- Capitolo 22°

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view post Posted on 5/2/2009, 19:29

Arrivederci Presidente...

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E così era quella Hogwarts.
Caesar Noah Cameron abbassò lo sguardo dalle torri illuminate della scuola di magia e riportò la sua attenzione ai limiti della barriera protettiva posta al castello. Per lui sarebbe stato facile valicarla ma...di colpo, desiderò andare via.
Tornare indietro e nascondersi nel suo palazzo.
Erano duecento anni che non usciva nel mondo esterno. Incredibile...perfino l'aria aveva un odore diverso.
I suoi, i profumi...tutto era cambiato.
Per uno come lui, che aveva sentito per così tanti secoli la voce del mondo, era difficile uscire dal nido e trovare tutto cambiato. Inspirò a fondo, alzando il braccio destro.
Il sangue di Hermione contenuto nel bracciale al suo polso stava ribollendo.
Lei lo chiamava. Era terrorizzata a morte.
Socchiuse gli occhi, avvertendo quell'ignobile sensazione che aveva provato per la prima volta poche ore prima.
Lui, essendo nato demone, di stirpe per di più, non aveva mai provato odio, amore, gioia, tristezza. Mai.
Il potere più grande del mondo dentro a una scatola vuota. Così Demetrius definiva quelli come loro.
Caesar non era mai stato a sentirlo...e ora avrebbe voluto uccidere lui ma soprattutto Lucilla.
Lei che maledicendolo gli aveva dato un'anima. E ora grazie a lei, lui si sentiva a pezzi.
Sapeva il nome di quel sentimento che gli stava rovesciando dell'acido corrosivo nelle vene.
Rimorso.
Oh, non c'era altro modo per definirlo. Lui, il grande Caesar Cameron piegato dal rimorso.
Disgustato da se stesso e dall'essere debole che era diventato, si mise il mantello sulle spalle per nascondere agli occhi altrui i segni che Doll aveva provveduto a lasciargli prima di morire, finalmente.
Si, il demone più antico del mondo quella notte era morto, trucidato, per mano dei suoi stessi simili.
Lui e Demetrius avevano rischiato la vita.
Era incredibile il potere che era stato celato nel piccolo corpo di quella demone bambina.
Atroce, da un certo punto di vista, come la sua follia.
Rimase immobile a lungo, a pensare. A ricordare. Com'era cambiato in quattro anni.
Prima Lucilla...e poi Hermione.
Donne. Sogghignò, abbassando il capo. Sempre loro il problema.
Anche Imperia non gli aveva causato altro che guai.
Demone di stirpe, compagna di una vita, l'unico essere che era mai riuscito a entrargli dentro.
Imperia aveva vissuto per lui, in lui, con lui. E poi, di punto in bianco...aveva deciso di vivere l'unica avventura preclusa a quelli come loro. La morte. Si era uccisa col sorriso sulle labbra.
Stanca di vivere. Stanca di essere quello che era. Desiderosa di essere quello che non era.
- Lei ha la faccia di uno che ha avuto giornate migliori.-
Caesar sollevò il capo lentamente, trovandosi a fianco un vecchio con la barba bianca e gli occhi azzurri, con occhiali a lunetta abbassati sul naso. Un umano dall'aria abbastanza eccentrica.
- Lei è il professor Silente, vero?-
Il preside annuì, con un vago sorriso - E lei è Caesar Cameron, colui che si è preso cura di Tom in questi anni.-
- Chiedo scusa per la visita a quest'ora tarda.- disse il demone, mantenendo un contegno cortese ma distaccato.
- Si figuri, capita spesso.- l'assicurò Silente facendogli strada - Credo che sia venuto per entrare, vero?-
Caesar lo seguì con passo rigido, calandosi un cappuccio scuro sui capelli bianchi.
Accidenti. L'ultimo suo desiderio era quello di camminare ancora fra gli uomini.
- Lucilla sta bene?- chiese Silente all'improvviso, mentre attraversavano a passo silenzio la scuola.
- Perché me lo chiede?-
- Considerate le sue ferite, mi domandavo se lei stesse bene.- fu la placida risposta.
Caesar non replicò, cominciando però a chiedersi se la stima e il rispetto che Lucilla e Hermione avessero sempre avuto per quel mago fossero poi tanto mal fondate, come lui aveva sempre creduto.
Quel mago...il mago più famoso fra gli umani. Aveva occhi arguti...e misteriosi.
Chissà qual era il suo vero potere?, si chiese pensoso. Aveva capito che era ferito gravemente nonostante non ne mostrasse i segni in superficie. Tipo strano davvero.
- Vuole un dessert per caso?-
Cameron glissò sulla stranezza della domanda - Grazie, non mangio.-
- Un vero peccato, mi creda.-
Giunti ai piedi della torre oscura, il vecchio preside iniziò a salire ma quando si accorse che il demone restava impalato, si soffermò a guardarlo. Non era proprio come Silente se l'era immaginato ma si avvicinava molto.
- Hermione sta bene, fisicamente.- gli disse, pacato.
- Le ferite del fisico sono le più facili da guarire, non crede anche lei?- replicò Cameron a tono.
- Come non immagina neanche.- disse Silente, tornando a fare i gradini uno per volta - Ma confido che la tempra della signorina Granger sia rimasta tale a quale a quella passata. Se saprà trovare la luce in questo buio, riuscirà ad uscirne.-
- Hn.- Caesar non ghignò per pura educazione, seguendo il mago a capo chino - Voi umani avete il dono di un'esistenza breve. Confidate solo che la morte porti via il vostro dolore.-
- Allora lei è vicino a comprenderci, non crede?- insinuò Silente a quel punto e stavolta Caesar imprecò mentalmente.
Dannazione. Lui e la sua lingua lunga. Hermione tempo prima l'aveva avvisato che quel vecchio non era da sottovalutare. Umani...
- Eccoci.- disse il vecchio mago una volta arrivati in cima. Ora davanti a loro c'era solo la porta d'ingresso alle stanze degli Auror, al loro mini Quartier Generale, come lo chiamavano gl'insegnanti ma già da lì, sentivano che all'interno la situazione non era delle migliori. Quando entrarono, Ron Weasley e Harry Potter si zittirono bruscamente, come se fino al momento prima non avessero fatto altro che urlarsi addosso.
- Ragazzi, buonasera.- disse Silente - So che è stata una serata lunga e che siete esausti ma vi chiedo solo pochi minuti.-
- E lui cosa fa qua?- chiese Ron, scoccando un'occhiata altrettanto astiosa a Cameron - Abbiamo già abbastanza problemi dannazione!-
- Ron, per l'amor di Dio!- lo zittì Elettra, seduta in poltrona - Non è il momento.-
Caesar si guardò appena attorno. Erano radunati tutti gli Auror, compreso il nipote di Askart. Fece un lieve cenno a Milo, che ricambiò, poi posò lo sguardo su Tristan che gli rivolse l'occhiata più dura che il demone si fosse mai guadagnato anche da Lucilla. Comunque non disse nulla, posando lo sguardo sulla porta in fondo alla stanza.
Col suo udito finissimo poteva sentire gemiti e singhiozzi oltre il pesante battente.
- Come sta la signorina Granger?- chiese Silente, spezzando quel silenzio tombale.
- E' stata squartata viva per tre mesi come un animale, come vuole che stia?- sibilò di nuovo Ron.
- Adesso basta, smettila!- gl'impose Harry, passandosi una mano fra i capelli esasperato - Ne abbiamo già passate abbastanza tutti quanti, ringrazia che siamo vivi.- quindi si volse verso Caesar, cercando di mantenere un tono neutro - La ringrazio per l'aiuto di prima.-
- L'ho fatto per Hermione.- disse il demone, puntualizzando subito.
- Infatti la ringraziavo per quello.- replicò Potter a tono, senza scomporsi.
- Come sta?-
- Lancia oggetti ovunque. È terrorizzata a morte e non ci riconosce neanche.- disse il moro.
- Datele un sedativo.- rispose Caesar, come se fosse ovvio ma una voce estranea stavolta lo gelò con un tono anche più freddo degli occhi di Tristan Mckay.
- Gliel'ho già dato.- disse Draco Malfoy, appoggiato alla finestra in fondo alla stanza circolare.
- Gliene dia un altro.-
Draco ghignò con sprezzo, abbassando lo sguardo con compatimento - La manderei in coma. E' umana lei.-
Cameron tacque, scrutando quello che aveva desiderato conoscere da un bel pezzo. E così era lui...il serpente.
Sorrise senza essere visto, pensando alla faccia che avrebbe fatto quella piccola strega dagli occhi dorati vedendolo ora a confronto col suo vecchio amore. Che umano interessante però.
Aveva quasi occhi da demone. Sembravano così freddi e morti che avrebbe potuto passare per uno di loro, certo...se solo Caesar non l'avesse visto talmente distrutto nelle segrete di Doll, vedendo Hermione in quelle condizioni.
Senza aggiungere altro andò alla porta chiusa dietro a cui stava asserragliata la Grifoncina.
Sentì oggetti che cadevano continuamente, che veniva scagliati contro i muri. Grida sommesse, gemiti e lacrime.
Accidenti a lei.
Batté due colpi leggeri sulla porta.
- Sono io.- disse semplicemente.
Passarono alcuni secondi e sotto lo sguardo rabbioso di alcuni degli Auror, la porta si aprì e lo fece passare.
Fu uno smacco su tutta la linea, sia per Ron che fumava letteralmente per la collera, che per Draco che emise un gemito appena percettibile, distrutto più che mai da tutto quello che era successo. Ma a lui non importava che ora nella stanza accanto ci fosse quel demone. Non gl'importava cosa ci fosse fra lui e la mezzosangue.
Ricordava solo incessantemente la sua voce...disperata, terrorizzata, delusa, quando gli aveva chiesto, urlando, il motivo per cui si era rifiutato di starla a sentire quando quel mostro l'aveva divorata viva per mesi e mesi.
Passandosi una mano fra i capelli, cercò di non lasciarsi cadere in ginocchia ma sentiva le gambe non l'avrebbero retto ancora a lungo. Si mise una sigaretta in bocca, andando alla finestra.
Cercò l'accendino in tasca ma non trovò, fino a quando fu Harry ad accendergli la sigaretta con la sua, già accesa in precedenza.
- Di questo passo finirai per fumare come un turco, Potter.- gli disse a bassa voce.
Il bambino sopravvissuto non rispose, limitandosi ad annuire vagamente.
Anche lui stava male ma da tempo aveva imparato a ringraziare per ogni vita salvata, indipendentemente da conseguenze e situazioni di contorno. Se Cameron fosse riuscito a calmare Hermione, meglio per loro.
Se era ferito, sentendosi messo da parte dalla sua migliore amica, poco importava. Ora lei doveva stare bene, non gl'importava d'altro, esattamente come non importava altro neanche a Ron, che faceva il solco fra la porta e il salone.
Passarono all'incirca quindici minuti di tensione lancinante e poi la porta finalmente si aprì.
Ne uscì Caesar poi Hermione, avvolta nel suo mantello e schiacciata contro di lui.
Chiunque in quel momento avesse potuto vederle gli occhi febbricitanti avrebbe faticato a riconoscerla, perché non sembrava lei, ma in fondo cosa potevano aspettarsi?
- Dove diavolo la sta portando?- sbottò Ron, alzandosi di scatto dalla poltrona.
- Al mio palazzo.- rispose Cameron pacato.
- E crede che noi non diremo nulla?- sbraitò anche Edward a quel punto.
- E' stata lei a chiedermelo. Non la sto rapendo.- scandì il demone, faticando a trattenere la stizza, così si rivolse tranquilla a Harry, evitando per di guardare anche Malfoy che sembrava sul punto di cedere davvero.
- La porto con me. Quando si sentirà di nuove in forze, potrà fare quello che vorrà.-
Potter non rispose subito, abbassando lo sguardo sulla sua migliore amica. Se ne stava lì, rannicchiata contro il torace gelido di quell'uomo. Dio, com'era cambiata. Ma in fondo lui come avrebbe potuto aiutarla?
Quel demone aveva poteri infiniti, forse avrebbe potuto cancellare quei ricordi orrendi dalla sua mente per sempre.
Ma allora perché era tanto restio a lasciarla andare? Era come se passata quella soglia, lei non sarebbe più tornata.
Inutili grida, ripicche e minacce. Caesar ringraziò Silente e poi si smaterializzò via nella massima tranquillità, portandosi via Hermione per l'ennesima volta. E lei non fece nulla per impedirglielo.
Lasciarono solo silenzio alle loro spalle. Silenzio e un dolore muto, dal nome antico.
Nel Golden Fields, Cameron Manor aspettava l'alba nell'immobilità del tempo.
Lord Demetrius stava seduto su una finestra, nell'anticamera della stanza da letto di Caesar. Anche da lì sentiva le grida isteriche di Hermione e la voce sommessa del padrone del palazzo. Era un'ora che andavano avanti così.
Ma quanto dolore poteva reggere un essere umano?
Si rizzò leggermente, digrignando i denti per il dolore. Scese dalla finestra con una mano premuta sullo stomaco, dove sotto gli abiti spiccava una ferita da taglio lunga dodici centimetri. Il sangue continuava a scorrere abbondantemente ma si era già rimpicciolita parecchio nelle ultime ore. E poi Doll non era stata facile da uccidere.
Anzi. Avevano rischiato di morire sul serio quella volta. In tre per uccidere un demone come loro.
Dannazione, ne avevano ancora da arrancare per raggiungere un simile livello.
Andò a sedersi alla lunga tavola in stile Regency, continuando a chiedersi come avevano potuto sopravvivere contro una tale furia. In tutti i suoi secoli non aveva mai affrontato un nemico simile. Lui e Caesar per la prima volta si erano trovato davvero in difficoltà, sentendosi minuscoli di fronte a una bambina.
E ora lei era morta. Il demone di stirpe più antico del mondo, la loro progenitrice, era morta. Trucidata e fatta a pezzi.
Ora di lei restavano solo le catene in cui era stata imprigionata per più di un millennio.
Socchiuse le palpebre, ripensando a ciò che aveva fatto a Hermione.
Divorata...l'aveva divorata viva ogni notte. A ogni parte del suo corpo staccata o lacerata, ne era ricresciuta un'altra.
In un delirio senza fine, in un dolore atroce e costante come lo scorrere del tempo.
- E' ancora dentro con lei?-
Demetrius sollevò il capo, posando lo sguardo su Lucilla. Braccia interamente bendate e tre graffi profondi sulla gota destra, lei era stata l'unica a uscirne meglio di loro grazie alla saggia dote di stare attenta a prevedere le mosse dell'avversario. Lei era stata l'unica a mantenere la lucidità.
- Si, stanno ancora...parlando.- borbottò, iniziando a fasciarsi la mano sfregiata - Tu stai bene?-
La Lancaster non rispose, portando lo sguardo sulla porta che comunicava con la stanza da letto.
- Spero tu non voglia fare quello che ti si legge in faccia.- sussurrò Demetrius, senza l'ombra di un'accusa.
- Cosa intendi? Strisciargli alle spalle ora che è debole e staccargli la testa?- disse Lucilla con un ghigno sconosciuto sul suo magnifico viso - Si, potrei. E non nego che mi renderebbe quattro anni di patimenti.-
- E allora perché non lo fai?- chiese l'altro, appoggiandosi stanco allo schienale della poltrona.
La fissò a lungo, curioso e attento, chiedendosi come fossero stati un tempo gli occhi azzurri di Lucilla di cui tanto Caesar gli aveva parlato. Chissà com'era stata, da mezza demone.
La sentì ridere, una risata male e colma di disillusione ormai.
- Sai qual è il bello di tutta questa storia Dimitri?- fece, sarcastica e fredda - Non striscio nella sua camera e non lo uccido alle spalle come un cane solo perché voglio che muoia annegando nel rimorso per quello che le ha fatto passare. Tu gli avevi chiesto di aiutarti a uccidere Doll già da tempo. Invece se n'è fregato, indifferente a ciò che poteva capitare agli altri. Invece adesso è capitato a lui...e a lui toccherà raccogliere i pezzi di Hermione.-
- Tu non lo fai per onore.- mormorò Demetrius, scrutandolo con un sorriso appena accennato.
- L'onore...ha ucciso migliaia di persone e non ne ha salvata una l'onore!- sibilò Lucilla, irrigidendosi - E mentre tu sei qua a parlarmi di onore, la mia anima si sgretola a poco a poco! E quando sarà arrivato il giorno in cui sarò abbastanza forte da tenere testa a Caesar, la mia parte umana sarà stata schiacciata del tutto e allora non me ne fregherà più nulla, né di mia figlia, né del mio desiderio di tornare a casa! Ecco la verità! In un modo o nell'altro avrà sempre vinto lui!-
- Lui ha perso quando Imperia si è uccisa, Lucilla.- disse Demetrius a bassa voce - Ma tu non puoi capire.-
- Non posso? Mi ha strappato dall'unico uomo che abbia mai amato!-
- E' un umano.- rispose l'altro, senza alzare né la voce né guardarla con superiorità - Tempo cinquant'anni e morirà. Per questo lui odia tanto quello che provi per quell'Auror. Perché non è come noi. Noi vivremo per sempre e tu soffrirai in eterno nell'unico ricordo di quell'uomo mortale e della figlia che hai dato alla luce rendendola umana e assorbendo la sua parte demoniaca.-
- Credi che abbia paura di uccidermi per caso?- gli sibilò rabbiosa.
- No. E questo Caesar lo sa. È lui ad aver paura che tu ti uccida, hai capito adesso?-
Lucilla emise un gemito quasi disgustato, scuotendo con forza il capo e i crini bruni.
- Sai una cosa Demetrius?- replicò gelida - La verità è che siete tanto attaccati alla vostra miserabile vita da trattarvi come pezzi di cristallo facile da rompere! Quell'idiota non esce da qui da duecento anni! Non fosse per te a quest'ora sarebbe ridotto come quella maledetta che abbiamo ucciso stanotte! E mi disgusta il solo pensiero che fra pochi anni io sarò esattamente come voi! Un bel pezzo di cristallo troppo codardo per vivere! Chissene frega se ha sofferto! Ha avuto tre secoli per farsi passare il lutto, Cristo santo!-
- Per l'amor di Dio, la ricorderà per sempre!-
- Si e io non vivrò per dargli la soddisfazione di vedermi trasformata in un mostro come lui, ricordatelo!- ringhiò, puntandogli il dito addosso - Se la mia anima non vale niente, per me conta quella di mia figlia!-
- Lucilla...-
- Non lo lascerò portarmi via tutto!-
- Lucilla...-
- E smettila di difenderlo, dannazione!-
- Lucilla.- la bloccò Demetrius, afferrandole le mani con forza. Lei cercò di divincolarsi ma dopo un attimo lasciò perdere, restando ferma fra le braccia del demone. Si pulì furtivamente il viso, staccandosi.
- Guariranno tutti e due.- le assicurò Demetrius.
- Chissene frega di Caesar. Che vada al diavolo.- rispose lei serafica, ma il demone sorrise in risposta, ben sapendo che invece la sua preoccupazione era molto tangibile anche per Cameron. Per quanto avesse urlato, per quanto l'odiasse...lui era stato l'unico a starle accanto, durante il cambiamento da mezza demone e demone di stirpe, dopo la nascita di Degona. In fondo, anche se non l'avrebbe mai ammesso, Caesar non era solo il suo carceriere.
Come per Hermione, lui era una guida anche per Lucilla.
Passarono le ore e poco a poco il sole rischiarò quel giorno macchiato di sangue. La luce filtrò anche a Cameron Manor, in ogni stanza, attraverso ogni finestra, su ogni antico muro.
Ma qualcuno, ugualmente, non riuscì a sentirsi al sicuro. Due occhi dorati stavano spalancati, sbarrati.
Nella protezione delle braccia di Caesar che giaceva addormentato al suo fianco, Hermione Granger restò vigile, febbricitante e rinchiusa nel suo incubo. Prima morta fuori e viva dentro. Ora semmai era il contrario.
Forse avrebbe dovuto supplicare quel gesto pietoso...pensò, stringendosi contro al torace del demone.
Forse invece di supplicare il Draco di salvarla, avrebbe dovuto supplicarlo di ucciderla.
E liberarla finalmente.


- Tu! È tutta colpa tua! Miserabile infame codardo! È colpa tua se sono qui lo sai??-
Damon Howthorne si fiondò nel bagno delle ragazze verso le dieci e mezza di quel lunedì mattina, fra l'ora di Piton e quella della Sprite giusto in tempo per sentire quegli strilli abominevoli e rimase di pietra quando pescò Tom seduto contro la porta di un bagno, col mento sulle ginocchia, zitto e con lo sguardo malinconico e vuoto mentre Mirtilla Malcontenta s'imponeva su di lui, sbraitando ai quattro venti.
- Ma si può sapere cosa succede?- ringhiò Howthorne - Lascialo in pace Mirtilla!-
- E' colpa sua se sono in questo stato!- sibilò lei con voce acuta.
- No, è colpa di suo padre!- rognò Damon - E adesso vattene e lascialo in pace!-
Rimasti soli, il Serpeverde fissò il Grifondoro con gli occhi azzurri fuori dalle orbite.
- Si può sapere cosa diavolo fai?- saltò su Howthorne - Ma perché ti fai insultare così?!-
- Oh, non l'ascoltavo...- disse Tom, alzando appena il viso dalle ginocchia - Forse sono stato un po' scortese.-
- Cos'è, sei ubriaco?-
- Magari.- borbottò Riddle, sorridendo - Come mai sei qui?-
- Avevo voglia di fare tue passi e ho scelto l'aria rarefatta dei bagni dove Draco tutte le mattine si fa le canne.- ironizzò Damon, a metà fra il sarcastico e l'allibito - Ma ci sei con la testa stamattina? Allora...dai, parla! Dimmi di ieri sera.-
Mentre il suo amico si svaccava di fronte a lui, il Grifondoro sospirò pesantemente. Hermione...
Forse era ora di vuotare il sacco.
- Oh, siete qua!- disse Beatrix, apparendo sulla sporta e soffiando addosso a Mirtilla. Alle sue spalle c'era anche Cloe.
- Ciao.- le disse Damon - Sei arrivata in tempo.-
- Volevo sapere se la tua amica stava bene,- disse la Diurna alzando le spalle - anzi...è stata questa fessa a rompere sulla famosa Hermione Granger. Ma cos'è, una cantante?-
Tom ridacchiò, scuotendo il capo - No, lei è la migliore amica di Harry e Ron. Era con loro quando...- si zittì, contrito e poi cercò di modificare il tiro - Bhè, lei è sempre stata con loro in ogni avventura, ecco.-
- Ah, si...devo aver letto qualcosa. Allora sta bene spero.- disse Trix, sedendosi accanto a Damon mentre la King restava in piedi, appoggiata coi fianchi a un lavandino.
- Lei non c'è più...cioè, adesso è tornata da Caesar.- spiegò il Grifondoro, cercando di sorridere - Comunque grazie Damon, non fosse stato per te ora non sarebbe viva.-
- Se tu non avessi riconosciuto quel demone ora non sarebbe viva.- lo corresse Howthorne.
- Ci spieghi cosa sta succedendo?- s'intromise Cloe pragmaticamente - Allora? Harry è di nuovo in guerra?-
- Hai la delicatezza di un elefante, davvero!- sbuffò Damon - Comunque interessa anche a me.-
- E comincia dal principio.- disse Beatrix, seria.
- Non so se posso...-
- Promettiamo di non dire una parola.- scandì Howthorne, vedendolo così tentennante.
E così, come un fiume in piena, Tom spiegò ogni cosa di ciò che si era scatenato in quel castello. Dalla nuova venuta dei Mangiamorte, alla guerra fredda che avevano dichiarato a Harry, alla vendetta giurata dichiarata a Draco. Narrò i mesi passati a Londra, dei problemi causati in casa dei ragazzi data la sua presenza...e specialmente la pericolosità che la sua stessa esistenza procurava agli Auror.
- Ma tua madre non è Lucilla dei Lancaster?- disse Cloe serafica - Dovresti essere salvo dai pettegolezzi.-
Tom alzò il viso su di lei, arrossendo vagamente - Lei è la mia matrigna. La mia vera madre...è la zia di Draco, Bellatrix Lestrange.-
I tre sgranarono gli occhi e lui arrossì ancora di più - E' per questo che tutti non si fidano di me.-
- Sciocchezze, sono tutti e due morti i tuoi!- disse Beatrix.
- Si ma sono sempre figlio loro.-
- E che vuol dire?- rognò Damon con aria seccata - Stai con Potter e Lucilla dei Lancaster.-
- Ma tutti a Serpeverde pensano che io sia qua per portare avanti gl'ideali di Lord Voldemort.-
- Tutti pensano, tutti dicono...- sbottò ancora la King, guardandolo storto - Che palle!-
- Oh, insomma sta buona.- la zittì Howthorne - Quindi, tornando a noi...se tu sei figlio di Bellatrix Lestrange e il cugino di Draco...allora la prof di Difesa è tua sorella! La tua sorellastra!-
- Già. Ma non voglio parlare con lei!- scandì subito Riddle, incupendosi - Lei ha fatto del male a Hermione!-
- Ci spieghi cosa le è successo?- chiese Beatrix a quel punto - Dov'è stata?-
- L'hanno presa in trappola e tenuta nascosta in un palazzo.- si limitò a dire Tom, intristendosi - Ieri sera l'hanno salvato i ragazzi, poi Caesar è venuto a prenderla per portarla a casa sua. Starà con lui fino a quando non starà meglio.-
- E poi tornerà qua ad aiutare Harry come un volta, vero?- finì Cloe testarda.
- Si, credo di si...lei mi ha sempre detto che mi starebbe stata vicino in una situazione come questa. Anche in Italia è venuta a salvarmi...lei tornerà qui!-
- In Italia?- gli chiese Damon stranito - Sei stato in Italia?-
- Si...ma questo non centra. Ho conosciuto gli Zaratrox lì. Poi lei è venuta a prendermi e mi ha riportato a casa di Caesar dove sta anche Lucilla.-
- E prima sei stato in orfanotrofio, vero?-
Già. L'orfanotrofio, pensò Tom addolcendosi nonostante tutto. Che brutti anni quelli. Fino all'età di quattro anni era stato con la famiglia dei genitori della madre di suo padre ma nessuno in quella casa l'aveva mai desiderato. Non aveva mai ricevuto un gesto d'affetto da quei maghi, né un sorriso. A malapena sopportato, aveva sempre avuto l'idea di essere odiato oltre ogni limite. E infatti...l'essere figlio di Lord Voldemort gli aveva fatto guadagnare il disprezzo di tutti. Poi si erano stancati e un giorno l'avevano spedito in un orfanotrofio dove tutto era andato anche peggio.
Allontanato da chi doveva occuparsi di lui, disprezzato dai genitori che venivano a scegliere i bambini.
Quante lacrime...e poi il giorno del suo sesto compleanno era arrivato anche lui il momento di essere felice.
Lucilla era venuto a prenderlo. Bellissima, col ventre rigonfio. Era già incinta e nonostante i suoi occhi freddi che per un attimo l'avevano fatto tremare, Tom l'aveva poi vista sorridere.
Nessuno gli aveva mai sorriso. Tutti l'avevano sempre odiato, additato. Lei invece gli aveva sorriso.
L'aveva abbracciato. Gli aveva insegnato a lasciarsi amare.
Si, era lei la sua mamma. Lei e nessun'altra.
- Qua urge conoscerla questa Lucilla.- disse Damon con un sogghigno - Mio padre mi ha detto che ti toglie il fiato.-
- E' stupenda.- l'assicurò Tom con un sorriso solare - Trix ha qualcosa di lei.-
La Diurna inclinò il capo - E sarebbe?-
- Bah, voi demoni siete tutti uguali no?- la prese in giro Cloe perfidamente.
- E sta zitta, fessa! Sono solo mezza vampira!-
- Come mi hai chiamato superoca?-
- Dio che rottura di palle.- si schifò Damon, mettendosi in piedi e dando una mano a Riddle - Dai gente, è ora di andare alla serra. E vediamo di scatenare poche risse ok duchessa? Non ho voglia di sentire Alderton che strombazza vendetta ai quattro venti nel dormitorio!-
- Stupidi Serpeverde.- rognò la King fra i denti - E finiscila di chiamarmi duchessa, imbecille!-
- Io ho un'ultima domanda.- sussurrò Trix mentre uscivano - Che centra quell'idra gigante al terzo piano?-
- Si vede che il preside ci tiene qualcosa d'importante.- disse il piccolo Riddle, alzando le spalle.
- Spero non vorrete tornare a controllare.- bofonchiò Damon, spingendo la porta trasparente della serra.
- Perché, prevedi qualcosa?- frecciò Cloe sarcastica.
- Ma va? Howthorne prevede qualcosa!- ironizzò una voce alle loro spalle - Da non credersi!-
- E sta zitto Fabian!- sbraitò subito la King, stizzosa - Oggi non è giornata per sentire le tue stupide sparate!-
- Per favore, calma ragazzi!- borbottò la Sprite con la sua flemma, ciabattando nella serra - Avanti, tutti ai vostri posti.-
Altro che posti. Durante la lezione volarono stranamente forbici e aculei velenosi, per non parlare di basse insinuazioni che fecero sbuffare Damon per tutta l'ora e infiammare Cloe King che perdeva la pazienza per un nonnulla.
- Certo che la tua amica è davvero molto gentile.-
Tom si girò alla sua destra dove c'era Ian Wallace. Con la sua solita faccia paciosa e i capelli color sabbia, gli sorrise tranquillo con la sua espressione da luna piena.
- Gentile?- fece Riddle senza capire.
- Si, difende i mezzosangue no?-
- Tutti i maghi sono uguali!- scandì Tom di botto, forse anche troppo durante. Se ne pentì subito, visto che i segni lasciati dai suoi genitori erano tanto profondi da fargli covare una rabbia del genere e sospirò, dispiaciuto - Scusami.-
- Figurati.- gli rispose Ian tranquillo e incuriosito - Stai bene?-
Che strano. Come mai gli parlava? E dire che nessuno oltre a Damon e Trix si rivolgeva direttamente a lui.
- Si, sto bene.- gli disse allora, cercando di restituirgli un sorriso.
- Perfetto.- Ian si aggiustò i pesanti occhiali sul naso, tornando a tagliuzzare - Hai già fatto i compiti per la Mcgranitt?-
- Si. Anche tu?-
- Già. Ho notato che li fai sempre in tempo.-
- Mi piace studiare.- disse Tom alzando le spalle, sperando di non passare per secchione.
- Anche a me!- cinguettò Ian subito dopo - Se ti va possiamo farli insieme d'ora in avanti.-
Riddle rimase di nuovo stupito. Voleva solo essere gentile o gli andava davvero? Damon gli dette una gomitata per svegliarlo, così annuì timidamente mentre Cloe e Fabian Alderton continuavano a far volare bestemmie.
- Sei molto bravo in Trasfigurazione, ho notato.- continuò Ian - E anche in pozioni.-
- Mia madre mi ha insegnato qualcosa.-
- Davvero?- rise Archie Byers davanti a loro - La mia con me ci ha rinunciato da una vita!-
- Sei fortunato.- sentenziò Damon serafico - La mia mi prendeva a librate sulla testa finché non imparavo.-
- Oh...mi spiace.- cinguettò Archie con fare angelico - Vuoi una caramella?-
Howthorne levò gli occhi sul ragazzino, poi posò lo sguardo su Tom. Che roba era quella? La terapia del dolci?
- Fa sempre così.- gli spiegò Tom quando uscirono dalla serra - E' un po' strano, mi lascia sempre dolci e caramelle la mattina. Se non altro ho qualcosa per carburare.-
- Se continui così mi finirai al San Mungo prima di Natale.- sentenziò il Serpeverde - Dai, vado in Sala Grande, prendo qualcosa da mangiare per tutti e due e poi vengo a farti compagnia in giardino. O vuoi andare da Harry e Draco?-
- Non so se sia il caso...- Tom sospirò - Non staranno molto bene dopo ieri sera.-
- Ok, non disturbiamoli.- acconsentì l'altro - Però possiamo chiedere al prof. Mckay magari. Trix, tu vieni?-
- Neanche morta.- ringhiò stizzosa.
- Eddai...guarda che Milo è davvero una brava persona.-
- Come no. È un principe dei Leoninus.- replicò gelida - Meglio morire di fame!-
- Basta che non mordi me poi puoi anche fare quello che ti pare.- disse Damon scoccandole un'occhiata obliqua - Comunque se fossi in te proverei a conoscerlo prima, sai? Mio padre ormai sta sempre col padre del prof e mi ha detto che Morrigan non è mai andato a stare con suo padre e i suoi zii. Gli piacciono gli umani.-
- Certo, da macellare.-
- Quanto sei fissata.- rise Tom indulgente - Mi spieghi perché non ti piace? Eppure è così gentile carino con tutti!-
- Sarà anche gentile e carino...- replicò astiosa - Ma io non voglio averci niente a che fare!-
- Carino?- ironizzò Damon - Ti piace?-
- E falla finita Howthorne!- sbottò, cercando di menargli la tracolla addosso - E' mezzo vampiro, è normale che sia bello ma potrebbe anche essere Brad Pitt, non me ne frega niente. Non lo voglio vedere!-
- Piuttosto...dov'è finita quella squinternata?- fece Damon, scordandosi subito di Milo - Starà mica picchiando Alderton dietro un angolo?-
- Le vado a dare una mano allora.- sbuffò la Vaughn - Quello è un imbecille.-
La giornata fu sfiaccante e le lezioni del pomeriggio con il professor Ruf una tortura.
Alle quattro, quando finirono i ragazzi uscirono dall'aula sbadigliando distrutti dalla noia.
- Preferisco prendere due sberle piuttosto che fare i compiti della Mcgranitt.- disse Damon, ficcando i libri nella tracolla - Dì un po' Tom...ci facciamo due passi?-
- Andiamo al lago?- propose Riddle.
- Si, perché no. Vado a cambiarmi allora. Ci vediamo all'ingresso.-
- Ok...- cinguettò Riddle, mettendosi di buon umore. Se non altro c'era sempre Damon a tirargli su l'umore quando stava male. Non fosse stato per lui chissà ora dove sarebbe stato. Così tornò a Grifondoro, perdendosi tre volte perché era troppo sbadato e passando per la sala comune fra prefetti e capo scuola che continuavano a guardarlo tutti curiosi.
Una volta in camerata però accadde di nuovo quello che era un rituale.
Non fece in tempo a salutare gli altri, senza sentire i loro avvisi, che gli arrivò una cornice porta foto sulla testa.
Quando si riprese, decise che era meglio farsi vedere da Clay. Forse qualcuno gli aveva fatto una fattura...
- Oddio Tom! Scusa...- gli disse Bruce Joyce - Mi spiace! È la cornice stregata della nonna di Martin!-
- Vola sempre da sola e l'ho fatta arrabbiare chiudendola nel cassetto.- gli disse appunto Worton, guardandogli il bozzo sulla fronte. Arrivò Ian e gli stampò l'ennesimo cerotto col porcellino sul bernoccolo e non bastando comparve anche Archie a dargli una caramella. Non ce n'era uno normale lì dentro.
- Dimmi la verità.- disse a Damon, una volta sceso all'entrata - Morirò investito da un TIR!-
Howthorne scosse il capo, vedendo il cerotto e quel bernoccolo viola. Sempre la stessa storia...
- Ma guardi mai dove vai, rimbambito di un Grifondoro?-
- Sarà mica colpa mia se tutti mi buttano addosso le loro cose! Anche tu mi hai lanciato un libro!-
- Si ma sei impedito da far paura! Invece ti tenere sempre la testa bassa dovresti guardare dove vai!- lo zittì il Serpeverde con un ragionamento che non faceva una grinza. Trascorsero un pomeriggio piacevole e sereno, lontano da seccatori e curiosi. Passarono anche davanti al campo di quidditch, dove si stavano svolgendo le nuove selezioni per le squadre e quando tornarono dentro alle mura della scuola per andare a cena, era ormai buio.
- Andiamo da Harry?- propose Tom sulle scalinate - Vorrei vedere come sta.-
- Si, d'accordo.- annuì Damon - In fondo dovrebbero essere contenti che lei stia bene.-
- Lo spero.- disse Riddle malinconico - Ieri sembravano proprio disperati.-
- Se hai detto che è la loro migliore amica...-
- Già. L'adorano proprio. E sono stati così preoccupati per tutto questo tempo...- Tom si bloccò di colpo, vedendo May in lontananza. Stava scendendo dalle scale buie della torre dove stavano gli appartamenti dei professori, tranne quello di Tristan che dormiva nella Torre Ovest.
Spaventato, pensando che potesse essere successo qualcosa, la raggiunse di corsa ma la Aarons sembrò calmissima.
- Ciao tesoro!- lo salutò allegra - Tutto bene?-
- May...si, io bene...ma tu? Come mai eri in quella torre?- chiese Riddle confuso - E' successo qualcosa?-
- Oh! No, no...- sorrise la ragazza, carezzandogli la fronte - Stai tranquillo, non è successo niente. Solo che Harry e gli altri sono un po' giù di morale, così ho deciso di andare a controllare la stanza di Vanessa mentre lei è ancora in sala professori, o almeno così mi ha detto Clay.-
- Trovato niente?- s'informò Damon.
- A parte armi, letture e oggetti non proprio legali, la signorina Lestrange non ha lasciato in giro tracce. Né documenti, né altro. Ci dev'essere un incantesimo oscuro su tutta la stanza.- May alzò le spalle, con aria testarda - Vedrete che prima o poi la incastreremo, tranquilli. Piuttosto...sono fiera di voi pesti.- e mise a entrambi le mani sulle spalle - Non fosse stato per voi due ora Hermione Granger sarebbe morta, lo sapete?-
Tom sorrise, un po' risollevato ma Damon invece rimase immobile e in silenzio.
Fissò la mano di May sulla sua spalla...e poi socchiuse gli occhi.
Fiamme. Grida. Una spada e uno specchio in pezzi. Poco lontano, qualcuno che la guardava agonizzare.
Quando riaprì le palpebre, lentamente tornò a sentire le voci di chi gli stava attorno ma...era accaduto di nuovo.
Loro continuavano a ridere, a chiacchierare, a essere spensierati.
Lui invece rimase al buio, lontano da tutti, a vedere il tempo che faceva sfiorire le persone accanto a lui.
Prima o poi tutti moriamo, gli aveva detto suo padre una volta. Dipende da come e perchè.
Hn, grazie tante papà. Bell'aiuto.
- Damon?-
Howthorne alzò il viso e vide Tom che lo fissava preoccupato. Che strano. Da quando si conoscevano Tom non aveva fatto altro che preoccuparsi per lui come mai nessuno nella sua famiglia si era sognato di fare.
In fondo anche i suoi la pensavano come Alderton. Si, un erede che non è un rettilofono, un erede con un dono tanto oscuro. Come aveva fatto Draco a suo tempo, forse era ora anche per lui di cercare di formarsi una nuova famiglia.
Draco aveva avuto Blaise. Ora lui aveva Tom. E da ciò che aveva visto, sarebbero stati insieme per tanto, tanto tempo.
- Ehi, tutto bene?- gli chiese anche May guardandolo incuriosita - Damon, c'è qualcosa che non va?-
Il Serpeverde si svegliò di colpo, sentendosi addosso lo sguardo stranamente duro della Aarons.
- No, tutto ok.- si affrettò a dire - Tom, io ho scordato di scrivere ai miei. Sai che se non mando lettere mi vanno in paranoia. Ti spiace se ci vediamo domani?-
- No, vai bene.- disse Riddle guardandolo attentamente - Ci vediamo domani allora.-
- Certo. Buona notte anche a te May.-
- Notte.- rispose la ragazza, alzando un sopracciglio - Ma che strano...Damon mi è sembrato diverso dal solito.-
Tom non replicò alla sua domanda, sentendo che qualcosa era cambiato. Ma cos'era?, si chiese disperato. Cos'era quella sensazione odiosa che ogni tanto lo opprimeva? Aveva come la sensazione che qualcuno aleggiasse su di loro pronto a pugnalarli alle spalle...e sembrava che anche Howthorne ora se ne fosse accorto.
Quello della lettera era stato solo un pretesto. Qualcosa non andava.
Forse doveva parlare con Lucilla della sue preoccupazioni e subito anche. Cenò con gli Auror in un clima abbastanza silenzioso ma nessuno sforzò la conversazione e questo fu un sollievo.
Diversamente però, non fu affatto piacevole vedere le espressioni dei ragazzi. Ron sembrava una tigre in gabbia.
Harry, più placido e controllato verso qualsiasi cosa riguardasse Hermione, se ne stava muto sulla sua sedia e mangiava nel più totale silenzio. I suoi occhi verdi erano diventati malinconici e triste mentre Draco sembrava caduto in una specie di stato catatonico. Niente cibo, appena acqua o vino.
Sembrava che a malapena respirasse.
Quando tornò a Grifondoro, era seriamente demoralizzato, tanto che per una volta non fece caso ai pettegoli che gli bisbigliavano attorno, tantomeno a Cloe King che invece spiò ogni sua mossa discretamente, fino a quando salì dritto nella sua camerata. Lì trovò solo Ian che faceva i compiti sdraiato a letto.
- Ciao.- lo salutò il biondino - Sei stato da Harry Potter vero?-
Riddle annuì, sedendosi sul suo letto stanco morto.
- Iniziamo a fare i compiti?- gli chiese Wallace.
- Certo...ma ti spiace se prima mando una lettera a mia madre? Ci metto poco.-
- Figurati.- rise Ian - Lo so come sono le mamme.-
Già. Peccato che Lucilla in quella situazione non poteva definirsi una mamma comune. Lei ormai era l'unica a cui poteva esprimere i suoi dubbi. Era terrorizzato a morte da qualcosa, quello stesso qualcosa che aveva preso in trappola Hermione e ora aiutava i Lestrange a combattere Harry.
Il solo pensiero che anche a lui fosse fatto del male, lo fece ribollire.
Doveva sbrigarsi. Doveva fare qualcosa...e in fretta anche!
Se non altro lo doveva a Hermione...

 
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