- Capitolo 10°

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view post Posted on 5/2/2009, 20:12

Arrivederci Presidente...

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Un grido lacerante irruppe nel sonno di Tristan Mckay, facendogli letteralmente balzare il cuore in petto anche se il suo sogno era stato come un abbraccio caldo in una gelida sera d'inverno.
Di colpo aveva dovuto lasciare quel luogo sereno che sta fra il sogno e la veglia per tornare alla realtà.
Si rizzò a sedere nel grande letto matrimoniale in cui dormiva solo da quattro anni e i suoi occhi furono feriti dalla debole luce dell'alba. Sentì altri gemiti dai pieni inferiori di Cedar House, poi la voce isterica di Elisabeth strillò praticamente il suo nome.
Non fece in tempo a scendere dal letto che la strega spalancò le porte della sua stanza e, in lacrime, disperata e in sottoveste da notte, si precipitò verso di lui, salendo sul suo letto e afferrandolo forte per le braccia.
- Tristan! Tristan!- sussultò, quasi istericamente - Dena...Dena non è a letto! Non c'è più!-
Mckay faticò a capire il senso di quella frase ma dopo un solo secondo si precipitò nella camera di sua figlia, trovandola totalmente vuota. Toccò le lenzuola, erano fredde. Era come se non avesse neanche dormito in quel letto.
- Padrone!- una decina di elfi domestici si attaccarono alla porta della stanza della padroncina, con gli occhi sgranati - Padrone, vi serve aiuto?- chiesero, premurosi e spaventati nel contempo.
- Cercate Degona, presto!- urlò - Cercate per tutta la casa, deve essere da qualche parte!-
Gli elfi corsero subito via, eseguendo l'ordine di Tristan, ma ben presto anche tutti gli altri presenti nella casa, dopo aver girato in lungo e in largo per il giardino, la riserva e le stalle, dovettero tornare nel salone dove la famiglia si era riunita a mani vuote. Nessuno, nemmeno gl'inservienti al cancello, avevano visto la bambina.
Jess cercava di calmare suo fratello ed Elisabeth specialmente, mentre Clay arrivato insieme al maggiore dei fratelli, a occhi chiusi, cercava di ritrovare la bambina. Un'operazione molto difficile, visto l'esigua capacità magica di qualunque piccolo mago e il suo lavoro non era facilitato dall'isterismo della Jenkins.
- Come fate a dirmi di stare calma?!- strillò quasi quando Miss Theresa, stizzosa, le disse di tacere per lasciar concentrare Harcourt - Degona non ha dormito nel suo letto! Le lenzuola erano fredde...potrebbe essere andata ovunque! Oppure potrebbe essere stata presa da qualcuno!-
- Chi vuoi che abbia rapito la bambina, scusami?- disse Jess, pacato - Non è possibile Liz.-
- Ieri sera questa casa era piena di gente che parlava di guerra o sbaglio?- replicò con le lacrime agli occhi - Quei pazzi dei Mangiamorte potrebbero averla rapita per farvela pagare!-
- Per l'amor di Dio, Elisabeth...- sbuffò Nadine, seduta sul divano accanto a Rose e Tanatos Mckay, praticamente buttati giù dal letto dalla governante di Cedar House. La vecchia strega scuoteva il capo, infastidita da tutto quel chiasso - E' assurdo dare la colpa a gente che è venuta qua solo per incontrare mio figlio. Senza contare che Clayton avrebbe sentito qualsiasi presenza ostile in questa casa.-
- E allora che cosa sta insinuando?- Liz aveva il viso arrossato per l'emozione - Sta dicendo che Dena è sparita per magia? Oddio...- allargò gli occhi, ricordando che proprio il pomeriggio precedente aveva pescato la piccola a trafficare coi libri di Sofia nella biblioteca. Che cosa poteva aver combinato? Che cosa poteva esserle successo?
- Oddio Tristan!- singhiozzò, aggrappandosi alle sue mani - E se si fosse fatta del male con la magia?-
- Cerchiamo di non essere tanto drastici, ok?- propose Tanatos.
- Sono d'accordo.- annuì anche Jess, dando una pacca sulla spalla del fratello minore - Dena è spericolata ma non una stupida e ti ha sempre dato ascolto quando si trattava di non strafare.-
- Non strafare?- riecheggiò Liz - Jess, è una bambina! Ha quattro anni!-
- Non è una bambina normale, ficcatelo in testa ragazza!- sbraitò a quel punto Nadine, zittendola finalmente. La Jenkins a quella frase si morse le labbra, stringendo i pugni con impotenza e quando Clay dette l'ultimo verdetto, si sentì male sul serio al pensiero che alla sua piccola Dena fosse davvero successo qualcosa.
- Gente...- disse Harcourt, riaprendo gli occhi violetti - Non so dove sia ma vi posso assicurare che non è in questa casa, né nel quartiere o nel raggio di tanti altri qua attorno.-
- Che diavolo vuol dire?- sbottò Sphin - Come sarebbe?-
- Stai dicendo è sparita nel nulla?- ringhiò anche Milo - Accidenti Clay, cerca di essere più preciso!-
- E come faccio ad essere preciso?!- sbottò lui, altrettanto nervoso - E' una bambina, non ha sviluppato il suo potenziale magico e anche volendo ci sono miriadi di varianti che potrebbero impedirmi che percepirla! Potrebbe essere vicino a una fonte magica fortissima e questo, per esempio, m'impedirebbe di sentirla!-
- Aspetta...- Tristan, a bassa voce, sembrava avesse avuto un'illuminazione. Fonte magica fortissima...
Poteva essere...poteva essere da lei!
E la risposta venne proprio quando ormai, dopo due ore da incubo, non ci speravano più.
Jess e Tristan stavano in giardino quando un grosso falco nero, che aveva volato per ore e ore dal Golden Fields, cominciò a planare verso Cedar House, sfidando il vento avverso. Il minore dei fratelli si fece comparire un guanto di pelle sulla mano, affinché il rapace si appollaiasse sul suo polso e finalmente poterono tirare un sospiro di sollievo.
Liz si precipitò letteralmente fuori di casa, ancora in vestaglia e si attaccò alle spalle dei due Auror, terrorizzata.
Tristan prese la lettera, lasciando che il falco andasse a posarsi su un ceppo in giardino, poi notò il sigillo di cera.
Un giglio. Scartò velocemente la busta dove una delicata calligrafia lche lui conosceva bene o informava che presto Degona sarebbe tornata a casa sana e salva. Non gli spiegava cosa fosse successo ma a lui bastava quella notizia bellissima.
- E' da Lucilla.- sussurrò, chiudendo la lettera sul petto e lasciandosi andare in un sospiro sollevato.
- Dov'è Degona?- alitò Liz impallidendo di colpo - E' da...è andata da...da quella demone?!-
Jess prese la lettera e sorrise a sua volta, decisamente più calmo.
- Meno male,- mormorò senza notare lo sguardo allucinato della governante - dice che ce la riporta dopo pranzo.-
- Volete spiegarmi per quale motivo siete così tranquilli?- sbottò la strega - Degona è scappata di casa per andare da quella donna in quel covo di demoni e voi siete felici per questo? Tristan, tua figlia è in pericolo!-
- Perdonami,- s'intromise Jess - ma credo che Dena sia fra le braccia più sicure al mondo.-
- Oh, bella garanzia! Una demone!-
- Santo Dio, non la conosci neanche Liz!- sbraitò Jess perdendo la pazienza - Smettila di dare il tormento a tutta la casa con questa storia e lascia che Dena stia con sua madre per qualche ora! Se è scappata per andare da Lucilla ci sarà un motivo no? O credi che l'abbiano rapita gli alieni?-
Elisabeth arrossì di nuovo di frustrazione, fissando Tristan con aria supplichevole ma da lui non ottenne aiuto, così emise un gemito esasperato e tornò dentro, al limite di una crisi emotiva.
Si lasciò andare sul divano, dove Rose Mckay l'accarezzò il capo e le spalle, cercando di rassicurarla.
- Su, su bambina!- le disse dolcemente - Vedrai che la piccola starà bene!-
- E' andata...è andata da quella donna, in quel posto orribile!- singhiozzò amaramente - E se le facessero del male?-
- E' andata da Lucilla?- disse Tanatos, quando Jess e Tristan tornarono - E come ha fatto ad andare nel Golden Fields?-
- Dev'essere stata lei a rapirla!- sbottò ancora Liz, alzando la voce.
- Sciocchezze!- sentenziò Milo guardandola storto - Lucilla ha giurato che non l'avrebbe mai cercata.-
- E allora si sarà rimangiata la parola!-
- Hai intenzione di farti venire un collasso?- fece Nadine acida, portandole una tazza di caffè - Datti una calmata ragazzina e vedi di ficcarti in testa che Lucilla del casato dei Lancaster non è il diavolo in persona. Se l'avessi conosciuta davvero, invece di dare ascolto alle chiacchiere, sapresti perfettamente che ho ragione. Quindi se hai finito di annoiarci tutti quanti con queste insulse insinuazioni, puoi calmarti e tornare lucidamente come è tuo solito.-
- Nonna, anche tu!- s'intromise Tristan a quel punto - Finiscila di darle addosso, Liz è solo preoccupata ed è normale. È lei che ha cresciuto Dena, perciò finitela di trattarla come un'estranea, ok?-
- Come vuoi, nipote.- sentenziò Nadine fintamente pacifica, sedendosi tranquilla - Allora mettiamo alla berlina Lucilla, tua madre farà i salti di gioia. Dico bene Rose?-
- E no, eh? Non ricominciamo!- sibilò Jess seccato - Nessuno qua a colpa, Lucilla meno che mai! Finitela di metterla sempre in mezzo ogni qual volta quella piccola delinquente combina qualcosa! E poi sono i geni di Tristan ad essere tarati, non quelli di Lucilla...-
- Ah grazie tante!-
- Insomma, non intendete andare a riprenderla?- Liz stava sul serio per avere una crisi isterica. Era balzata in piedi con i fazzoletti stropicciati in mano, gli occhi nocciola sgranati e lo sguardo praticamente allucinato - Degona è finita in quel posto infernale e voi farete nulla?! È pieni di demoni Cameron Manor!-
- Mioddio!- sibilò Nadine a bassa voce, fissando Tristan eloquentemente - Devo ancora stare zitta?-
Il padrone di casa sospirò, cercando sempre di mantenere tutta la calma e la pazienza di cui era capace, visto che gli altri, a parte sua madre che stravedeva per Elisabeth, erano tutti pronti a gridarle addosso. Si avvicinò alla sua amica e dopo averle prese il viso fra le mani, le ordinò dolcemente di guardarlo bene negli occhi.
- Adesso ascolta bene quello che ti dico...- le sussurrò, carezzandole i capelli - Liz...Degona con Lucilla non rischia assolutamente nulla. Tempo fa, prima che se ne andasse, Lucilla mi disse che non avrebbe cercato la bambina, quindi dev'essere stata Dena ad andare da lei e ti possiamo assicurare tutti quanti, anche mia madre...che Lucilla non le farà alcun male perché, anche se come tu hai fatto notare è una demone, è anche una madre normale come tutte le altre.-
- Come fai a pensarlo?- singhiozzò ancora la strega, disperata - Potrebbe...potrebbe...-
- No.- disse ancora Tristan e stavolta con un tono che non ammetteva repliche - Tu non la conosci. Io si. Lucilla non alzerebbe un dito su nostra figlia neanche sotto tortura o se si trattasse della sua stessa vita, perciò ora calmarti e cerca di tranquillizzarti. Quando Dena tornerà a casa sarà felice e vorrà raccontarti ogni cosa. Non è il caso che ti trovi in lacrime, va bene? Liz, rispondimi...- le chiese ancora, placidamente - Liz, hai capito?-
La Jenkins, forse troppo stremata a livello emotivo, annuì con le lacrime che continuavano a rotolarle sulle guance, così Tristan disse a tutti che la portava a letto, lasciando da soli i suoi parenti. Una volta chiusa la porta, Nadine non perse l'occasione per schioccare la lingua verso sua nuora.
- Una perfetta padrona di casa, si si...- fece, sarcastica mentre Rose quasi la fulminava con gli occhi - Una vera gentildonna, una donna perfetta per tuo figlio e per la bambina. Elegante, sofisticata e che sa accogliere gli ospiti dell'alta società. Certo. Peccato che sia da ricoverare!-
- Oh, mamma per l'amor del cielo!- borbottò Tanatos, prima che fosse Rose a mandarla al diavolo - Lo sappiamo tutti che a te piaceva Lucilla ma solo perché Elisabeth è una brava ragazza a cui piace stare in casa e in famiglia non significa che non possa essere una brava madre per Degona.-
- E poi se non altro non ha una fedina penale lunga come la lista della spesa!- sibilò Rose acida.
- Oh e qua ti volevo!- sbottò Nadine, serafica - Ti secca solo che Lucilla sapesse già fare tutte queste cose e che non abbia mai avuto bisogno del tuo consenso da matriarca, mia cara. Lucilla ti metteva nell'angolo, ecco cosa!-
- Per cortesia, volete andare a litigare altrove?- propose Jess col suo tatto angelico - Se Tristan vi sente sparlare di Lucilla non credo sarà molto contento.-
- Infatti, sta seduto nel letto di una povera donnicciola piagnucolante!- frecciò ancora Nadine.
- E con questo cosa vorresti dire eh?- sbottò Rose di nuovo, mentre Tanatos, Milo, Clay, Sphin e Jess prendevano il volo in cucina. Una volta lontani da quelle due belve il gruppetto poté permettersi di ringraziare il cielo che Degona stesse veramente bene, peccato che probabilmente una volta tornata a casa avrebbe subito una strigliata colossale da nonne, bisnonne e anche da tate in lacrime.
Le augurarono almeno che tutto nel Golden Fields stesse andando bene e in effetti le cose procedevano.

Era l'alba quando Lucilla Lancaster, riaprendo gli occhi bianchi da un debole sonno, si era sentita di nuovo viva per la prima volta dopo tanto tempo. Qualcosa di caldo dormiva contro di lei e dei ricci soffici le facevano il solletico al viso, per non parlare della piccola manina che le stringeva la spalla nuda.
Abbassò lo sguardo e trovò sua figlia addormentata contro il suo petto, nella stessa posizione in cui l'aveva vista l'ultima volta. Riappoggiando il capo contro i guanciali, Lucilla aveva creduto di vivere ancora in un sogno.
Ricordava anche la sensazione di smarrimento che aveva provato di fronte alla sua piccola Degona quando la sera prima le era apparsa davanti, allungando semplicemente le braccia verso di lei.
Era la prima volta che la vedeva. Dopo la nascita, non aveva chiesto di vedere la neonata, sapendo bene che tanto non avrebbe potuto restare...e quando l'aveva avuta di fronte, si era sentita come mancare il terreno da sotto i piedi.
Il suo cuore aveva cominciato a battere improvvisamente...e se qualcuno avesse voluto ucciderla, non avrebbe potuto trovare momento migliore. Ma lei...lei era rimasta a lungo a guardare quell'angelo caduto da cielo.
Le assomigliava moltissimo...ma aveva i bellissimi occhi di Tristan e di questo ringraziò appassionatamente.
Le sembrava di poterlo incontrare, attraverso gli occhi di sua figlia...e poi un'altra cosa le aveva volto il fiato, anche se non avrebbe mai potuto immaginare di provare una simile sensazione a quella parola.
Mamma. Degona l'aveva chiamata mamma per la prima volta...
Mentre il sole sorgeva, la Lancaster però capì che probabilmente nessuno a Cedar House era a conoscenza del fatto che la bambina fosse da lei. Certamente Tristan non le avrebbe mai messo davanti la loro bambina in quel modo, così mentre restavano a letto, una lunga piuma magica sullo scrittoio si levò da sola, si posò su un foglio e cominciò a scrivere lentamente. Poi il foglio si ripiegò e tutti i preparativi dell'imbustazione furono pronti poco dopo.
Quando la lettera fu chiusa e Zero, il falco della demone fu volato via con la preziosa missiva attaccata a una zampa, anche Degona aprì gli occhioni verdi, infastidita dal sole.
Parve non capire subito dove fosse, poi quando vide sua madre si ricordò di tutto...e un sorriso magnifico le illuminò il visino, tanto che le gettò subito le braccine al collo, troppo felice per dire qualcos'altro.
Lucilla a sua volta non disse nulla, limitandosi ad abbracciare la bimba ancora con movimenti un po' goffi.
Nei minuti successivi poté cominciare a farsi un'idea di che razza di bambina fosse sua figlia. Degona la tempestò praticamente di frasi, domande e racconti, ma specialmente di domande, per non parlare del fatto poi che non stava ferma sul letto, troppo incuriosita da tutto quello che la circondava.
Era allegra e molto affettuosa, notò anche. Aveva decisamente la parlantina dei Mckay, pensò.
- Mamma, dove siamo?- chiese poi la bambina, sedendosi di nuovo al suo fianco sotto le coperte.
- Lontano da Londra.- rispose Lucilla, parlando con la sua voce dolce e sottile - Come sei arrivata qua?-
- Ho fatto un incantesimo...con un cerchio di una polverina strana...non so bene come si chiama.- disse Degona distrattamente, continuando a guardarla tutta attenta. Ora la scrutava come al microscopio e Lucilla sapeva bene cosa stava fissando. I suoi occhi bianchi. Certamente fra chi conosceva sua figlia, non doveva averne mai visti. Invece la stupì, facendole un altro dolce sorriso e dandole un bacio sulla guancia che le fece di nuovo battere il cuore.
- Ha ragione il papà. Sei davvero bellissima mamma.-
La demone non poté impedirsi di piegare blandamente le labbra in un sorrisino, poi scese dal letto e fece il giro della sponda, per tirare giù anche la bambina. Prenderla in braccio fu un'altra deliziosa scoperta, anche perché la bimba non sembrava aspettare altro che starle vicino.
- Chi ti ha detto di me?- le chiese, facendola sedere davanti a una specchiera.
- Di te?- Degona ridacchiò divertita - Prima la bisnonna. Poi il papà qualche giorno fa mi ha dato le vostre foto.-
- Nadine eh?- Lucilla ora capiva tutto - Stanno tutti bene a casa vostra?-
- Si, benissimo...ma saranno un po' arrabbiati...- mugugnò la piccola - Mi sgrideranno. Lo so che non dovevo andare via senza dire niente ma io volevo tanto vederli! Liz sarà arrabbiatissima!- si girò ancora verso sua madre, ora tutta sorridente - Devo fartela conoscere Liz mamma! Lei è davvero forte! È un'amica del papà e da quando sono piccola c'è sempre stata lei!-
Lucilla non disse nulla, ringraziando solo dentro di sé che qualcuno si fosse preso cura di sua figlia oltre a Tristan. Conoscendolo, per qualche tempo non doveva essere stato molto in forma.
- Mamma...-
- Si?- chiese, tornando alla realtà.
- A me piacciono i vampiri.- sbottò Dena di colpo, fissandola.
Lucilla strabuzzò gli occhi, senza capire.
- Mi piacciono i vampiri.- disse ancora la bambina - Lo zio Milo ha detto che se da grande vorrò ancora, mi farà diventare un vampiro come lui. Mi piacciono tanto i suoi denti.-
La Lancaster di bambini non ci capiva molto ma sua figlia stava forse tentando di dirle che lei le piaceva anche se era un demone?
Sorrise di nuovo, scuotendo il capo.
- Mamma tu vivi qui?-
- Si.-
Dena corrucciò la boccuccia rosea con fare capriccioso - E non torneresti a casa con me vero?-
Sarebbe stato bello, veramente bello...tornare a casa con la sua bambina ma non era possibile. Non ancora almeno.
- Vuoi fare un bagno?- le chiese, senza rispondere alla sua domanda.
Fu decisamente divertente, se non altro fu un'esperienza un po' diversa ciò che le capitava da quattro anni, peccato che tenere fermo quello scricciolo nella schiuma fu un bel lavoro, per non parlare della schiuma che volò fuori dalla grande vasca di marmo. Una volta asciutta Degona si mise a curiosare in mezzo a tutta la grande stanza da letto di sua madre, affascinata da pozioni, libri con faccia e mani che cercavano di afferrarla, modellini in scala del sistema solare e statue vive che facevano le smorfie e le linguacce.
Quando furono le otto e mezza però, la piccola fece una richiesta che alla Lancaster era passata di mente.
- Mamma, ho fame...possiamo mangiare?-
Porca miseria, se l'era scordata. E adesso che faceva? Dovevano uscire dalla camera...doveva uscire da lì!
Erano quattro anni che non metteva piede fuori dalla sua stanza...ma la bambina doveva mangiare.
Si vestì rapidamente, pensando che l'unica maledetta soluzione era andare da Caesar. Accidenti...
Mentre si sistemava i lunghi capelli e imprecava alla faccia che avrebbe fatto Cameron, Dena cinguettava felice e contenta attaccata alla porta finestra, incantata dai campi di margherite nere del Golden Fields.
Poi però dovettero per forza avventurarsi fuori...e Lucilla, prendendola per mano, non aveva un'aria molto allegra. Attraversarono grandi spazi ricchi di candelabri, quadri e affreschi poi scesero al primo piano e la demone si fermò davanti a una porta di cedro scuro alta più di tre metri, intarsiata con cruente scene di battaglia.
Non bussò, limitandosi a infilare la testa nella sala riunioni di Caesar ma quando vide che era in compagnia, il suo umore peggiorò ulteriormente. Cameron, seduto a capotavola, la guardò per una volta in vita sua, stralunato.
- E' uno scherzo.- disse, fissandola.
- Non ti esaltare.- gli rispose, glaciale - Mi serve...del cibo.-
- Cibo?-
- Si, cibo. Sei sordo?-
- Oh, finalmente ti sei convertita.- disse il tizio seduto all'altro capo della tavola, ridacchiando - Salve milady, come stai? Sei bellissima come sempre.-
Lucilla scosse il capo, ignorandolo - Sta zitto Demetrius. Allora? Puoi farmi portare qualcosa?-
Caesar aguzzò la vista - Chi è che ti sta tirando la gonna?-
La Lancaster fece una smorfia mentre sua figlia, con vocina bassa, continuava a notare diversi particolari del palazzo e glieli riferiva tirandola per ogni appendice, specialmente per i capelli e alla fine sia il padrone di casa che il suo ospite, Lord Demetrius, Dimitri per gli amici, notarono la bimba nascosta dietro alle gambe della demone.
Mezz'ora dopo la situazione era ormai degenerata. Madre e figlia si ritrovarono a tavola con quei due dementi, Lucilla non avrebbe saputo definire Caesar e Demetrius in un altro modo, ma il fatto era che Degona non sembrava né infastidita dall'aria pigra del demone dai capelli bianchi, né dall'eccentricità dell'ospite.
Come demone puro era in effetti alquanto particolare, almeno questa era anche l'opinione di Caesar, visto che Demetrius nei suoi quasi novecentodieci anni aveva sempre vissuto a contatto con gli esseri umani e non aveva mai fatto mistero del suo amore verso le pratiche dei babbani, tantomeno aveva mai nascosto a Caesar la sua contrarietà nel vivere lontano dal mondo esterno. Demetrius, nonostante i suoi occhi bianchi, aveva barba lunga e capelli castano chiaro, tipo pelliccia di topo, tinti alla stragrande, tutti scomposti e scarmigliati, per non parlare della treccina al pizzetto. Da tempo si teneva in questo modo, per mitigare la sua bellezza di marmo da demone.
In testa aveva anche una buffa bombetta sulla cui sommità era disegnata una spirale bianca e nera. I suoi modi spigliati poi conquistarono in un attimo Degona che si stava sorbendo una tazzona di latte e caffè, con torta e biscotti.
- Ma tu guarda...- bofonchiò Caesar, mentre la piccola e Demetrius chiacchieravano - E così alla fine è venuta.-
Lucilla lo guardò non molto amichevolmente - Allunga un tuo miserevole artiglio e ti faccio passare la voglia.-
- Per chi mi hai preso?- replicò lui - Ero solo ansioso di conoscerla.-
- Le arrabbiature di prima mattina fanno venire le rughe.- cantilenò Demetrius, interrompendoli - Allora piccola? Come ti chiami?-
- Degona Lumia Mckay.- sorrise lei, quasi con fare orgoglioso - E tu come ti chiami? Sei un demone come la mamma?-
- Si, mi chiamo Demetrius. Ma tu chiamami Dimitri, ok?-
La bimba ridacchiò - Che nome buffo!-
- Si, hai totalmente ragione.- frecciò Caesar con una smorfia - Hai ancora fame piccola?-
- No, grazie. Sono piena!- Dena allora si volse al padrone di casa con aria curiosa - E tu sei il fidanzato della mamma?-
Mancò poco che Lucilla cadesse dalla poltrona, rabbrividendo alla sola idea. Intanto anche Demetrius attaccò a ridere, sganasciandosi - Si, certo...tua madre e questo qua. Bimba, credimi...dovrà ghiacciare l'inferno prima che accada!-
- Demetrius, non hai nessun altro a cui rompere l'esistenza?- rognò Cameron seccato, aprendo un giornale davanti alla faccia per non vederlo.
- Oltre a voi due no.- disse quello con aria da cucciolo, nascondendo in realtà una vera anima subdola da demone - Comunque hai ragione, ho delle faccende da sbrigare.- si mise in piedi, baciando la manina di Degona sul dorso che sorrise deliziata - Arrivederci signorina, spero di rivederti presto.-
- Ciao Dimitri!-
- Devo riportarla a casa...- sussurrò Lucilla intanto a bassa voce, per non farsi sentire.
- Certo.- annuì Caesar, sfogliando il giornale annoiato - Vai pure.-
- Torno appena possibile. Tu intanto occupati del richiamo di Hermione, capito?-
Cameron non alzò neanche lo sguardo dai suoi affari - Come ti ho sempre detto, di lei me ne occupo io.-
- S'è visto come te ne sei occupato bene.- recriminò la demone prima di uscire - Se non ti andava potevi dirmelo subito Caesar, mi sembrava di avertelo detto che tenevo molto a lei. Se non sei in grado di occuparti di qualcosa che respira e pensa, allora continua a restartene chiuso qua dentro ma se fossi in te ritroverei la mia amica e in fretta anche!-
- Non sei l'unica a tenere a lei.- sibilò in risposta, stavolta irritato - Dannazione Lucilla, smettila di credermi il diavolo in persona. Sistemerò io la questione, tu occupati dei affari tuoi.-
- Hn...- ringhiò in risposta, sbattendo la porta alle spalle - Lo farei anche se non fossi prigioniera qui!-

Edward Dalton apparve al piano terra della casa di Harry Potter, a Lane Street un giorno dopo la sua partenza.
Aveva avuto una pessima fortuna da quando era arrivato a Hargrave Manor: aveva fatto un fantastico buco nell'acqua nel Linkolnshire, girando per il maniero della famiglia Hargrave per tutto il giorno insieme ai domestici e al dispotico nonno di Hermione senza trovare il benché minimo indizio sia nella camera della Grifoncina che nei suoi documenti. Inoltre Jane era andata via per qualche giorno in Francia, in ferie dalla sua carriera da dentista che non aveva mai abbandonato nonostante le pretese di suo padre, perciò non erano riusciti a rintracciarla. Non era tornato proprio a mani vuote, però non era neanche riuscito ad avere qualche chiarimento.
Aveva solo in mano uno scatolone e due felini appresso che litigavano continuamente.
- Gente!- urlò salendo le scale - Ragazzi, ci siete?-
Li trovò nel salone del primo piano, tutti seduti attorno al tavolino dove troneggiava un Pensatoio. Lo stesso Pensatoio che Harry e compagni avevano trovato la sera prima in quel malfamato quartiere mentre Elettra aveva portato Blaise e Tom da Sirius. La loro rimpatriata dai Black era stata meno traumatica del previsto per il piccolo Riddle.
Da principio nervosissimo, era a stento riuscito a guardare Sirius in faccia, per non parlare di come aveva balbettato di fronte a Narcissa. Il trauma era stata Andromeda, così simile a Bellatrix. Per calmarlo c'era voluta tutta la dolcezza nascosta di Narcissa, mentre Andromeda che non aveva mai amato nessuno dei genitori di quel suo nuovo nipote era stata un tantino più rigida. Sirius invece, anche con quell'aria da altero mago purosangue, era stato l'unico a riuscire a far sorridere un po' il piccolo mago e dopo le presentazioni, si erano messi a parlare dell'arrivo del Riddle formato small da Harry, dei casini che stavano succedendo, del ritorno dei Mangiamorte, dell'attacco a Blaise e anche della full immersion di Draco nella residenza primaverile dei Black. Secondo le due sorelle Black, stavolta Malfoy era stato un po' impulsivo. Sirius invece non si era espresso anche perché lui era tutto concentrato sul nuovo marmocchio del gruppo.
Si erano lasciati solo con la promessa di riportare presto Tom in casa Tonks, naturalmente con Harry e Draco.
- Salve gente,- bofonchiò Edward, entrando e vedendo le loro facce - tutto bene?-
- Ti sembra che vada bene?- frecciò Ron - Allora? Che hai trovato?-
- Questo...- disse Dalton, buttando lo scatolone sul tavolino - e quelle due maledette palle di pelo!-
Dicendolo, Grattastinchi e una gatta bianca con gli occhioni gialli si fiondarono nel salone, soffiandosi addosso.
- Oddio!- rise Harry, insieme ad Elettra e a Weasley - Non ci credo! Guarda quei due! Ciao Grattastinchi!-
- Mamma mia, sono anni che non lo vedevo!- celiò anche la Baley.
- Oh e quella è Dray!- celiò Blaise - Guarda quant'è cresciuta!-
- La gatta della vostra amica Granger si chiama come te?- rise May, fissando Malfoy.
- Zitta mezzosangue!- borbottò il biondo, prendendo la micia in braccio - Allora Dalton? Hai visto Jane?-
- E' in Costa Azzurra, in ferie. Torna fra una settimana anche se parlare con lei sarà inutile. Siamo in un anno bisestile e i Veggenti vengono privati della Vista.-
- Oh già...- si schifò Harry - Cazzo! Ma porca miseria e adesso che facciamo?-
- Guardiamo nel Pensatoio.- sospirò Elettra - Io non vedo altre soluzioni.-
- Si, certo...ma prima date un'occhiata qua.- Edward si sedette fra Blaise e May, cominciando a scartare il pacco che aveva portato con sé dalla casa di Lord Hargrave - Me l'ha dato suo nonno e vi posso assicurare che non era del suo umore migliore. Era parecchio incazzato con Hermione, anche se non mi ha detto perché. Mi ha solo mollato questo in mano...- e tirò fuori l'orologio magico che Ron aveva regalato alla Grifoncina il giorno dei suoi diciotto anni, lo stesso che avevano i Weasley alla Tana. Tutti quanti schizzarono a controllare, in ansia. Strabiliati però, notarono che c'erano parecchie fotografie. Una ritraeva Tom che era al sicuro, sulla scritta "CASA"; un'altra foto era decisamente più ambigua e Jeager Crenshaw con la sua lancetta era posato sulla scritta aggiunta della strega in "AZIONE".
- Azione?- bofonchiò May - Che vuol dire?-
- Oh,- Tom sorrise con aria di scuse - Jeager attaccava sempre Hermione in ogni momento, così ha pensato di controllarlo. Azione vuol dire che lui sta combinando qualcosa.-
- Però, sveglia come sempre...e questa?- Harry indicò una ragazza che però si trovava sulla scritta "MORTE".
Era Linda Fulcher. Come mai Hermione aveva tenuto quella ragazza sul suo orologio? Era una Magonò.
Forse la conosceva. Anzi, l'aveva conosciuta. C'erano altre due lancette e su una di esse c'era niente meno che Rafeus Lestrange. Anche lui era sulla stessa tacca di Jeager. Questo stava a significare che stavano macchinando qualcosa.
Fu l'ultima a lasciare i ragazzi pallidi come cenci.
- Guardate bene.- disse Edward - Lord Hargrave mi ha detto che la lancetta di Herm è così da circa ieri sera.-
E quella maledetta lancetta segnava qualcosa che nemmeno Ron aveva mai visto. Stava esattamente a metà fra la scritta "PERICOLO" e "MORTE".
- Cosa vuol dire? Si sarà rotto?- ipotizzò Tom.
- No, è assurdo. Non si rompono mai.- disse Weasley - Ma non è possibile che stia così ferma a metà!-
- Lasciate perdere dov'è!- sbottò Elettra - E' a un passo da "MORTE"!-
- E come se...- sussurrò Blaise - Fosse in uno stato di transito.-
- Si,- annuì Harry a bassa voce, come per timore che dirlo a voce alta l'avrebbe reso reale - è come sospesa fra la vita e la morte. Ma non può essere così da ieri sera. Ci dev'essere un errore.-
- E se non ci fossero errori?- sibilò Draco.
I ragazzi si guardarono, ormai al limite della preoccupazione. Dannazione, dovevano fare qualcosa! Ma non sapevano dove trovarla. Hermione non aveva lasciato indizi di nessun genere! Era irraggiungibile ovunque fosse finita!
- Avanti.- sbottò Potter mettendosi in piedi - Guardiamo nel Pensatoio.-
- Ok, però è meglio usare la Stanza degli Specchi al Ministero.- scandì Ron - Lì vedremo meglio.-
Entrarono al Ministero che era ormai ora di cena ma gl'inservienti come sempre non si stupirono troppo della cosa visto che Potter aveva l'estrema mania di comparire sempre nei momenti più impensati.
Per Tom poi era la prima volta e si guardava attorno un po' spaesato ma anche incuriosito. Filarono al Sesto Livello e lì, mostrando il distintivo degli Auror, riuscirono a passare nell'ala dei Veggenti.
- Ma è legale usare la Stanza Visionaria senza un Veggente o un Sensimago?- sussurrò Elettra.
- Devo davvero rispondere?- replicò Harry guardandosi attorno per vedere se c'era qualcuno.
- Lo sapevo che finiva così, accidenti!- ringhiò May, che chiudeva la fila - Possibile che non siete capaci di starvene buoni e tranquilli per qualche ora? Mi farete venire i capelli bianchi!-
- Se, certo...l'importante è che non ci fai rapporto!- la zittì Ron, trascinandoli verso l'ultima porta del corridoio. Lì si fermarono, guardarono alle loro spalle per l'ultima volta e poi varcarono la soglia, accecati dalla luce splendente che proveniva da lì dentro. Si ritrovarono in un luogo totalmente riflettente, pavimento, soffitto, pareti.
Ogni cosa rispecchiava la loro immagine.
- Ok, ci siamo.- disse Harry andando in mezzo alla stanza e piazzando il Pensatoio in mezzo a un piedistallo che si era formato da un liquido argentato, presente sul pavimento. Una volta lì, tutti quanti dovettero levare le loro bacchette per rompere il sigillo che Hermione vi aveva precedentemente posto.
- Bene, adesso mettete tutti le bacchette dentro i ricordi evanescenti.- li istruì Potter - Tom, tu stai indietro.-
Una volta che le punte di tutti e sette i maghi adulti finirono nella coppa di legno, il mistero della Stanza degli Specchi, si rivelò utilissimo. Invece che venire risucchiati nei ricordi della Grifoncina, furono i ricordi nel Pensatoio a uscire fuori come un fiume in piena, riflettendosi in ogni specchio attorno a loro. Luci, colori, suoni, magia...ne vennero avvolti poco per volta, mentre le immagini cominciarono a sfrecciare davanti ai loro occhi.
Da principio furono sciocchezze, immagini di tutti i giorni, scene di vita quotidiana come le macchine che sfrecciavano per le strade buie di Londra, visioni di una biblioteca enorme, libri che svolazzano in giro...
- Ma cos'è questa roba?- disse Draco, nervoso - Non ho mai visto una serie di ricordi più caotica di questa!-
- Caesar dice sempre che i ricordi più importanti sono sempre nascosti.- bofonchiò Tom, vicino a Ron ed Elettra - Le cose semplici sono in superficie e gradatamente si arriva ai ricordi custoditi più gelosamente.-
- Ah...- Harry si mosse di nuovo verso il Pensatoio e intinse di più bacchetta ma facendolo toccò il fondo. Ci fu un'altra esplosione di colori e tutti quanti stavolta rimasero senza parole.
"Expecto Patronum!"
Quello era Harry. Era l'immagine di un bambino tredicenne che scagliava un Patronus completo per la prima volta, davanti a un laghetto, di notte, di fronte a decine di Dissennatori. Poi fu il turno di Ron. Lo videro seduto a un tavolo, giocando a scacchi con un sorriso divertito sul volto spruzzato di lentiggini. Poi Ginny, Fred e George, Elettra sulla scopa, la prima volta che aveva visto Hogwarts dalle barca sul fiume, Silente poi Blaise.
Infine un'altra immagine si soffermò più a lungo sugli specchi. Sotto il glicine, un Draco diciottenne stava fumando seduto sotto le arcate di Hogwarts.
Quelli erano i ricordi in fondo al Pensatoio. I ricordi più cari.
Non fecero in tempo a dire qualcosa che stavolta videro Jeager Crenshaw.
"Credi davvero di battermi?" stava dicendo "Non ce la farai mai..."
- Ferma qua Harry!- gridò Blaise, per farsi sentire fra le mille voci dei ricordi. Finalmente la catena si bloccò e l'immagine di Jeager invase l'intera stanza degli specchi, risucchiando i maghi nel ricordo.
Presenti come fantasmi silenzio, i ragazzi videro un'Hermione di circa vent'anni in un luogo buio e ampio, di mattoni neri, con poche candele...e davanti a lei c'era quel demone, che la guardava con occhi assassini.
"Dimmi, Hargrave... " lo sentirono sussurrare "Perché lo fai? Per la gloria?"
La videro ridere, sogghignare e poi sguainare la bacchetta "Non lo saprai mai."
"Caesar non è tipo da accettare allievi sai..." continuò il mezzo demone, aggirandosi tranquillo attorno a lei, con fare felino "Tu invece...non so bene per quale motivo, hai destato il suo interesse. Certo, sentiti i tuoi precedenti posso pensare anche io che tu abbia delle capacità particolari...ma resti un'umana. Una mezzosangue umana."
"E tu un idiota..." sorrise lei, in un modo che fece quasi tremare Harry e gli altri "Fossi stato meno arrogante, forse ora non saresti nei guai Jeager!" agitò la bacchetta e il mezzo demone, sgranando gli occhi, si accorse di aver commesso un'imperdonabile leggerezza "Vorticum inflamare!"
Ciò che si vide alla fine del ricordo su solo un immenso turbine di fiamme scure che avvolse Crenshaw dal basso e lo abbracciò totalmente, fino a bruciarlo. L'immagine sparì e ne apparve subito un'altra che lasciò di nuovo i ragazzi senza fiato, specialmente Malfoy.
"Perché?"
- Caesar!- sussurrò Tom.
"Perché? Perché vuoi apprendere qualcosa che ti disgusta a tal punto?" disse di nuovo il bellissimo giovane dai capelli bianchi davanti a loro. Videro finalmente il grande Caesar Cameron, il demone che da secoli viveva in solitudine. Stava appoggiato a una finestra...e davanti a lui, in piedi, c'era sempre Hermione. Più o meno il periodo doveva essere lo stesso del precedente ricordo. Lei appariva tranquilla, in atteggiamento rispettoso certo...ma serena, anche davanti a quel demone.
Caesar le porse la mano e lei la prese, stringendolo forte. Gli fu vicino e sospirò pesantemente.
"Devo imparare. Devo sapere per forza." Alzò il viso su di lui, come per trapassarlo "E tu perché hai accettato?"
Il ricordo si chiuse lì ma Draco aveva visto perfettamente quell'avvicinarsi lento fra i loro visi...e dannazione, aveva anche capito tutto dall'espressione del piccolo Tom, che aveva sviato subito l'attenzione su qualcos'altro.
Ora erano finiti in Germania. Harry e Ron videro Krum, poi di nuovo Rafeus Lestrange. Fortunatamente di Vanessa non c'era traccia, ma di nuovo qualcosa attirò i loro sguardi.
- Quella non è Linda Fulcher?- chiese May, indicando un frammento d'immagine sulla parete alla loro sinistra.
Si, era quella Magonò. Blaise si mosse a bloccare il ricordo, toccando direttamente la parete e di nuovo vennero catapultati dentro, stavolta però finirono direttamente in una sala riunioni di formato accademico.
Era interamente di legno scuro, le pareti di pietra in stile gotico...e su un organo, dietro a un pulpito, c'era un simbolo su una lastra di porfido rosso. Era il teschio di Voldemort.
Immersi in quell'atmosfera, i ragazzi videro la sala riempirsi di colpo...e quelle persone erano tutte Mangiamorte. Coperti da lunghi mantelli, gridavano come forsennati contro il pulpito, dov'era salito improvvisamente Rafeus Lestrange. Teneva saldamente quella ragazza e praticamente i Mangiamorte lo stavano inneggiando ad ucciderla.
E probabilmente sarebbe morta lì se Hermione, smaterializzatasi alle spalle di Lestrange, non lo avesse colpito duramente con l'Impedimenta e non avesse salvato Linda.
- Si può sapere perché volevano ucciderla?- ringhiò Ron quando finì il ricordo - Ma chi diavolo era quella ragazza?-
- E quello...gente, guardate lì!- disse Elettra, sentendo dei bisbigli sul soffitto. Alzarono il viso e stavolta avvertirono solo un ricordo uditivo. La prima voce era quella di Rafeus...l'altra, camuffata, era probabilmente di una donna.
"Non t'azzardare a fregarmi, ricordatelo sporca mezzosangue!"
"Perché non ti calmi Lestrange?"
replicò quella voce lontana, indistinguibile "Non vorrai che faccia impazzire anche te. Sai...il mio tocco funziona meglio su voi maschi..."
"Sta zitta! E fa come ti ho detto! Uccidi la nipote di Hargrave e avrai quello che mi hai chiesto!"
"E con Harry Potter come la mettiamo?"

Rafeus in quel momento ghignò perfidamente "Se vuoi occuparti anche di lui accomodati ma lascia che ti convinca a non farlo. Hermione Hargrave è già abbastanza pericolosa...se viene a sapere che stai dando la caccia anche al bambino sopravvissuto potrebbe non prenderla bene. Limitati a ciò che ti ho chiesto, io intanto mi darò da fare per farti avere la tua ricompensa. Ti saluto Katrina."
- Katrina?- bofonchiò Ron - E adesso questa chi diavolo è adesso?-
- Dannazione, non si capisce più niente!- ringhiò Harry furente.
- Finiamola. Per stasera abbiamo visto anche troppo.- disse Edward - Ragazzi, questa cosa va esaminata a casa nostra a mente lucida. Riportiamoci il Pensatoio a casa ed esaminiamo tutto domani.-
- Ha ragione Ed.- annuì Blaise - Harry, stare qua a spaccarsi la testa non serve a nulla.-
- E allora che cazzo proponi?- sbottò Draco ancora più furibondo di Potter - Quella fottuta lancetta di quel maledetto orologio dice che la mezzosangue potrebbe morire! Vuoi che ce ne stiamo con le mani in mano?!-
- E che cosa vorresti fare?- replicò Zabini, cercando di tenerlo buono prima che facesse qualche sciocchezza - Guardami bene in faccia Dray! Non sappiamo dove sia Hermione e capisco che ti faccia andare fuori di testa ma in questo momento non abbiamo bisogno di altre cazzate, sono stato chiaro? Non t'azzardare a ficcarti in testa di andare a cercarla da sola perché i tuoi cugini sono pronti e armati di ascia per tagliarci la testa! Hermione ha bisogno di aiuto, è vero, non di un altro che va a farsi ammazzare per niente!-
Malfoy, dopo quella strigliata, si morse la lingua rabbioso e girò sui tacchi per andarsene ma quando spalancò la porta ci si richiuse dentro, imprecando. - Abbiamo compagnia!- sibilò.
Lo raggiunse Harry in due balzi e si accostò a lui, nel campo visivo fra lo stipite e la porta.
C'era gente...e sgranando lo sguardo si accorse che erano Obliviatori. Perché se ne andavano in giro in squadrone a quell'ora?
Lasciò perdere quelle domande. Avrebbe cercato una risposta a tutto una volta tornato a casa e dopo aver messo al sicuro tutti gli altri, per questo, dopo che il corridoio fu di nuovo sgombro, fece uscire tutti i ragazzi dalla porta. Poi uno per uno si smaterializzarono via, tutti tranne Ron che si fermò su un altro livello dov'era presente il controllo delle entrate al Ministero. Non che li si dormisse ma se i Controllori fossero stati meno addormentati e annoiati, per Weasley non sarebbe stato facile attraversare i muri del loro ufficio, finire nella stanza dei registri magici e cancellare, mentre le penne continuavano a scrivere da sole su migliaia e migliaia di pergamene, i loro nomi dalle righe con uno speciale inchiostro magico in dotazione agli stessi Controllori, quando si sbagliavano.
Se ne andò a casa scuotendo il capo e sbuffando. Si fosse trattata di vita o di morte, lì al Ministero tutti si sarebbero ritrovati secchi nel giro di due minuti se bastava uno Smolecolarizzatore come lui a fregare la loro sicurezza.
Però andando a via, qualcosa cominciò a frullare nella mente di Ron. Aveva sognato o aveva visto fra i nomi sulle pergamene, nelle ultime entrate al Ministero dopo la sua, anche Orloff?
Erano quasi le dieci di sera, cosa ci era venuto a fare il Ministro della Magia a quell'ora? Colpito da quel particolare, si bloccò a metà strada e tornò dentro, con un brutto presentimento. Passò di nuovo fra i muri, poi sotto il naso dei Controllori e di nuovo con i registri in mano, vide che Orloff se n'era già andato via, ma a lui interessava un'altra cosa. Vedere con chi era stato...e senza sorprendersi vide che era andato nel reparto degli Obliviatori.
- Ma che cavolo vuol dire?- bofonchiò fra sé. Secondo quanto aveva detto May, che aveva avuto un colloquio con lui quella stessa mattina mentre Edward era ancora via, Orloff era stato parecchio tempo con l'intero Wizengamot e poi con Duncan da mezzogiorno in poi. Se ne assicurò e in effetti trovò che era stato con loro...ma poi, di nuovo, qualcosa gli fece sentire la classica puzza di bruciato scorrendo il dito fra i vari nomi di coloro che aveva incontrato il Ministro della Magia. Alle tre di pomeriggio di quello stesso giorno, Orloff era stato in compagnia di...Katrina.
Possibile che fosse stata la stessa Katrina dei ricordi di Hermione? Si affrettò a cercarne il cognome ma non lo trovò da nessuna parte e la cosa gli parve assurda. Letteralmente assurda. Nessuno al Ministero entrava senza avere il riconoscimento del cognome...a meno che questa Katrina non fosse un folletto o un troll.
La sua ricerca finì quando i Controllori si misero a fare il loro giro, quindi Weasley dovette lavare le tende ma se non altro non sarebbe tornato a casa a mani vuote. Ora avevano un motivo un più per stare attenti a Orloff, a quella Katrina dei ricordi di Hermione che sicuramente lavorava per i Mangiamorte e ai fratelli Lestrange.


I cancelli di Cedar House non le erano mai parsi così invalicabili, pensò Lucilla.
Pioveva a dirotto, sembrava che il cielo piangesse...e lei se ne stava lì, davanti a quei cancelli di ferro battuto, avvolta in un mantello scuro con un cappuccio sul viso, celandosi agli occhi di tutti.
La casa era in subbuglio, sentiva alcune voci concitate grazie al suo udito sviluppato. Ormai era ora di lasciare andare Degona. Sua figlia stava nascosta sotto il suo mantello, protetta in quel mondo sospeso fra la realtà di suo padre e quella breve parentesi avuta con sua madre. Alzò gli occhi verdi su Lucilla e allora lei s'inginocchiò, continuando a proteggerla dalle schegge della pioggia col suo mantello.
Lucilla provò qualcosa che non provava da tanto quando la sua bambina le prese le mani, stringendole forte.
- Per favore...vieni a casa mamma!- la implorò di nuovo, come aveva già fatto prima di andare via dal Golden Fields - Per favore, torna a casa con me! Io voglio che torni a casa! Anche il papà è triste! Ti prego mamma!- e le gettò le braccine al collo, cominciando a singhiozzare sommessamente, come per non farsi sentire.
Nella sua ingenuità, Degona non poteva sapere quanto suppliche e preghiere e lacrime potessero far male. Erano come un spada nel cuore, come sale su una ferita aperta e Lucilla non era in grado di reggere così tanto.
L'abbracciò stretta, continuando a carezzarle i capelli e il tenero visino, ma dovette scuotere il capo, dando una grande delusione alla sua bambina. - Non posso...- sussurrò piano - Non posso ancora tornare a casa.-
- Mamma ma io ti voglio a casa adesso! Non voglio più che vai via!- singhiozzò di nuovo Dena, cominciando a piangere apertamente, con grandi lacrimoni che le rotolavano sulle guance rosse - Perché non puoi restare? Perché vuoi tornare in quel posto? ...Non...non vuoi stare con me e il papà?-
Di nuovo il cuore prese a batterle come impazzito e se l'ultima discendente dei Lancaster si era chiesta in quegli anni se le fosse rimasto un briciolo di umanità, in quel momento capì che per quella bambina si sarebbe fatta mettere in gabbia anche per sempre. Era apparsa in un lampo e così, purtroppo, se ne sarebbe andata.
Era apparsa e per lunghi momenti le aveva portato gioia, affetto e un sorriso che Lucilla non avrebbe più scordato, accedendo un tipo di amore che non avrebbe pensato di poter provare...e proprio per quello, lei avrebbe messo al sicuro sua figlia e suo padre. Anche a costo di non vederli mai più.
Quando parlò, Lucilla sentì una lacrima estranea rigarle la guancia alabastrina.
- Degona...- sussurrò, baciandola sulla fronte - Promettimi che non cercherai più di usare la magia per trovarmi.-
- Ma mamma...- la vocetta della bimba era un singhiozzo e un gemito dietro l'altro.
- No.- disse la demone - Degona, hai rischiato molto per venire da me. E sei ancora troppo piccola. Avresti potuto finire nelle mani di qualcuno che ti avrebbe fatto del male...e poi...cos'avrei detto a tuo padre?- sentendolo, la piccola cominciò a pulirsi il viso, continuando a piangere - Il tuo papà ti vuole bene...e non merita che tu lo faccia preoccupare. Quindi promettimi che non cercherai di trovarmi mai più.-
- Ma così non ti vedrò più!- sbottò, con gli occhioni rossi per lo sforzo.
Lucilla deglutì, sentendo un'altra lacrima seguire la precedente...ma erano così fredde che quasi non sembravano sue.
- Degona...promettimelo.- le chiese, posandole le mani sulle spalle.
E la piccola, dopo aver abbassato il visino con le spalle tremanti, annuì.
- Te lo prometto mamma.- mormorò.
Aveva ottenuto ciò che voleva. Degona non sarebbe più apparsa nel cuore della notte a farle battere il cuore. Non l'avrebbe più sentita chiamarla mamma. Non l'avrebbe più rivista. Era stato un sogno. Solo un bel sogno.
Continuò a ripeterselo anche quando sua figlia le ributtò le braccia al collo, piangendo disperatamente. La teneva così forte per i lembi dell'abito che ebbe l'impressione di essere pesante come pietra. Se restava ancora, da lì non se ne sarebbe più andata...e l'ira di Caesar avrebbe travolto sia sua figlia che Tristan.
Così la prese in braccio, con la bimba che nascondeva il viso nel suo collo, e si mosse verso i cancelli. Li passarono entrambe come se fossero fatte d'aria, poi s'incamminarono lungo l'entrata delle siepi, profumate di fiori.
La casa non era lontana. Ci sarebbe stata la fontana...e poi la porta principale. Era tutto come prima.
- Mamma...-
- Si?-
- Mi vuoi bene?-
Lucilla si fermò in mezzo ai giardini, poi scostò la figlia quel tanto necessario per guardarla in viso.
Nessun figlio dovrebbe mai sentirsi così solo da porre questa domanda a un genitore, pensò distrutta.
- Come non immagini neanche.- sussurrò, baciandole la guancia - Non dimenticarlo.-
- Anche io...anche io ti voglio bene.- replicò Degona, con un sospiro. Una volta di fronte alla gradinata che avrebbe condotto alla porta, la piccola si fece posare a terra dove la forte presenza magica della madre impediva alla pioggia d'inzupparla. Guardò Lucilla dal basso all'alto...e proprio quando sua madre iniziò a piangere, Degona smise.
Si passò la manica del pigiama sul volto, facendole poi un sorriso stentato.
- Ciao mamma!- agitò la manina un paio di volte, poi le diede le spalle.
E andò via. Aprì la porta e l'oltrepassò, la richiuse...mentre voci accorate gioivano di quel ritorno.
Era finita. Il sogno era finito.
E quando Tristan corse fuori, spalancando la porta di Cedar House con cuore in gola, non trovò nessuno.
Solo pioggia. E un cielo che sembrava piangere.

 
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