi a Loch Ness e lei aveva mancato l'appuntamento!
Imprecò, chiudendo gli occhi e dandosi della stupida. Ma come aveva potuto addormentarsi così? Come?
Quando scese in salone vide solo un biglietto, appoggiato sul pianoforte.
Era di Tristan. Era tornato quando lei era stata troppo in ritardo, e trovandola addormentata alla scrivania nello studio l'aveva condotta a letto. Le scriveva anche che, a cena, avrebbero avuto qualcosa di cui discutere.
- Oh, no.- sospirò mestamente, lasciandosi andare seduta in poltrona, tristissima.
Da quando Tom era partito non aveva fatto altro che aspettare quella mezza giornata libera di Tristan...e adesso se l'era persa. Chiuse la lettera, desolata, e si appoggiò su un gomito.
L'emicrania ora le stava rovinando l'esistenza.
Le tempie le martellavano così tanto che a malapena si accorse dell'ingresso di Rose.
Sua suocera stava discutendo con gli elfi, apprezzando moltissimo il fatto che uno di loro le avesse preso dalle mani i troppi pacchi con molta solerzia e quando entrò nel salone, la strega rimase basita per un secondo nel vedere la sua altera nuora solo con addosso una camicia nera.
- Lucilla?- l'apostrofò, avvicinandosi - Lucilla, cara, tutto bene?-
La Lancaster alzò appena il volto, agitando una mano.
- Liz non c'è.-
- Si, l'ho notato. Lei viene sempre ad accogliermi.- ironizzò Rose, continuando a scrutarla - Ah, dolcezza. Hai di nuovo quell'aria tirata. Non stai bene, ammettilo.-
Nessuna risposta.
Lucilla si stava massaggiando la testa, a palpebre chiuse, quasi serrate.
- Cosa potrebbe farti sentire meglio?- continuò Rose, controllandole le iridi quasi dilatate - Hn, niente alcool. Ok, so io cosa ci vuole. Forza, alzati, andiamo a fare shopping.-
- Liz non c'è.-
Stavolta la signora Mckay si bloccò.
Sempre fresca di parrucchiere, curata e sapientemente truccata, Rose Mckay in vita sua aveva imparato a gestire ogni genere di situazione. Ma ora qualcosa sembrava impensierirla davvero.
- Hai sentito cos'ho detto?-
Lucilla stavolta sollevò gli occhi - Si. E Liz non c'è.-
- Tesoro...- Rose schioccò la lingua, prendendole il faccino fra le mani -...l'ho chiesto a te, non a Liz.-
Si, come no.
La demone evitò di riderle in faccia ed evitò anche di risponderle di nuovo, visto che una fitta atroce quasi le spaccò il cranio. Dio, le sembrava di avere una banda di troll in testa, che le martellavano le pareti del cervello con sadica perfidia. E a quanto pareva non era mai abbastanza, perché la voce gracchiante di Elisabeth irruppe nell'ingresso di Cedar House, urlando contro gli elfi domestici.
- Ma cosa diavolo...- Rose alzò le sopracciglia e si diresse alla porta, accorgendosi finalmente che forse la follia era di casa in quella residenza. Si, perché Elisabeth Jenkins cosa stava facendo? Urlava come una pazza contro gli elfi domestici che avevano sbagliato a tingere l'ingresso. Invece che giallo panna avariata, ora l'ingresso era giallo limone.
Stava quasi minacciando di buttarli tutti fuori ed erano ormai in lacrime, che Lucilla si alzò e andò a vedere cosa stava succedendo.
Una cosa tira l'altra e si scatenò il pandemonio che lasciò Lucilla veramente a pezzi.
- Ehi, basta.- scandì, vedendo che Liz stava davvero esagerando - E' solo il colore il problema?-
- Solo il colore?- riecheggiò la governante, sconvolta - Solo il colore? Lucilla è tutto sbagliato! Da cima a fondo! La tonalità è troppo densa!-
- Ok, va bene...- la Lancaster agitò la mano e in uno schiocco di dita, tutto il colore cambiò.
Ora era perfetto.
- E a posto ora?-
- Lucilla...- Liz serrò le labbra - E' perfetto, ma non è questo il punto.-
- Fanciulle, non possiamo discutere di tappezzeria davanti a un bicchiere di thè freddo?- propose Rose, sospirando.
- No.- Lucilla levò i palmi, arrendendosi subito - Apprezzo l'invito, ma...-
La Jenkins la interruppe subito, allargando la bocca, quando notò com'era vestita - Oh no! Non sei andata da Tristan! Lucilla, Merlino, te l'avrò ripetuto mille volte stamattina! Quanto l'hai fatto aspettare?-
Ora fu il turno della demone di guardarla con aria allucinata.
No, era troppo.
- Io me ne vado.- sibilò - Andate pure a fare spese. E lascia in pace quegli elfi, per cortesia.- finì verso Liz, mentre tornava in salone. Peccato che la governante la seguì, agitando la borsetta e gettandole uno sguardo letteralmente sdegnato.
- Forse potrà non interessarti, anzi, è sicuro vista la tua espressione fin troppo palese, ma questa casa va avanti grazie a regole precise. E si sgarra, tutto andrà in malora!-
- Oh, chi se le scorda le tue regole.- rincarò la Lancaster, lasciandosi andare seduta in poltrona, quasi di botto.
- Non fosse per quelle, questa casa non godrebbe del suo lustro.- disse Liz, quasi con orgoglio - Fosse per te...- si bloccò, stringendo di più le labbra - Ah, ma cosa mi spreco...-
- Su, ragazze...- Rose stava in mezzo, abbastanza perplessa - E' solo la tinta di una parete...-
Primo, perché sua nuora non aveva mai aperto bocca contro la governante.
E secondo, perché la governante non aveva mai aperto bocca su sua nuora.
- No, Rose. Non è solo la tinta del salone.- replicò infatti la Jenkins, acidamente - Ma sono cose troppo al di là per la grande portata della padrona di casa. Vero Lucilla?- e la scrutò, alzando le sopracciglia con fare accondiscendente - Figurarsi. Tu non ti occupi di cose come la casa, vero?-
- Per quello ci sei tu. Te ne occupi egregiamente mi pare.- le disse la Lancaster - Stai cercando complimenti per caso?-
- A differenza tua? Già, tu non ne hai bisogno vero? E quando mai.- riecheggiò la governante, piena d'ironia - Tu sei perfetta, vero? La perfezione fatta a persona! Dio, che cosa assurda! Sai, aspettavo da tempo di dirtelo e dopo che hai piantato Tristan anche oggi, questa te la meriti! Sai, forse fesserie come la casa, le feste e il governare una famiglia non sono cose adatte a una lady, ma di certo anche un cane saprebbe prendersi miglior cura del marito!-
Rose si portò la mano alla bocca, mentre gli occhi di Lucilla si sgranavano.
- Ti è mai passato per la testa che magari lui avrebbe apprezzato un tuo maggior interesse per la casa? Eh?-
Lucilla parve irrigidirsi.
- O che magari, anche se non mangi, avrebbe gradito qualcosa cucinato da te? Oh, no vero? Perché tu sei al dì sopra di tutto, giusto? A te basta schioccare le dita per sistemare la tinta dell'ingresso, ma quante volte ti sei davvero interessata...che ne so, ai suoi vestiti. O quante volte l'hai accompagnato a fare spese? O gli hai fatto un pensiero davvero sentito?!- Liz sembrava irrefrenabile - Ti sembra il comportamento di una moglie per caso?-
- Elisabeth.- Rose fece qualche passo avanti - Credo che tu stia esagerando.-
- No, non è vero.- replicò la governante - Per non parlare di Degona!-
Oh no.
Rose tremò leggermente quando iniziò a sentire tutte le superfici di cristallo in quel salone, vibrare.
Vide sua nuora con le mani alla testa. Stava di nuovo male.
- Degona eh?- sussurrò Lucilla.
- Si, Degona.- scattò Liz - Sai, tua figlia. Che hai messo al mondo e poi hai abbandonato!-
Una serie di cristalli sul tavolino accanto al caminetto andò in pezzi.
Scoppiarono letteralmente.
- Ma bene!- Liz si portò le mani sui fianchi - Perfetto! Ora mi toccherà anche pulire! Dannazione, ti sembra buono l'esempio che dai a tua figlia? Sempre in giro, sempre insieme ai demoni! In questo modo tua figlia si rovinerà! Hai già rischiato di rovinarle la vita tornando indietro anni fa e ora quasi mandi all'aria il tuo matrimonio.-
Silenzio.
E quando Lucilla alzò gli occhi, sembravano diventati la neve più pura.
- Oh, dubito che ti addolorerebbe avere Tristan libero dai voti coniugali.-
Finalmente Liz si accorse di quello che stava succedendo.
Deglutì appena, ma quasi le tremarono le gambe quando Rose l'afferrò per il braccio.
La spinse sulla porta del salone, le sussurrò qualcosa all'orecchio, la governante sbiancò e poi uscì.
Tutto lì dentro ancora vibrava. Tutto sembrava pronto a saltare per aria.
Chiuse le porte quasi a chiave, Rose Mckay si girò verso la nuora.
Che strano...Rose provò un'insolita sensazione. Era la prima volta che vedeva sua nuora talmente...debole, indifesa.
Ma quegli occhi avrebbero raggelato l'inferno.
- Lucilla, io...- iniziò.
Una risata agghiacciante riuscì a fermarla, a seccarle la gola.
- Se la sarà goduta, immagino.-
Rose serrò i palmi.
- Tesoro, sei stanca...-
- E la smetta di chiamarmi così.- ringhiò a quel punto, alzandosi e andando dritta al pianoforte. Le dette la schiena, neanche riusciva più a reggere la sua vita.
- Vada via.-
- Quando la smetterai di darmi del lei, eh? Ti diverte sbattermi in faccia questa formalità che si usa solo con gli estranei?- le chiese Rose, perdendo la pazienza - Avanti, andiamo. Lucilla, non sono stupida. Stai male, è quasi più di un mese ormai. Elisabeth ha detto delle cose ingiuste, atroci, questo non la giustifica di certo. E tu non sei una pessima moglie...solo che...- l'ennesima risata fece alzare il tono a Rose Mckay - Insomma!- sbottò - Con te è davvero impossibile parlare! Che ti prende, dannazione?-
- Mi prende che non ne posso più.-
Lucilla alzò il viso oltre la spalla.
Una lacrima le rigava una guancia. Ma sembrava una bambola.
Non aveva espressione in viso.
- Non ne posso più. Non ne posso più di te, Rose...- esalò con tono sepolcrale - Di quella...di tutta questa casa dove mi sento rinfacciare ogni due secondi che razza di madre orrenda sono stata. Non reggo più questa vita, le vostre feste, le vostre stramaledette apparenze...e non sopporto più, oltre ogni cosa, di svegliarmi qui e sapere che tu sarai al varco ad aspettarmi per trascinarmi in chissà che schifoso buco pieno di idioti che pontificano di sangue. Non posso più neanche sopportare di non poter abbracciare mio marito qui in casa, perché secondo quella cretina... - e quasi lo urlò -...è poco fine!-
- Lucilla...- Rose tremava ancora - Sei sconvolta.-
- Io sono furibonda!- strillò la Lancaster. E in quell'esatto istante tutti i vetri della casa esplosero.
Rose urlò, ma subito la magia di Cedar House ricompose quel disastro.
Quando rialzò la testa, la signora Mckay vide Lucilla aggrappata al pianoforte.
Le sue spalle erano scosse da fremiti.
Le mani chiuse a coppa sul viso.
- Lucilla...-
- Piantala.- le disse, in un soffio - Mi hai vista come una nemica dalla prima volta che mi hai conosciuta.-
- No, questo non è vero! E' solo che...non riesco a parlare con te.-
- Sai una cosa? Sono io che non ho più voglia di parlare.-
- Tu non ne hai mai avuto voglia.- le rinfacciò.
- Hai ragione. Con te meno che mai. Il tuo disprezzo è palese.-
- Lucilla, io...- la supplicò di nuovo la signora Mckay ma stavolta, oltre ai vetri, anche le spade appese alle pareti traballarono dalle loro mensole.
- Vattene.-
E stavolta era una minaccia fondata.
Dannatamente fondata.
Voleva andarsene. Voleva Tristan e Dena...e poi voleva andarsene.
Ovunque, ma non voleva più stare in quella casa maledetta.
Quando Rose si chiuse i battenti alle spalle, alla Lancaster sembrò quasi di prendere un lungo respiro dopo una prolungata apnea. Mosse un passo, a piedi scalzi sul tappeto soffice, ma le ginocchia le cedettero.
Sarebbe caduta se qualcuno non l'avesse sorretta.
E nell'istante in cui sentì quelle mani sulle spalle, a stringerla forte, capì di essere caduta in trappola.
Sciocca, si disse, in quei pochi attimi.
Sciocca Lucilla.
Rapidamente, tanto che nemmeno lei riuscì a sottrarsi, un nugolo di catene dorate le bloccare i polsi oltre il corpo di chi l'aveva sorretta e le manette la costrinsero a stringere la vita del suo nemico.
Gemette, quando una mano le carezzò debolmente il collo e la gola.
- Dormirai...- sussurrò una voce di uomo al suo orecchio - Dormirai, piccola mia. E fra cent'anni, quando ti sveglierai, lui sarà morto. Tutto sarà finito. E tu non avrai più motivo di soffrire.-
Lucilla vide delle mani che le coprivano le palpebre.
- No...- la sua voce uscì, per la prima volta in vita sua, in una supplica - No, Horus...no, ti prego!-
- Ti voglio bene, Lucilla. Sarà solo un lungo sonno per te.-
- No!- urlò forte, quando i polpastrelli del cugino le scivolarono sulle palpebre - No...-




Più tardi, quella sera, quando Degona entrò nel salone, trovò solo sua madre riversa a terra.
E dormiva. Dormiva soltanto.
Un sonno lungo cent'anni.




 
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