Draco's Tale, Draco/Harry - Rating Arancione

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Cartoffen
view post Posted on 17/5/2008, 15:34




Titolo: Draco’s Tale
Dove trovarla: EFP
Introduzione: La fiction è una Draco/Harry ed è la mia prima storia in cui tratto questo pairing. Accanto ai due protagonisti, però, un altro personaggio di punta sarà Hermione che, Medimaga, avrà il compito di scoprire quanto più possibile riguardo alla pazzia di cui è affetto Draco. Una follia che, guarda caso, è connessa alla relazione che il bel Serpeverde aveva avuto con Potter durante il settimo anno di Hogwarts. Una fiction basata quindi sui ricordi e i dolori lasciati da un amore finito in tragedia.




Draco’s Tale



Oh can’t you see what our love has done
Oh can’t you see what our love has done
Oh can’t you see what our love has done
What it’s doing to me
(U2, Window In The Skies)



CAPITOLO 1
The Beginning




San Mungo, ottobre 2007.
Hermione Granger procedeva veloce, accompagnata dal secco suono dei suoi bassi tacchi e reggendo in mano una cartelletta. Era uno di quei schedari professionali, grigi e spenti, che facilitano la velocità con la pratica sbarretta di metallo.
La teneva schiacciata contro il seno, quasi ad indicarne il pregio.
E procedeva.
Indossava un serio tailleur, blu scuro, anch’esso competente per il suo campo lavorativo.
Mutando la sua espressione tirata in un veloce sorriso, salutò frettolosamente i signori Paciock e superò la loro stanza, corrucciandosi al pensiero che, nonostante passasse di lì ogni mattina, né Frank né Alicia si sarebbero mai ricordati di lei. Erano matti, non ce l’avrebbero mai fatta.
Infilò un secondo corridoio, aumentando notevolmente il passo.
Agitata?
No, lei non lo era mai. Non più da parecchio tempo.
Forse, però, era semplicemente ansiosa per quel suo imprevisto appuntamento mattutino.
In quegli ultimi cinque anni, da quando era diventata una Guaritrice del celebre San Mungo, si era sempre ben vista dal frequentare quella zona, o, per meglio dire, dall’aggirarsi attorno a quella stanza.
La Camera 22-B3, con paziente Draco Lucius Malfoy.
Arrivando di fronte alla suddetta stanza, appoggiò silenziosamente la mano sulla maniglia d’ottone ed inspirò, allettata da quel incontro che, lei lo sapeva, sarebbe stato più interessante di qualunque altra seduta precedente che avesse mai svolto nel corso della sua carriera.
Una morsa all’altezza del ventre la bloccò un attimo, convincendola a sporgersi in avanti per esaminare l’interno dell’ambiente.
Inizialmente sul vetro fu riflessa la sua unica immagine, perfettamente morigerata, ma poi, quasi appoggiando il naso sulla finestrella, l’interno si fece man mano più nitido.
Era un vano lindo ed ordinato, ligio alla compostezza.
Sulla scrivania vi erano due o tre libri, appositamente posizionati uno sopra all’altro, e nella libreria, per lo più vuota, vi erano riposti dei giornali, accuratamente ripiegati.
Sul letto, infine, una magra figura stava seduta a gambe incrociate, fissando davanti a sé, con sguardo vitreo.
Hermione, dal suo posto, sentì un brivido scorrerle lungo la schiena e le gambe farsi improvvisamente più molli.
Non si fece più indugi ed entrò, cercando di mostrarsi il più serena possibile.
Lui, Draco Malfoy, sollevò appena lo sguardo, ostentando una magrezza che, nemmeno ai tempi dell’infanzia, l’aveva caratterizzato con tale calco. Sulle gote, esageratamente incavate, un dolce torpore si tinse per la gioia di avere un nuovo ospite, a detta sua.
-Buongiorno, signorina - chiuse la bocca, confuso.
-Medimaga Granger. Ma non ti preoccupare, non sono mai stata con te, è ovvio che non mi conosci.- mentì Hermione.
Draco parve più sollevato per l’informazione e tornò a sedersi, prendendo tra le mani un penny e cominciando a farlo scivolare di dito in dito, con noncuranza.
Hermione, accomodandosi a sua volta, prese subito nota di quel abitudine che, più di un passatempo, per il suo paziente sembrava essere diventata una sorta di malsana abitudine.
Con una smorfia che pareva mortificata, Malfoy continuò a farsi rigirare la monetina nella mano, senza più badare ad Hermione.
-Sai, mi ha mandata tua madre qui, da te.- esordì Hermione, piegando il capo in un atteggiamento di attento studio.
Vide la fronte di Malfoy corrucciarsi, lentamente, fino a quando non raggiunse un certo cipiglio contrariato.
-Io non ho madre.-
-Non ti ricordi?- la Medimaga teneva la voce bassa e modulata con una certa dolcezza, come le avevano sempre ammonito di fare - Una bella donna, altera come poche altre. Si chiama Narcissa.-
-Deve confondere persona- Draco scosse la testa - Perché io non ho madre.-
-Ti viene a trovare molto spesso.-
Non venne nessun altra risposta, solo un insistente rigiro della monetina fece comprendere ad Hermione che non c’era modo di ottenere nulla parlando di Narcissa Malfoy.
-Tuttavia, lasciando perdere ciò in cui tu mi correggi, diciamo che sono venuta a parlarti. Ok?-
-Bene. È da tanto che non parlo con qualcuno.- si limitò a rispondere l’uomo, abbozzando un mesto sorriso.
A quel affermazione, Hermione controllò velocemente l’orario di visite che aveva Draco e, dopo aver constatato che l’ultimo ricevimento l’aveva avuto la serata precedente, si annotò velocemente sulla cartella che il suo paziente soffriva anche di perdita di memoria.
Ciò poteva essere un notevole problema, ma Hermione continuò a confidare in quei preziosi ricordi che, ne era sicura, Malfoy teneva ancora a mente.
Perché lei sapeva dove andare a parare.
-Ti dispiace se scrivo, mentre tu parli?-
Le sopracciglia dell’uomo si arcuarono, rivelando un certo sospetto.
-Perché dovrebbe farlo?-
-Non trovi divertente annotare ogni passo più importante della storia che mi racconterai?-
Malfoy rise, freddo ed impassibile.
-Non ho nessuna storia da raccontarle, ho sempre vissuto chiuso in questa stanza, non so niente.-
-Non ci credo, sono sicura che ti sbagli.-
Hermione si alzò in piedi, appoggiando la cartelletta sulla sedia e dirigendosi verso la libreria.
Appoggiò le mani sui fianchi e, indagatrice, cominciò ad esaminare i giornali, uno ad uno.
Poi ne prese uno tra le mani e lo porse a Draco.
Lui se lo aprì sulle gambe, sempre incrociate, e cominciò a leggerne i titoli.
-Ti piace seguire i giornali?-
-Abbastanza.-
Hermione si chinò su di lui, sfogliando trepidante le pagine e soffermandosi su una foto: risaliva a qualche annetto precedente e in primo piano spiccava l’immagine di Harry Potter, attorniato dall’inseparabile Ronald Weasley.
Hermione si lasciò sfuggire un addolorato sorriso, passando i polpastrelli sul foglio ed accarezzando il punto in cui erano inquadrate le guance di Potter.
-Io conosco questo ragazzo!- esultò Draco, improvvisamente.
-Davvero?- Hermione si riprese e tornò a sedersi al suo posto - Cosa mi sai dire di lui?-
-Oh, di lui so tante, tante cose. Sa, mi viene a trovare ogni notte!-
Hermione arricciò le labbra, perplessa.
Non era possibile.
-Cosa intendi dire?-
Nonostante le sue serie intenzioni, la voce le tremò, quasi spezzandosi in un involontario sussulto.
-Lui passa sempre da me, nei miei sogni.-
La Guaritrice, a quella rivelazione, si tranquillizzò e, sorridendo appena, riprese a dedicarsi alle sue annotazioni.
-E cosa sogni, di preciso? Me lo sapresti dire?-
-Oh, certo! Amo i miei sogni.- rivelò Draco, con slancio sincero ed irrefrenabile - Sogno un grande castello, davvero imponente ed ammirabile, ed una sala, in cui ci sono quattro tavolate, lunghe e di legno pregiatissimo.-
Hogwarts.
Perfetto!, pensò Hermione, continuando ad appuntare quel loro dialogo.
-Vai avanti.-
-E sogno questo ragazzo. Quando siamo nella sala, lui sta sempre seduto lontano da me, ma non capisco perché. Non mi guarda, non mi sorride. Eppure io sento che aspetto solo la sua attenzione. Ed è sempre circondato da tanta gente, mentre io ho con me solo due ragazzi molto grossi, due energumeni, diciamo.-
-E ti ricordi qualcos’altro di questo ragazzo?-
-Sì, ovvio.- il suo sguardo, fino ad allora vitreo, brillò, travolgente - Io ricordo tutto di lui: le nostre uscite, i nostri appuntamenti, le nostre chiacchierate. Mi ricordo sempre di Harry Potter.-
Hermione lo fissò.
-Appuntamenti?- ripeté lentamente.
-Certo!-
-Bene, perché non mi racconti tutto dal principio?-
-Con molto piacere, Medimaga - tornò a zittirsi.
-Granger. Medimaga Granger.-
-Giusto, Granger…- sospirò, entusiasta - Bene, il mio primo ricordo è legato ad una giornata di novembre, se non erro. Inizio novembre. Il cielo è pieno di nuvole e, se mi concentro, riesco a sentire addirittura il freddo crepitarmi sulla pelle. Buffo, non trova?-
-Sì, ed anche molto interessante.- lo stimolò Hermione, improvvisamente più partecipe.
-Bene, come le dicevo, fa molto freddo ed è novembre. Sono nei pressi di un campo, recintato da altissimi spalti di legno. E c’è tantissima gente, davvero tanta.-
Hermione abbassò lo sguardo e, fiduciosa in quel incontro, cominciò ad annotare il racconto di Draco.

****



Hogwarts, novembre 1997.
Era una giornata di inizio novembre, precisamente un pomeriggio dal cielo cupo e caliginoso.
La prima partita di Quidditch dell’anno, la celebre Grifondoro contro Serpeverde, era appena finita, con la netta vittoria dei pargoli verde-argento.
Harry Potter, appena sceso dalla sua scopa, avanzava contro vento, infastidito dai cori che, sotto il controllo di Pansy Parkinson, si alzavano dalla tribuna dei Serpeverde.
Sputò a terra, arrabbiato. Non era possibile aggiudicare la vittoria dopo una partita simile, durante la quale era stato soltanto il vento, dopo neanche dieci minuti di gioco, ad aver spinto il Boccino d’Oro tra le trepidanti mani di Draco Malfoy.
Il Serpeverde in questione, dall’altro canto, sembrava aver intenzione di aggirare quel evento come unica derisione ai danni di Potter, quindi, puntuale nella sua insopportabilità, si affiancò subito al Cercatore avversario.
-Ehi Potter, ti rode questa perdita, hn?-
Il Grifondoro nemmeno lo guardò.
-Piuttosto, mi rode che, al posto del Boccino, non ti sia volato tra le braccia un Bolide.- ironizzò seccamente.
-E chi avrebbe dovuto lanciarmelo addosso? Sentiamo!- lo derise Malfoy - I tuoi Battitori sono peggio di Weasley come portiere, il che è tutto dire.-
Harry si voltò e, scocciato, gli puntò il palmo aperto sul petto.
Draco fu colto alla sprovvista.
-Levami la tua mano di dosso, Potter. Subito.-
-E tu sparisci. Se avrò intenzione di rovinarmi la giornata, sarò lieto di fartelo sapere al più presto.-
-E io di venire ad accontentarti.-
Scuotendo la testa rassegnato, il Grifondoro si allontanò verso il proprio spogliatoio, lasciando Malfoy da solo in giardino.
Draco lo osservò allontanarsi, studiando le sue spalle ricurve, il suo atteggiamento di sconfitta.
E, come mai fino ad allora, sentì il bisogno di vederlo sempre così.
Perdente, sotto di lui.

Teenage wasteland
It’s only teenage wasteland
Teenage wasteland
Oh, oh
Teenage wasteland
They’re all wasted!
(The Who, Baba O’Riley)






CAPITOLO 2
A new Slytherin?



<p align="right"> Hole in the sky, take me to heaven
Window in time, through it I fly
(Black Sabbath, Hole In The Sky)




Hogwarts, novembre 1997.
C’era una tradizione che ad Hogwarts, dalla durata di ben due anni, aveva preso l’abitudine di essere conservata con sacro rispetto e di essere messa in pratica dopo ogni partita di Quidditch.
Era stata una trovata dei Grifondoro: sempre baldanzosi e sbruffoni delle loro ripetute vittorie, essi avevano avuto l’acume di mettere in campo un circolo vizioso di scommesse e costrizioni da infliggere alla squadra perdente dopo ogni partita.
Quella notte, però, Harry Potter, mentre scendeva assonnato dal Dormitorio Maschile, provò un senso di sconfitta al pensiero che, per la prima volta, sarebbero stati loro, gli idoli rosso-oro, a venir denigrati dalle idee dei Serpeverde.
In Sala Comune trovò le tre ragazze a lui coetanee, e, una volta che tutta la comitiva del settimo anno fu al completo, si incamminarono tutti tetramente verso i Sotterranei dei Serpeverde.
-Chissà cosa escogiterà Pansy Parkinson: di sicuro cercherà di umiliarmi davanti a tutti.- pigolò Lavanda Brown, decisamente atterrita.
-Perché, ti aspetti altro dai Serpeverde?- borbottò Hermione, più saccente del solito - Ti ricordo che l’anno scorso, dopo la loro sconfitta, hai costretto la Parkinson a far bere un filtro d’amore a Zacharias Smith: quasi quasi mi faceva pena vederla tutti i giorni alle prese con quello spocchioso Tassorosso.-
Lavanda Brown si concesse una frizzante risata. –Se lo meritava!-
-Speriamo, allora, che anche lei pensi che tu ti meriti qualcosa: così almeno io e gli altri usciamo indenni da questa faccenda.- si augurò Neville Paciock, ingobbito dalla paura.
Lavanda Brown non fece in tempo a ringraziare freddamente l’amico che Potter, seccato, le passò una mano davanti alla bocca, zittendola definitivamente. Intanto Weasley, più avanti degli altri, si avvicinò silenziosamente al ritratto del Barone Sanguinario e, cauto, colpì tre volte il muro con il pugno.
-Siamo sicuri che ci sentano?- s’informò Calì Patil.
-Se non sentono, sarà sicuramente meglio. Almeno avremo un buon motivo per andarcene.- rispose Seamus, scrollando le spalle con disinteresse.
-Certo, e così il massimo disonore calerà su tutti noi Grifondoro!- si lamentò Ron, picchiando nuovamente tre deboli colpi sulla parete.
Un attimo dopo, mentre il Barone Sanguinario brontolava ad occhi chiusi il suo disappunto, il ritratto scivolò di lato e Blaise Zabini si sporse di fuori per controllare che fossero effettivamente gli attesi Grifondoro coloro che stavano bussando.
-Bene, bene: ci siete tutti.- constatò il nero, entusiasta, sorvolando con lo sguardo le teste degli otto Grifondoro. - Entrate pure. E, mi raccomando, attenti a non sfiorare alcun oggetto: il santo Salazar non potrebbe mai permettersi di sopportare un affronto simile.-
Si spostò contro il muro e li fece passare tutti, fermando soltanto Hermione. La ragazza, ritrovandosi con il palmo aperto piantato sul torace, lo fissò irosa.
-Zabini, levati di torno o ti Schianto subito.-
-Mi dispiace, Granger, ma tu qua non puoi entrare. I Mezzosangue non li vogliamo.- mormorò, irriverente, e si allontanò dalla sciagurata Grifondoro, lasciandola sull’uscio della Sala Comune a farsi occhieggiare da tutti i Serpeverde.
I suoi ambiziosi compagni, intanto, si fermarono di fronte ai loro rivali giurati, mentre Calì e Lavanda si proteggevano dietro alla modesta corporatura di Seamus e Dean.
-Lo aspettavi con trepidazione questo momento, vero Malfoy?- azzardò Harry, avanzando di qualche bellico passo.
Malfoy, accomodato su una poltroncina, alzò lo sguardo su di lui e rispose alla sua espressione battagliera con un ghigno sardonico.
-Direi di sì, Potter.-
-E allora goditelo bene.- lo avvisò Seamus - Perché questa sarà l’ultima volta che i Grifondoro perderanno contro di voi, fessi.-
-Ma sentitelo!- lo sbeffò Nott - Parla colui che sa a malapena stare su una scopa!-
Sicuramente, se non fosse stato per il preventivo intervento di Hermione, che dal suo posto ricordò a tutti di sbrigarsi, di lì a pochi secondi sarebbe scoppiata una portentosa rissa. Ma, nonostante l’acredine che vibrava tra le due schiere di studenti, il silenzio ebbe la meglio e i rispettivi nemici ebbero l’occasione di potersi incenerire a vicenda con sguardi fiammanti e astiosi.
-Allora, qual è la nostra penitenza?- esordì Ron, desideroso di chiudere in fretta quella faccenda.
Era sempre stato soddisfacente, da vincitore, poter rimbeccare gli avversari sconfitti con penitenze assurde e vergognose, ma, al momento di essere immolato egli stesso come vittima, Weasley si ritrovò a pregare che né lui né i suoi due migliori amici fossero scelti dai Serpeverde: ma, ovviamente, il Trio dei Miracoli rappresentava una preda troppo succulenta per poter essere lasciata facilmente andare da Malfoy e i suoi compagni.
-La vostra penitenza, Weasel, per certi punti potreste considerarla un onore. Anzi, credo che Pansy sia stata troppo magnanima a proporre la sua idea.-
-Sì, ha un’anima così grande la Parkinson!- mugugnò scontrosamente Lavanda.
Pansy, accoccolata sul bracciolo accanto a Draco, non fece caso alla frecciata della Brown e si limitò a piegarsi oltre lo schienale, raccogliendo da terra una divisa scolastica abbastanza consunta.
-Che diamine è?-
-Un’uniforme, no?-
-E la nostra punizione sarebbe indossare un’uniforme?- rise Harry, mostrandosi rasserenato ed incrociando le braccia davanti al petto.
-Non esultare troppo, Potty.- lo avvertì Pansy. E, così dicendo, girò l’uniforme e la srotolò fino a terra. Era una divisa maschile, con i pantaloni lunghi e abbastanza stretti. Dal colletto pendeva una cravatta verde-argento, annodata con voluta noncuranza, e sul maglioncino, proprio a sinistra, spiccava lo stemma con il serpente.
Una volta accortosi dell’inganno, i Grifondoro si strinsero in circolo, improvvisamente più preoccupati.
-Non fate più gli scontrosi?- accennò la Bullstrode, ridendo brutalmente.
Non giunse alcuna risposta dal gruppetto di vittime.
-Come vedete, l’uniforme, oltre ad essere stata accuratamente sporcata e rovinata, è maschile, e quindi, a meno che la Brown o la Patil riescano a risparmiarsi di mostrare le loro gambe per almeno una settimana, la nostra vittima sarà uno tra voi ragazzi.-
-Esisto anch’io, oltre a Lavanda e a Calì, sai?- intervenne Hermione dal suo posto, scaldandosi per quel indifferenza che sottolineava ulteriormente il disprezzo nei confronti della sua discendenza Babbana.
-Cosa ti fa pensare che potremmo mai concedere ad una Mezzosangue di indossare un’uniforme di Serpeverde?- confermò Nott.
-Un’altra offesa del genere, Nott, e ti distruggo.- ammonì Harry, incupendosi dalla rabbia.
-Risparmia le botte a dopo, Potter.- s’intromise Draco - Dobbiamo prima decidere chi di voi avrà l’onore di indossare questa uniforme di Serpeverde.-
-Più che di onore, parla pure di onere.-
Draco abbozzò una risata di scherno e fece cenno a Pansy di passargli il vestito.
-Tu che fai tanto lo sbruffone, Weasley, vuoi essere il primo a provare come ti sta il verde addosso?-
-No.- intervenne bruscamente Blaise - Il rosso di quella sua orribile zazzera stona troppo con il verde, non posso assolutamente permettere che sia Weasley ad indossare l’uniforme!-
Draco annuì e sorvolò la figura di Weasley, soffermandosi su Neville.
-Nemmeno Paciock la può mettere, è troppo grasso e questa divisa non gli starebbe mai addosso.-
-E io non voglio vedere neanche Dean Thomas vestito da Serpeverde. Mi basta e avanza un solo Blaise Zabini, se vedessi un altro nero vestito uguale, potrei arrivare a pensare che ce ne siano addirittura due. E così rischierei di dover andare in psicoanalisi!- suggerì Daphne Greengrass, ottenendo un brontolio annoiato da parte di Blaise.
-Bene, allora rimangono solo Potter e Finnigan.- concluse Tiger, mentre Ron commentava con un secco “Che acume, non te ne credevo capace, Tiger!”.
-Voi due- chiamò Malfoy, alzando il dito in direzione dei due Grifondoro interpellati - Venite più vicini.-
Seamus ed Harry si avvicinarono, mantenendo costante la loro espressione altezzosa. Malfoy, dal suo posto, alzò il vestito e lo sovrappose ai loro corpi.
-Direi che sta meglio a Potter.- sibilò la Parkinson, soddisfatta.
-Già, si abbina ai suoi occhi verdi.- ironizzò Blaise.
-Ok, allora, Potter, sei scelto tu.- Draco si alzò in piedi, tenendo l’uniforme in una mano e stringendo la spalla di Harry nell’altra.
Senza rispondere alle insistenti domande dei compagni di Potter, il biondo Serpeverde fece un muto segno ad Harry di seguirlo e si diresse verso il Dormitorio Maschile. Qui, lanciò i vestiti sul suo letto e si richiuse la porta alle spalle.
-Allora, Malfoy?-
-Svestiti.- ordinò Draco, altero.
Harry sbuffò, esilarato -Come, prego?-
-Svestiti.-
-Neanche morto! Perché mai dovrei svestirmi davanti a te?-
-Preferisci farlo davanti a Pansy?-
Harry scosse la testa, contrariato, e si piegò in avanti. Mentre Draco si appoggiò stancamente al muro, lui si voltò dall’altra parte, nascondendosi come meglio poteva alla visuale del proprio rivale. Abbassò la zip e si sfilò le scarpe con dei colpi di caviglie, togliendosi poi i pantaloni.
Rimasto in mutande, voltò lo sguardo sopra la spalla e, quando incrociò l’espressione serafica di Draco, assunse un cipiglio accigliato.
Si passò le dita sulla cravatta, infilandole nel nodo e strattonando come meglio poteva. Ma, troppo innervosito, non ottenne nulla. Allora Draco, sollevandosi dalla sua posizione rilassata contro il muro, gli andò incontro, levandogli le mani dal collo ed appoggiandovi le proprie.
-Sai, se non fosse per il fatto che là fuori è pieno di altri Grifondoro, questa sarebbe un’ottima occasione per poterti strozzare.- sibilò Draco.
In silenzio, fece scivolare le dita sul tessuto della cravatta rosso-oro e la srotolò con mano ferma, facendola oscillare tra le proprie dita.
-Dammi qua.- ringhiò Harry, ma Draco, in risposta, si infilò la cravatta in tasca.
-Pegno di guerra.- mormorò, vittorioso.
Harry si strinse nelle spalle e cominciò a slacciarsi la camicia, facendola poi cadere a terra.
Una volta rimasto in mutande, si piegò in avanti e si impossessò della sua nuova uniforme. Sotto allo sguardo attento di Draco, si rivestì velocemente, quasi con irrequietezza.
Anche Draco se ne accorse: c’era del nervosismo in ogni suo gesto, pure nelle piccole procedure come infilare i bottoni nelle asole della camicia o rifarsi il nodo della cravatta. Lo vide grattarsi più volte il capo, smuovendo le ciocche corvine, e riconobbe ripetute smorfie di agitazione sul suo viso.
Harry, appena ebbe finito di vestirsi, si mostrò allo specchio, studiandosi con muto disprezzo. Draco gli si affiancò.
-Devi indossarla una settimana, Potter. Altrimenti, lo sai cosa succede, vero?- Draco rise rocamente - Voi Grifondoro diventerete, a giusto merito, gli zimbelli delle altre tre case. E non credo proprio che i tuoi compagni di casata siano disposti a vivere un affronto simile solo a causa tua.-
-Morditi la lingua, serpe.- lo zittì Harry - Cosa farò quando la McGranitt mi chiederà il motivo di questa trovata?-
-Prova a dire che l’esimia Caposcuola Granger ha proposto questa innovazione nel tuo guardaroba per favorire la cooperazione tra le quattro case di Hogwarts. Conoscendo la Mezzosangue e le sue altruiste attitudini, anche la vecchia gatta ci cascherà e starà, inconsapevolmente, al nostro gioco.-
Harry lo fissò trucemente attraversò lo specchio.
-Solo una settimana, giusto?-
Draco gli appoggiò una mano sulla spalla.
-Già, Potter, solo una settimana. Ma, ti assicuro, sarà una tortura per te.- strinse la presa maggiormente, vedendo Harry irritarsi per quel tocco.
Poi, appoggiandosi al proprio letto, lo lasciò andare fuori dalla stanza, in silenzio e senza guardarlo.

I would tell you
That I loved you
If I thought that you would stay
But I know that it's no use
That you've already
Gone away
(The Cure, Boys Don’t Cry)




****



La mattina dopo, quando Harry Potter si svegliò, il cuore gli stava battendo a mille.
Si mise silenziosamente a sedere, roteando lo sguardo per tutta la stanza: gli altri quattro Grifondoro dormivano ancora.
Sconvolto, si passò una mano tra i capelli e li percepì sudati. Si tastò poi le guance, anch’esse sudate.
Di certo, aveva avuto un sonno agitato ed inconsueto.
Si tolse la coperta di dosso e, solo allora, notò che i boxer erano spudoratamente sporchi di liquido seminale. Deglutì a fatica e, per tirarsi in piedi, decise di tenersi la coperta avvolta in vita. Si diresse in bagno e, mentre faceva una doccia, cercò in tutti i modi di rilassarsi, di distogliere la mente da quei vividi pensieri che gli avevano oscenamente macchiato i sogni di quella notte. Si rivestì in silenzio, salutando velocemente Ron, appena svegliatosi, e volò subito via dal Dormitorio.
Decise di andare in Sala Grande: lì avrebbe potuto distrarsi completamente dalle sue recenti e nuove paranoie. Paranoie di cui il solo pensiero lo vergognava.
Nel suo cammino, però, ricordò di avere indosso la divisa di Serpeverde che, su di lui, risultava oltremodo eccentrica a tutti gli studenti che gli capitavano a tiro. In questo modo, distrarsi gli fu completamente impossibile.
Fece colazione in silenzio, ascoltando in sottofondo Dean Thomas che raccontava a Romilda Vane degli avvenimenti accaduti alla Sala dei Serpeverde la notte precedente.
Piombò lì anche la McGranitt e la scusa offerta da Malfoy si dimostrò più che funzionante, nonostante la professoressa non nascose il malumore natole dopo aver avvistato il suo pupillo Grifondoro drappato improvvisamente di verde-argento. Hermione, come se non bastasse, si mostrò notevolmente contrariata di fronte alla realtà di essere stata tirata in causa con quella scusa della cooperazione tra case: ovvero, lei credeva in simili ideali, ma si disse disgustata all’idea che venissero così bassamente sfruttati da Harry e Draco per camuffare le loro buffonate.
Harry, però, non riuscì comunque a trovare qualche momento, qualche chiacchierata o qualche pensiero che potesse offuscare il ricordo dei sogni che lo avevano torturato durante la notte.
Ricordava un corpo nudo, un corpo che non credeva che sarebbe mai stato in grado di voler immaginare. Una risata e un’atmosfera concupiscente, stravolta da gemiti dissoluti della cui provenienza non sapeva capacitarsene.
Stava impazzendo.
Sognare Draco Malfoy, e per di più in atteggiamenti erotici, per lui era impossibile.
Ma, una volta avvistato il Serpeverde in questione, Harry scattò immediatamente in piedi, raggiungendo a grandi passi la tavola di Malfoy.
-Cosa ti fa pensare che ci sia posto per te qui, Potter?- lo accolse Draco - Credo che indossare una delle nostre uniformi ti abbia un po’ depistato l’integrità mentale. O sbaglio?-
Harry non rispose e, scostando bruscamente Zabini dal suo posto, gli si sedette accanto. Con fervore strattonò subito Draco per il colletto e lo avvicinò a sé, accostando il suo orecchio alla propria bocca.
-Dimmi una cosa, viscido bastardo- mormorò con foga - Ieri notte, in quella tua cazzo di stanza, mi hai fatto qualche incantesimo?-
-No.- rispose l’altro, irritandosi per gli atteggiamenti violenti di Harry - E ora lasciami andare.-
Harry non acconsentì alla richiesta e lo tenne addosso a sé.
-Ma qualcosa devi aver pur fatto, dannazione! Sono stato malissimo tutta la notte e, guarda caso, penso che la causa del mio malessere sia stato tu.-
-Mi dispiace non avvalermi del merito delle tue sofferenze, ma non sono stato io.-
-Neanche per sbaglio?- ironizzò il Grifondoro.
-No, ti ho detto di no!-
Harry trattenne il respiro.
Solo allora si accorse che Draco Malfoy, cadutogli quasi addosso, emanava lo stesso olezzo luculliano che, ne era sicuro, la notte precedente aveva sconvolto la sua mente.
Lo lasciò andare e si sollevò in piedi, quasi partendo a molla. Soffiò una debole imprecazione quando Blaise cercò di rispondere al suo spintone iniziale, e poi si allontanò, corrucciato.
Si diresse in bagno, controllandosi allo specchio. Una piccola vena gli pulsava in fronte, un po’ come accadeva allo Zio Vernon ogni volta che si infuriava.
Ma lui, Harry, non era infuriato: aveva solo perso il controllo di se stesso. E le immagini oscene che vedevano come protagonista Malfoy, ripresero a vorticargli nella testa, offuscando il resto.
Improvvisamente, si sentì soffocato dall’uniforme e cercò di liberarsene. Ma un colpo secco alla nuca lo fece vacillare pericolosamente e poi cadere a terra.
Intanto, Draco Malfoy, in piedi sopra di lui, gli tirò un debole calcio sul fianco, accertandosi del suo svenimento. Si piegò, ghignando, su di lui e gli prese il viso tra le mani, voltandolo verso di sé.
-Che strano, Potter.- commentò a bassa voce - Credevo che la pozione avrebbe fatto effetto più lentamente: eppure, ti vedo già in subbuglio. Dovrò complimentarmi nuovamente con Pansy per l’idea dell’uniforme. Mi è stata di grande aiuto.-
Gli lasciò cadere il viso contro il pavimento e, soddisfatto, uscì dalla stanza.

Holding my last breath
safe inside myself
are all my thoughts of you
sweet raptured light it ends here tonight
(Evanescence, My Last Breath)




****



San Mungo, ottobre 2007.
Hermione alzò lo sguardo, imprimendo la punta della penna sul foglio su cui stava freneticamente scrivendo.
-Perché hai colpito Harry Potter, Draco?-
L’interpellato era sdraiato sul proprio candido letto e si stava divertendo a stropicciare infantilmente le lenzuola tra le dita.
-Draco, mi rispondi?- chiese dolcemente Hermione.
Lui la osservò in silenzio.
-Ma mi sembra ovvio!- replicò con tono scontato - Perché altrimenti lui si sarebbe tolto l’uniforme! Credo che avesse cominciato a percepirne l’effettivo potere, anche se, ovviamente, non l’aveva capito appieno.-
-Di quale potere parli? Perché non doveva togliersi l’uniforme?-
-Perché altrimenti l’effetto della pozione si sarebbe esaurito.- rispose Draco, assumendo un’espressione scocciata.
-E qual è il nome di questa pozione?-
Malfoy corrucciò la fronte.
-Non me lo ricordo. So solo che ne avevo messo qualche goccia sull’uniforme.- ammise l’uomo.
-Sai comunque dirmi qual è l’effetto di questa pozione che hai somministrato ad Harry Potter?-
-Certo, questo non lo potrò mai dimenticare. Quando ho somministrato quella pozione ad Harry Potter, il mio intento era di farlo innamorare di me.-
Hermione si irrigidì.
-Era un filtro d’amore?-
-No!- si offese Draco - Non sarei mai stato così vile da costringerlo ad innamorarsi di me. La mia pozione, però, aveva lo scopo di sconvolgerlo.-
Arrossì e si zittì. Ci volle qualche minuto prima che riprendesse il racconto.
-La pozione gli faceva venire in mente immagini erotiche. E, scommetto che non ci crederà, ma ero io il protagonista di quelle scene!-
-In poche parole, Draco, hai venduto il tuo corpo alla sua mente?-
-Esatto.- Malfoy si rizzò a sedere, sorridendo gioiosamente - Non volevo costringerlo ad innamorarsi di me, volevo fargli capire che senza di me non poteva vivere. Volevo che si accorgesse da solo che lui aveva bisogno di me.-
Hermione scarabocchiò qualcosa sul proprio quadernino.
-Quindi, tu lo amavi?-
-No.- rispose Draco, improvvisamente più serio - Io volevo soltanto distruggerlo.-
Hermione si piegò per annotare quel insolita risposta e, solo allora, si accorse di alcuni insistenti colpi che, probabilmente, stavano cercando di attirare la sua attenzione da qualche minutino buono.
Sollevò lo sguardo e scorse la figura di Narcissa Malfoy.
-Senti, Draco- mormorò Hermione, sollevandosi in piedi e chiudendo la cartella - Per oggi credo che sia tutto. Ci vediamo domani, va bene? Sogni d’oro.-
-Lo saranno sicuramente, perché sognerò Harry Potter.-
Hermione abbozzò un sorriso ed uscì dalla stanza.
Nel frangente in cui la porta rimase aperta, Narcissa Malfoy fece appena in tempo a soffiare un timido bacio in direzione del figlio, tornato a distendersi sul letto.
-Buonasera, signora Malfoy.- salutò formalmente Hermione, incamminandosi verso il proprio studio.
Narcissa rispose al suo saluto e la seguì. Nello studio, le due donne si accomodarono una di fronte all’altra.
-Allora?- cominciò Narcissa - Com’è andato il vostro primo appuntamento?-
-Più che bene. Nonostante all’inizio si sia mostrato un po’ reticente, verso la fine parlava con tranquillità e spontaneità. A volte, addirittura, mi sembrava che non percepisse neanche la mia presenza e che parlasse più a se stesso che a me.-
-Le ha detto tanto?-
-Abbastanza, direi. Ma, lei lo sa, non posso dirle nulla di quello che il mio paziente mi ha riferito, nonostante sia suo figlio.-
-Lo so.- mormorò la Malfoy a denti stretti - Ma le ha raccontato qualcosa che l’ha colpita?-
-Sì, posso dirle che ha dimostrato qualche atteggiamento particolare.- rispose la Granger, ripensando intensamente agli ultimi minuti di chiacchierata che aveva avuto con Draco quel giorno.
La Malfoy si scompose un attimo per l’agitazione. Poi, riprese il controllo di sé.
-Crede che ci vorrà tanto prima che lei possa portare a termine il compito che le ho affidato?-
-Sì, credo di sì. Prima di tutto perché ogni giorno dovrò fargli leggere i miei appunti, che man mano diventeranno più voluminosi, per permettergli di ricordare ciò che mi ha raccontato nei nostri precedenti appuntamenti. Ma lei sa già che Draco soffre di perdita di memoria, vero?-
Narcissa annuì.
-Bene, e, oltre a questo, dovrò anche raccogliere una consistente somma di ricordi per poter fare ciò che mi ha chiesto lei. Devo anche trovare il fulcro della sua pazzia, altrimenti non posso sradicare alcun male.-
Narcissa sospirò, spiegando le labbra in una smorfia di sofferenza.
-Lei, prima, mi ha ricordato che Draco soffre di perdita di memoria: ma allora com’è possibile che ricordi avvenimenti di una decina di anni fa?- s’informò la Malfoy.
-Sinceramente, io stessa non riesco a capacitarmi perfettamente della faccenda. Tuttavia, posso dirle che suo figlio non vede i ricordi di cui mi parla come momenti della sua vita, ma bensì come sogni. E, come se non bastasse, parla tranquillamente di persone che poi, però, nella vita di tutti i giorni, non riconosce. Ad esempio, nei suoi racconti ha citato sia me che Blaise Zabini: eppure, quando parla con me non riesce a ricordare il mio nome nemmeno dopo che gliel’ho ricordato da pochi secondi; e così avviene anche con Zabini. Questa mattina, però, gli ho fatto vedere una foto di Harry Potter e, stranamente, l’ha riconosciuto subito.-
-Mi sta dicendo che Harry Potter è l’unica persona di cui si ricorda a tutti gli effetti?-
-Esattamente. L’unica persona.-
 
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